Credo che la battaglia per l’eliminazione o una sostanziale riduzione della tassa sui rifiuti (TARI) che sono costretti a pagare i nostri connazionali sugli immobili posseduti in Italia debba essere un obiettivo prioritario dell’attività parlamentare degli eletti all’estero.

Ho, infatti, interrogato il Ministero dell’Economia e delle Finanze in merito a quella che ho sempre considerato un’ingiusta e immotivata tassazione sulle case degli emigrati. Nella mia interrogazione (4-00557) ho indicato al Governo che per i nostri connazionali i quali devono pagare la tassa nonostante essi non producano rifiuti (o ne producano un quantitativo irrilevante visto che vivono all’estero) siamo in presenza di un pesante tributo che rappresenta concretamente una vera e propria vessazione fiscale nei confronti di chi con molti sacrifici continua a mantenere un importante legame con la terra di origine. È noto infatti che le case possedute in Italia dagli italiani residenti all’estero generano un consistente indotto economico e in molti piccoli comuni contribuiscono a contrastare i diffusi fenomeni di degrado architettonico e di abbandono degli immobili. Ho anche evidenziato che sono molte le sentenze, anche recenti, di tribunali e di commissioni tributarie italiane che hanno stabilito che i regolamenti comunali che disciplinano la TARI devono rispettare il principio di proporzionalità evitando di imporre tributi ai cittadini non residenti e non legati alla produzione di rifiuti. Ho ricordato altresì che in passato anche il Consiglio di Stato, quinta sezione, con la sentenza 4223/2017, aveva sostenuto che il principio di proporzionalità, cui si deve conformare la discrezionalità amministrativa nell'individuazione delle tariffe, porta a ritenere non legittimo un criterio di determinazione che risulti “più gravoso per le abitazioni dei non residenti rispetto a quelle di coloro che dimorano abitualmente nel comune”. Insomma, non devono essere i nostri connazionali a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani che producono i residenti. In questo contesto giova ricordare che è tuttavia previsto il pagamento in misura ridotta di due terzi per una sparuta minoranza e cioè per i soggetti residenti all’estero i quali siano titolari di pensione in regime di convenzione internazionale con l’Italia e paradossalmente si è creata quindi una disparità di trattamento fiscale tra coloro i quali sono pensionati e tutti gli altri che non lo sono. Ho chiesto quindi al Governo, visto che i cittadini residenti all’estero si fanno carico di costi manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili anche in virtù del principio “chi inquina paga” introdotto dalla Direttiva comunitaria 2004/35/CE in materia di responsabilità ambientale, se non si ritenga giusto e opportuno intervenire con un atto legislativo che impegni e vincoli i comuni a eliminare o a ridurre in maniera sostanziale la tassa sui rifiuti TARI attualmente imposta ai cittadini italiani residenti all’estero proprietari di immobili in Italia.