Il 2024 sarà l’anno del turismo delle radici: una ricerca ed un libro ci aiutano a prepararci “La storia della nostra civiltà comincia con un viaggio di ritorno, un viaggio delle radici: quello di Ulisse che vuole più di ogni altra cosa ‘vedere il giorno del suo ritorno a Itaca’, alla sua radice prima”:
con questo bellissimo e suggestivo ‘incipit’ del Professore Giuseppe Sommario si apre il primo capitolo del libro-ricerca sul turismo delle radici, appena pubblicato in Italia per raccogliere e presentare i risultati di una ricerca che nel corso dei difficili anni della pandemia ha coinvolto in tutto il mondo quasi venticinquemila persone, delle quali oltre diecimila hanno risposto alle numerose e articolate di un questionario volto a conoscere il profilo del potenziale “turista delle radici italiane nel mondo”. “Scoprirsi italiani, i viaggi delle radici in Italia” è il titolo dell’interessantissimo volume scritto e curato da Delfina Licata, Giuseppe Sommario, Marina Gabrieli e Riccardo Giumelli, che oltre ad essere studiosi ed esperti di emigrazione italiana nel mondo sono anche i promotori dell’Osservatorio delle radici italiane, iniziativa nata nell’ambito delle attività del Tavolo tecnico istituito sul tema dal Ministero degli Esteri italiano. La ricerca conferma e fornisce un ulteriore supporto alla tesi di quanti credono nello straordinario potenziale che potrebbe derivare dalle nostre grandi comunità residenti all’estero per lo sviluppo dell’Italia dei prossimi decenni, soprattutto per quanto concerne la rivitalizzazione delle aree interne e dei piccoli borghi. “I viaggi delle radici – scrive ancora Sommario – possono scrivere una pagina importante nella rinascita dell’Italia dell’osso: possono giocare un ruolo decisivo nel processo di ridefinizione del rapporti tra partiti, restati, e luogo d’origine”. La ricerca arriva anche a quantificare questo potenziale; se il ‘target’ dei potenziali viaggiatori delle radici sono gli 80 milioni di italodiscendenti, oggi sarebbero almeno 24 milioni di persone in tutto il mondo che sarebbero pronte e disponibili a intraprendere il “viaggio della vita” nei prossimi anni. Un turismo intelligente e sostenibile, contrariamente a quello massificato e “mordi e fuggi” che spesso ha creato più problemi che soluzioni alle nostre città d’arte e alle stesse bellezze naturalistiche delle quali l’Italia è ricca. “Il turismo delle radici favorisce il desiderio, all’opposto, di culture of slow” come sostiene il Professor Riccardo Giumelli, che aggiunge trattarsi “di un turismo slow, non solo alternativa al turismo veloce, ma risposta agli stress della speed society”. Un turismo interiore, anzi identitario, che al tempo stesso, secondo gli autori del libro può essere l’artefice di una rinascita collettiva, in grado finalmente di promuovere quella necessaria riconciliazione tra le due Italie, quella dello stivale e quella che vive nel mondo grazie all’amore e alle “radici” delle generazioni di italiani nati fuori dai confini nazionali. Un progetto lungimirante e ambizioso, quindi, che avrà successo se riuscirà a coinvolgere in Italia e nel mondo tutti coloro che a vario titolo sono da anni impegnati a valorizzare l’incommensurabile patrimonio costituito dalla ricca e diffusa presenza delle nostre collettività, soprattutto di quelle più lontane che proprio per questa distanza hanno coltivato un legame per certi versi più profondo e autentico con i luoghi di partenza dei loro antenati. Se l’Italia riuscirà in questa impresa, senza cadere nel ricorrente rischio della burocratizzazione o del clientelismo ma puntando su competenze e innovazione, avrà posto le condizioni per una forte ripresa economica fondata su radici profonde e quindi destinata a durare nel tempo. Articolo pubblicato da « Comunità italiana » (Gennaio, 2023)