Complicazioni dalla nuova legge di bilancio per il pensionamento anticipato delle donne residenti all’estero – Modifiche proposte dall’on. Porta – Tempi particolarmente duri si preannunciano per le donne italiane residenti all’estero in procinto di andare in pensione. La Legge di Bilancio per il 2023,

approvata dal Consiglio dei Ministri il 21 novembre scorso, ha ricevuto l’approvazione definitiva del Senato il 29 dicembre 2022 ed è già stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Tra le numerose misure, gli stanziamenti, e le importanti novità previste in essa, anche quella relativa al sistema di ottenimento della pensione anticipata per le donne, chiamata sinteticamente “Opzione Donna”. Pesanti le modifiche apportate in essa al regime pensionistico riservato alle categorie di donne, in procinto di andare in pensione, previste nella formulazione “Opzione Donna”, opzione quest’ultima che pur se abbondantemente rivisitata è stata di nuovo prorogata per il prossimo anno 2023. Nel 2023 i requisiti anagrafici da possedere entro il 31 dicembre 2022 passano a 60 anni di età, rispetto alla precedente età prevista a 58-59 anni, anche se si scende a 59 anni per le donne con un figlio e a 58 con due figli. Ulteriore adempimento richiesto in essa, è quello di aver versato contributi previdenziali per 35 anni, requisito quest’ultimo sino ad ora perfezionabile ricorrendo al meccanismo della così chiamata totalizzazione in regime internazionale, cioè ricorrendo a quella previsione che “consente di utilizzare i contributi maturati all’estero, in Paesi convenzionati con l’Italia, per raggiungere il diritto alla pensione”. Ma il problema che è stato creato dalla nuova norma è che potranno scegliere “Opzione donna” solo alcune categorie di persone pensionande: e cioè le donne caregiver da almeno sei mesi, intendendosi con questa dizione in lingua inglese “le persone che volontariamente, in modo gratuito e responsabile, si prendono cura di una persona non autosufficiente o comunque in condizioni di necessario ausilio di lunga durata, non in grado di prendersi cura di sé». Inoltre, le donne disabili al 74% e infine le donne licenziate o dipendenti di aziende in crisi. Da quanto in precedenza evidenziato, risulta facile immaginare la complicazione venutasi a creare per una donna italiana residente all’estero che volesse usufruire del pensionamento anticipato previsto da “Opzione donna”, con la necessità di dover dimostrare di essere in possesso dei nuovi requisiti richiesti. E ciò verrà reso possibile, sempre che le autorità competenti del nostro paese, quali Ministero del Lavoro ed Inps, si degnino di indicare, una volta per tutte in maniera veramente chiara e applicabile, le corrette modalità di attuazione ed esecuzione delle nuove norme a tutti i soggetti richiedenti, già residenti all’estero. Necessario segnalare, per obblighi di correttezza informativa ai lettori, che sul rischio, peraltro divenuto ormai particolarmente concreto, che il meccanismo di pensionamento anticipato possa non essere più applicabile alle donne emigrate, gli unici a battersi per apportare modifiche siano stati i parlamentari del PD, in particolare l’on. Fabio Porta (nella foto). Dove sono finiti gli altri parlamentati dei partiti al Governo eletti all’estero? Cosa hanno fatto in concreto e quanto si siano battuti per apportare modifiche a queste improvvido provvedimento? Purtroppo non è dato