By Valeria Camia - Nuova e “vecchia” emigrazione italiana e flussi migratori verso l’Italia; difesa dei diritti individuali e sociali; valorizzazione del patrimonio di competenze interculturali rappresentato dai cittadini migranti: sono questi alcuni temi dei quali si è discusso in occasione dell’XI° Congresso della Federazione Italiana Lavoratori Emigranti e Famiglie (Filef),

che si è tenuto a Reggio Emilia a fine settembre e dal titolo “turo Possibile. Da emigranti a cittadini protagonisti“.

Fondata 55 anni fa da intellettuali e artisti, tra i quali Carlo Levi e Paolo Cinanni, e poi attivisti sociali e politici, come Ferruccio Parri, Renato Guttuso, Claudio Cianca, Gaetano Volpe, la Filef ha potuto “ritrovarsi”, dopo il periodo pandemico, organizzando un congresso che «è stato allo stesso tempo punto di arrivo di un lavoro svolto negli ultimi 3-4 anni, ma allo stesso tempo un punto di partenza ulteriore per raggiungere l’obiettivo di allargare la nostra rete, renderla più robusta e resiliente, in modo da supportare ancora meglio gli italiani all’estero. Stiamo consolidando le basi per costruire la Filef dei prossimi decenni», ci racconta Pietro Lunetto, (foto sopra) Coordinatore Nazionale Filef, che continua «Mi sento e ci sentiamo con il nuovo gruppo dirigente dei “nani sulle spalle dei giganti” che hanno costituito la Filef e che negli anni l’hanno portata ad essere una delle principali reti dell’associazionismo degli italiani all’estero. Con l’undicesimo congresso abbiamo voluto celebrare questo traguardo nel migliore dei modi».

Pietro, la FILEF nasce a fronte del flusso di emigrazione di massa interna e internazionale iniziato nel dopoguerra, che portò circa 8 milioni di italiani all’estero e con l’obiettivo di “aiutare” i connazionali nella gestione di tanti e diversi problemi sociali, politici, sindacali, culturali, legati alla loro presenza in altri paesi. Ora però la migrazione è cambiata, è “mobile”; inoltre reperire informazioni sulle questioni sopra citate è diventato più facile grazie alla diffusione del web e dei social (ricordiamo che lei è anche tra gli ideatori della web radio Radio Mir). Allo stesso tempo il lavoro è sempre giù precario. Quale ruolo e quale impegno può ritagliarsi la FILEF di fronte alle nuove sfide della migrazione?

«I nuovi flussi migratori non solo sono diversi in molti aspetti rispetto ai flussi precedenti, ma hanno reso il quadro molto più complesso che in passato. Registriamo una presenza contemporanea di diverse “migrazioni”, e quindi le sfide e il lavoro che un’associazione come la Filef deve e puó svolgere sono molto piú complesse che in passato. Promuovere e realizzare azioni di supporto per i flussi migratori piú recenti, perché spesso le info che si trovano sul web o con un passaparola sui social, non sono verificate da specialisti e quindi potenzialmente inesatte. Sportelli di orientamento che aiutino le famiglie e chi è in cerca di lavoro ad orientarsi nel nuovo paese di residenza, magari anche prima della partenza. Tenendo a mente che già all’interno dello spazio EU, pur con un quadro di principi comuni, le regole su lavoro, scuola, tassazione, solo per citare alcuni esempi, sono molto diverse e ancora di piú lo sono nello spazio extra EU. Senza dimenticare la parte culturale, che magari interessa di piú agli italo discendenti e chi risiede in continenti lontani dall’Europa e l’approfondimento teorico sulle dinamiche migratorie a livello italiano e internazionale, che svolgiamo con l’ausilio del comitato scientifico della Filef. Ecco, delle risposte più complesse ad un quadro molto diverso e piú complesso che passato, tenendo fermi i nostri principi e la lettura che la Filef ha sempre fatto dei flussi migratori di necessitá, con un necessario slancio di collaborazione con gli altri attori presenti nel mondo migratorio: non solo associazioni, ma istituzioni, gruppi informali, patronati, per irrobustire quello che a noi piace chiamare l’ecosistema del mondo delle migrazioni italiane all’estero».

Oggi gli italiani all’estero si ritrovano spesso online in vari gruppi FB, ad esempio. La pandemia poi ci ha abituati a coltivare relazioni virtuali. Che senso ha parlare di associazionismo (in generale) nel 2022 e negli anni a venire?

«Come Filef siamo stati tra i primi a sottolineare i cambiamenti che stavano avvenendo nel modo di associarsi. Nell’ormai lontano 2010 facemmo una sorta di censimento dove contammo centinaia di gruppi facebook di “italiani a” in giro per il mondo che contenevano migliaia di persone, già allora. Soprattutto dopo la fase pandemica, ci sono gruppi di persone che sicuramente prediligeranno in maggioranza i contatti virtuali anche in futuro, ma ci sono tantissime persone a cui questa dimensione non basta. Sono mutate e muteranno le forme in cui ci si associa, ma ad un certo punto una strutturazione di qualche tipo arriva, di pari passo con il percorso di integrazione nel nuovo paese in cui ci si è stabiliti. Mi sono note diverse esperienze in giro per il mondo di associazioni nate come gruppo facebook, che poi si sono strutturate in senso piú tradizionale per provare a svolgere meglio lo scopo che ci si è prefissi».

Ultima domanda: come si pone la FILEF di fronte alla nuova situazione politica italiana?

«Il risultato delle elezioni fotografano senza ombra di dubbio due cose: il distacco di larga parte dei cittadini dalla politica e dalla cosa pubblica, con l’astensione più alta dalla fine della seconda guerra mondiale. uno spostamento in senso conservatore della società italiana, cosa cominciata decenni fa. Poi una pessima legge elettorale, combinata con la riduzione del numero dei parlamentari, ha consegnato una maggioranza schiacciante ad una coalizione che non è così maggioranza nel paese. I nostri valori e principi sono in antitesi ai valori di questa maggioranza e di questo governo Meloni. La nostra è una rete internazionalista, antifascista e ecologista. Nel nostro ruolo di rappresentanza sociale, continueremo a svolgere il nostro lavoro per orientare diversamente sia le comunità all’estero che i cittadini italiani. Per vincere questa sfida culturale, sarà quanto mai necessario consolidare le collaborazioni tra gruppi e associazioni che condividono il nostro perimetro valoriale. Oggi piú che mai, l’unione farà la forza». (FONTE:Confinamenti)

Valeria Camia: Giornalista, attenta alle disuguaglianze sociali e di genere. Laureata in filosofia e in relazioni internazionali, in Svizzera ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze Politiche con una tesi di ricerca su democrazia e identità, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca. Collabora con settimanali e riviste svizzere e italiane. Ha scritto “Nel paese di Heidi. In viaggio da Zurigo al Ticino”, diario di una famiglia bilingue che cerca casa in Svizzera.