di Michele Schiavone Spesso i destini degli uomini si incrociano nei momenti più tristi della storia lasciando ai posteri tracce profonde. Però, quando ciò accade crea un impatto dirompente sulla quotidianità, perché scuote le coscienze, interessa l’opinione pubblica generando solidarietà oppure causa manifesto disinteresse.
E’ quanto si è verificato di recente con la tragedia consumata sulla spiaggia di Steccato di Cutro. In Italia, intanto, il vezzo di mettere in discussione i fatti di cronaca prolifera, porta a politicizzare qualsiasi argomento finendo per dividere il Paese in Guelfi e Ghibellini, in fautori e contrari. E’ quanto di recente è successo con il Festival di Sanremo, ed è quanto si è tristemente verificato con il naufragio dei migranti sulla spiaggia di Steccato di Cutro in provincia di Crotone, terra di emigrazione e di sofferenza liberatasi solo nel dopoguerra dai retaggi medioevali espressi dall’onnipresenza dei latifondisti. Cirò, Mesoraca, Cutro, Melissa, Capo Rizzuto e la stessa Crotone portano ancora le stigmate dello spopolamento urbano causato da un alto tasso di emigrazione verso il Nord Italia e in Europa, a testimonianza di una civiltà che con il tempo ha mutato non solo la propria demografia ma anche le proprie caratteristiche sociali. Nonostante i cambiamenti, per fortuna, persistono antichi valori identitari che intrecciano i rapporti umani tra chi è rimasto e chi è partito, tra chi vive altrove e chi ritorna. Intatti, invece, forti e inalienabili sono i sentimenti e l’umanità che alimentano quelle comunità e l’intera Calabria. Lo ha percepito dall’accoglienza il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accorso a Crotone per far sentire la presenza dello Stato alla popolazione locale e alle famiglie dei naufraghi. Il naufragio sulla spiaggia di Steccato di Cutro della barca “Love Summer”, partita da Smirne colma di 180 migranti, è l’ennesimo fatto di cronaca che ha fatto registrare la morte di una settantina di persone scappate dall’Afghanistan, dal Pakistan, dalla Siria, dall’Iran. La gran parte di loro profughi in fuga da paesi retti da regimi autoritari e teocratici pervasi da guerre civili, nei quali le libertà individuali e di genere, come anche i diritti civili sono soppressi e soffocati dalla forza militare. In questa tragedia il sogno della libertà e di una vita migliore, come nel passato lo è stato per i nostri connazionali emigrati all’estero, per una parte di loro si è tristemente infranto a una centinaia di metri dalla spiaggia. A fronte di questa triste tragedia, che per le contrastanti testimonianze raccolte tra i naufraghi, tra i militari della guardia costiera e alcuni ministri sulle dinamiche del naufragio, nel nostro Paese si è aperto un largo e caotico dibattito con il conseguente inasprimento delle posizioni politiche, che verosimilmente portano discredito all’inattivismo del governo, responsabile di mancato soccorso contravvenendo alle regole elementari del diritto del mare. Sono mesi oramai che il nostro paese vive in un clima di incertezze. Le prime avvisaglie sono emerse in parlamento con l’approvazione di leggi che restringono la libertà di assembramenti proseguite con discutibili forzature sul ruolo delle forze politiche presenti nell’emiciclo. Stiamo assistendo a una volontà da parte del Governo di avviare nel Paese un graduale cambiamento culturale. Molti episodi rappresentano la spia di una volontà di restaurazione e di intolleranza verso i più deboli e i meno protetti, mentre il Governo è indulgente e permissivo verso chi usa la forza per contenere gli spazi di libertà. E’ successo con il richiamo da parte del ministro dell’istruzione e del merito alla preside del Liceo Michelangelo di Firenze, in seguito alla lettera scritta agli studenti richiamandoli a non girarsi dall’altra parte di fronte alle ingiustizie. Questo è il tempo che ci è dato vivere e dobbiamo utilizzarlo per guardare in faccia la realtà. FONTE: il giornale italiano