ROMA - C’è un Cgie eletto nel 2015 ancora in regime di prorogatio, in carica solo per l’ordinaria amministrazione, che non può riunirsi perché così ha deciso l’Avvocatura dello Stato; e ci sono nuovi consiglieri eletti ad aprile che ancora non si sono insediati perché manca il decreto di nomina della compagine governativa.
Un “limbo” da cui il Consiglio generale degli italiani all’estero vuole uscire al più presto: per farlo ha chiesto al suo Presidente, il ministro degli esteri Antonio Tajani, di convocare quanto prima l’assemblea plenaria. Di questo si è parlato oggi pomeriggio in una conferenza stampa convocata dal segretario generale uscente, Michele Schiavone, che, insieme ai colleghi del Comitato di presidenza, ha stigmatizzato il protrarsi di una situazione che priva gli italiani all’estero di un segmento importante della loro rappresentanza. “Ad un anno di distanza dalle elezioni dei Comites nel dicembre 2021 e dal rinnovo in aprile dei 43 consiglieri eletti, il Cgie non ha ancora potuto riunirsi, né per ridefinire i propri assetti interni né per la programmazione, poiché non è stato ancora firmato il decreto sui 20 consiglieri di nomina governativa”, ha confermato Schiavone. L’apertura della crisi di governo ha congelato i risultati delle elezioni del 9 e 10 aprile: “a inizio giugno erano state completate le pratiche amministrative e preventivata la ripresa della nostra attività per la prima settimana luglio”, ha aggiunto. “A seguito della caduta del governo, la Farnesina aveva spostato i termini per la convocazione della plenaria dal 12 al 17 dicembre prossimi, ma ancora manca il decreto e i tempi diventano strettissimi”, ha sostenuto Schiavone, richiamando tutte le “sollecitazioni” che il Comitato di presidenza uscente ha rivolto a Governo e Amministrazione e auspicando una “decisione autonoma del Governo” senza la quale la plenaria salterà anche quest’anno. Dal 10 marzo scorso, ha ricordato, il Cgie “è bloccato dal regime di prorogatio, a causa di una discutibile e zelante decisione dell’Avvocatura dello Stato”. Da allora, il Consiglio può svolgere solo atti di ordinaria amministrazione, cioè quelli “urgenti e indifferibili”, potendo solo “formulare pareri obbligatori su specifiche proposte del Governo che riguardino gli italiani all’estero”. Per questo “chiediamo al ministro Tajani di accelerare i tempi per far ripartire l’attività del Cgie e convocare urgentemente l’assemblea di insediamento”. In questi mesi si è “determinato un vuoto della rappresentanza intermedia” che “sta minando la credibilità che l’organismo è riuscito a conquistare nei primi anni di mandato”. Visto che, in quanto Ministro degli esteri, Tajani è anche il presidente del Cgie, “la nostra sollecitazione è per lui”. Sul tavolo, d’altronde, ci sono questioni importanti su cui lavorare: “sono trascorsi 3 anni dalla ultima plenaria”, ha ricordato Schiavone, sottolineando come, nonostante la pandemia, il Cgie non solo non si sia fermato, ma sia stato in prima linea nella gestione dell’emergenza. Ci sono quindi progetti avviati e indicazioni programmatiche da attuare, in primis quelle emerse nella quarta Conferenza permanente Stato Regioni Cgie del dicembre scorso. Tra queste, Schiavone ha citato l’immediata stabilizzazione della segreteria permanente del Cgie, il progetto interministeriale Maeci – Mic sul turismo delle radici, la convocazione di un tavolo di concertazione per rispondere alle emergenze che investono la promozione dell’italiano, visto che “corsi e studenti si assottigliano e chiudono enti gestori”, senza dimenticare la “diffusa difficoltà e i disagi che i connazionali pagano nel loro rapporto con la rete consolare” a causa dell’insufficienza d’organico. Nel frattempo, ha aggiunto, “sul territorio associazioni e Comites continuano ad accogliere gli italiani che continuano ad emigrare”. Occorre, dunque, “riportare alla normalità le prerogative del Cgie” così che “le politiche per gli italiani all’estero ripartano con il nostro contributo”. “È importante mettere in agenda la plenaria”, ha ribadito Schiavone, “anche con un intervento straordinario della Presidenza del Consiglio” così come è urgente “procedere all’assegnazione delle deleghe alla Farnesina”, visto anche l’avvio della discussione sul Documento di Economia e Finanza “nel quale si decidono gli interventi a sostegno delle politiche per gli italiani all’estero”. Politiche necessarie per intervenire in diversi settori, sintetizzati dai vicesegretari d’area, Silvana Mangione (Paesi anglofoni extra Ue), Mariano Gazzola (America Latina) ed Eleonora Medda (Europa). Sulla promozione della lingua e cultura la Circolare 4 non dà vita facile agli enti gestori, ha detto Mangione, riportando la situazione negli Usa dove, su 14 enti soltanto in 3 hanno presentato progetti per il prossimo anno scolastico. Cifra che sale a 7 per il 23/24. “Mi auguro che non significhi che gli altri chiuderanno i battenti”, ha commentato, sostenendo di avere “stesse notizie anche dall’Europa”. Burocrazia e tempi lunghi per i pagamenti “mettono in ginocchio gli enti”, ha sostenuto Mangione, prima di richiamare la “tenacia” con cui il Cgie ha lavorato ad un’altra priorità: la riforma degli organismi di rappresentanza, su cui si “dovrà ricominciare da capo” – dopo che nella scorsa legislatura si era quasi arrivati alla discussione in Aula dei testi di Nissoli (Fi) e Quartapelle (Pd) - rimettendo mano “alle nostre due proposte per cambiare le leggi che hanno limitato la portata di Comites e Cgie” per non dare più adito a “interpretazione restrittive”. Infine bisogna “riavviare con urgenza il tavolo concertazione Maeci - patronati per la nuova convenzione che dia ai patronati funzioni di forte sussidiarietà così da proteggere le nostre comunità”, ha concluso Mangione. Tema, questo, ripreso dal collega Mariano Gazzola che si è soffermato sullo stato dei servizi consolari, “il problema più sentito” dai connazionali “e non solo in America Latina”. Per la situazione in Sud America, ha sostenuto, “di solito si indicano due cause: la consistenza numerica degli italodiscendenti che chiedono servizi e la mancanza di organico. Ed è vero. La politica sembra non essere capace di affrontare il tema della legge sulla cittadinanza, con parametri che verifichino l’effettiva identità nazionale e l’appartenenza alla comunità; né riesce a trovare soluzioni per la mancanza di personale. E quando la politica non ce la fa, allora l’Amministrazione pensa a soluzioni, che però, a loro volta, generano nuovi problemi”, in primis la difficoltà a prendere un appuntamento per cui secondo Gazzola “siamo passati dallo ius sanguinis allo ius fortunae”. Questo ha prodotto nuovi problemi: i connazionali che non riescono a prenotarsi nel paese di residenza, fanno la pratica in Italia. Ma arriva un momento in cui il Comune deve chiedere informazioni e documenti ai consolati. Insomma, “si è solo spostata la fila”: non la fanno più i connazionali in Consolato, ma i Comuni per email. E non è solo una questione di consistenza numerica: “ci sono servizi che, come il Cgie, sono bloccati o che tendono a scomparire, come ad esempio in Perù, dove dal 2020 non esiste più il servizio di riconoscimento della cittadinanza; o in Bolivia dove è stato eliminato da un paio di mesi. Anche in Argentina in alcuni consolati è inesistente”. Quanto ai passaporti, Gazzola in primis - ma anche gli altri membri del Cdp – hanno criticato quanto successo a Londra: “un Consolato ha deciso da solo di anticipare la convenzione con i patronati, mentre in altre parti del mondo non si può fare. Perché in alcune parti si e in altre no?”, si è chiesto Gazzola, auspicando un rapido affidamento delle deleghe per gli italiani all’estero alla Farnesina “perché il problema più grande è la mancanza di una scelta politica”. La situazione, dunque, è “confusionaria”, c’è un “vuoto istituzionale che non è giustificabile”, ha detto Eleonora Medda. “Sì, ci sono state emergenze e ritardi nella firma del decreto dei consiglieri governativi, ma secondo la legge così come la prassi di diritto il precedente Consiglio rimane in carica fino all’insediamento del nuovo” e invece per questo Cgie così non è stato, “Non ci è stata data neanche la possibilità di fare riunioni. Le nostre comunità – ha sottolineato – non si meritano questa mortificazione della rappresentanza”. Anche nell’Ue, ha aggiunto, “c’è la questione urgente del post covid, su cui si è stratificata l’emergenza inflazione, la questione energetica, l’accoglienza dei rifugiati ucraini. Anche noi abbiamo problemi con i consolati che hanno faticato a riprendersi. Anche in Europa per avere un appuntamento possono servire diversi mesi. E poi – ha aggiunto – ci sono i ritardi nei finanziamenti di alcuni Comites così come per gli enti gestori”. Anche per Medda “è urgente riprendere a lavorare sulla convenzione Maeci – Patronati” così come sulla “implementazione delle politiche discusse nella Stato regioni Cgie”, senza dimenticare la diffusione “di tutte le attività avviate durante la pandemia: studi, ricerche, analisi e documentari. C’è molto lavoro da fare e questa situazione di stallo – ha ribadito concludendo – è ingiustificabile”. Il Cgie, dunque, scalpita per tornare a lavorare nelle modalità più consone, ritrovando contatti diretti e continui con la Direzione generale per gli italiani all’estero; riunendosi di persona, visto che la copertura finanziaria lo consente; tornando ad essere un referente puntuale e informato su tante questioni: dai problemi aperti dal futuro impiego dello Spid all’estero ai contributi integrativi per i Comites – su cui, pare, l’Ufficio I della Dgit si esprimerà a giorni; dalla formazione della Commissione che decide i contributi per la stampa italiana all’estero presso la Presidenza del Consiglio ai pareri sulla programmazione di Rai Italia – su cui, per il nuovo palinsesto lanciato martedì, nessuno ha interpellato il Consiglio generale. Il limbo è durato abbastanza. (23.11.2022 - m.cipollone\aise)