CHAMBERY - Nei cinema francesi da fine gennaio, il film di animazione “Interdit aux chiens et aux Italiens” di Alain Ughetto sarà presentato domani, domenica 12 febbraio, alle 18.00 nella sala polivalente di Curienne, in Savoia, su iniziativa dell’associazione Cinébus (cinema itinerante dei paesi della Savoia).
Il film sarà seguito da un dibattito con Mino Faïta, specialista dell’immigrazione italiana e autore di libri sulla presenza italiana in Savoia. Nel film – presentato l’anno scorso al Festival di Annecy, Ughetto racconta l’esperienza migratoria della sua famiglia e, attraverso essa, quella di tante altre nella prima metà del secolo scorso. “Prima di morire, mio padre mi ha parlato di un villaggio in Piemonte i cui abitanti avrebbero tutti il nostro cognome. Incuriosito dall'origine misteriosa di questo cognome, sono andato sul posto, dall'altro lato delle Alpi, a Ughettera, “la terra degli Ughetto”. Chi erano queste persone? Come hanno vissuto? Che cosa le ha fatte andar via e dove sono andate?”. Per raccontare la loro storia il regista ha girato “Interdit aux chiens et aux italiens” (Vietato ai cani e agli italiani), in cui narra, attraverso l’animazione in stop motion con pupazzi, la storia vera di Cesira e Luigi, una coppia di emigranti italiani che negli anni ’20 fuggono la miseria delle vallate alpine italiane per fondare una famiglia in Francia. “Invece che in America, Luigi poserà la sua valigia in Provenza. E grazie a quelle stesse mani con cui aveva provato senza successo a far fruttare una terra ormai sterile in Piemonte, costruirà le strade, i ponti e le dighe della Francia. Luigi era mio nonno, un uomo dal destino romantico che ha attraversato due guerre, la miseria e il fascismo, prima di incontrare Cesira e creare una famiglia cresciuta all’ombra del Tour de France e della fisarmonica di Yvette Horner”, scrive Ughetto sul sito dedicato al film. “Ma la sua storia, pur essendo singolare, è simile a quella di centinaia di migliaia di altri italiani che abbandonarono la loro patria per ricostruire una vita in Francia, in Svizzera, in Belgio… e in qualsiasi altro angolo del mondo”. Nelle note di regia, Unghetto spiega che per il film si è avvalso delle “testimonianze di contadini piemontesi nati alla fine del XIX secolo”. “Nel mio studio – aggiunge – ridò vita a questo mondo scomparso, questa civiltà contadina che era quella dei miei nonni, il “mondo dei vinti”, come lo chiama Nuto Revelli che ne ha raccolto le ultime parole. Mettendo le mani nella pasta modellabile, ritrovando i loro gesti di lavoro, di vita, di sopravvivenza, mi interrogo sul lavoro stesso delle mie mani. Che cosa mi resta di loro, delle loro tecniche, del loro saper fare, dei loro paesaggi, della loro lingua, del loro immaginario? Che cosa è ancora vivo, in me, di questo mondo scomparso?”. (11/02/2023 aise)