ON.PORTA (PD/ESTERO) INSEGNAMENTO "MIGRAZIONI" NELLE SCUOLE ITALIANE ED "ERAMUS MUNDUS" PER INTENSIFICARE FLUSSO ITALO/DISCENDENTI CON UNIVERSITÀ' ITALIANE"
(2023-03-31) "Dopo tantissimi anni di esperienza in Sudamerica e con una buona integrazione
nelle associazione e istituzioni rappresentanti l’Italia degli italiani all’estero, qualche anno fa ho sentito la necessità di mettere le mie competenze, tempo e capacità creativa a disposizione di movimenti civili e politici che lavorano per il bene degli italiani all’estero. Con questo proposito, mi sono affiancato al gruppo che da varie legislature sostiene l’amico Fabio Porta, siciliano doc, di Caltagirone, che ha speso una vita lottando per integrare cultura, esperienze e risorse tra Italia ed il Sudamerica. Quello che colpisce di Fabio è l’impegno disinteressato e incessante per facilitare la vita degli italiani all’estero e per creare ponti cultura- li che generino valore duraturo tra Sudamerica e Italia. Questa intervista all’Onorevole Porta aiuta meglio a comprendere come i milioni di Italiani o oriundi che vivono in Sudamerica non solo sono una risorsa per l’importanza che ha il turismo nell’economia italiana, ma anche una opportunità di cooperazione e sviluppo in un mondo sempre più globalizzato." Così Salvatore Milanese su “Il Peso Specifico” di Palma di Montechiaro (numero 73 – 2023) introduce una interessante intervista con l'on.Fabio Porta,
On. le Porta può raccontarci del Suo percorso di vita dall’Italia in Brasile e della sua carriera politica?
Sono nato a Caltagirone, in Sicilia e da lì come tanti miei coetanei sono poi andato lontano da casa per frequentare l’Università. Mi sono laureato a Ro-ma in Sociologia; da studente universitario sono stato un dirigente nazionale dell’Azione Cattolica italiana e dopo laureato ho iniziato a lavorare, prima come obiettore di coscienza in servizio civile e poi come ricercatore, presso la UIL (Unione italiana del Lavoro). Nel 1995 arrivai per la prima volta in Brasile grazie ad un progetto di cooperazione internazionale in materia di formazione sindacale; dopo qualche anno di “pendolarismo” tra Italia e Brasile, dalla fine degli anni ’90 sono stabilmente residente in Brasile, dove ho incontrato mia moglie e sono nate le mie due figlie. La politica in realtà è stata sempre parte della mia vita, familiare e professionale, dei miei valori e della mia cultura. È stato quasi naturale trovare anche fuori dal nostro Paese una maniera per declinare l’impegno politico a favore dei miei connazionali.
Quale l’importanza del voto all’estero, quante circoscrizioni abbiamo nel mondo e ci parli della sua circoscrizione.
Nel 2001, con una riforma costituzionale, il Parlamento italiano rese effettivo l’esercizio del diritto di voto attivo e passivo per i cittadini italiani residenti all’estero; un diritto che prima esisteva solo in linea di principio, in assenza di una specifica circoscrizione elettorale estera e della possibilità per chi viveva fuori dall’Italia di essere candidato. Nacque così la “Circoscrizione Estero”, suddivisa in quattro grandi ripartizioni: Europa, Sudamerica, Centro e Nord America, Resto del Mondo. La prima elezione con gli eletti all’estero, che allora erano diciotto (12 deputati e 6 senatori) avvenne nel 2006, mentre l’ultima pochi mesi fa, nel 2022, questa volta con una riduzione di un terzo del numero dei parlamentari. Nonostante negli ultimi venti anni gli italiani residenti all’estero siano passati da tre a sei milioni, il numero dei loro rappresentanti in Parlamento (a seguito della riforma che ha ridotto a seicento il numero complessivo di deputati e senatori italiani) è oggi di sole dodici unità, otto alla Camera e quattro al Senato. La riduzione più drastica ha riguardato proprio la “mia” ripartizione, il Sudamerica, che ha dimezzato i parlamentari eleggendo adesso solo un senatore e due deputati. In America Meridionale vivono oggi quasi due milioni di cittadini italiani, mentre sono oltre sessanta milioni gli italo-discendenti, dei quali oltre la metà in Brasile.
Come può il suo lavoro aiutare gli italiani all’estero e come si può rafforzare il legame con l’Italia.
Il lavoro di un parlamentare eletto all’estero è fondamentale per mantenere forte il legame delle nostre collettività con l’Italia e per rappresentare in Parlamento le innumerevoli rivendicazioni di questa grande comunità di connazionali. Svolgere questo impegno con serietà comporta grandi sacrifici, poiché il deputato o senatore deve avere la capacità di essere al tempo stesso presente e attuante in Parlamento ma anche nel proprio territorio di riferimento; un territorio che, nel caso della circoscrizione estero, è di dimensioni continentali. Il parlamentare può utilizzare il suo mandato per sollecitare il governo su situazioni specifiche che hanno bisogno di risposte concrete e urgenti, e questo lavoro può essere fatto soltanto da chi conosce bene la realtà degli italiani all’estero. Anche il legame con l’Italia ha bisogno di proposte legislative ma anche di continue iniziative politiche che rendano proficuo e stretto il rapporto delle istituzioni e della società italiana con l’Altra Italia che vive fuori dai confini nazionali, e anche questo è un compito specifico degli eletti all’estero.
Potrebbe spiegarci perché la comunità di italiani all’estero è importante per l’Italia?
Per tantissimi motivi. Alcuni facilmente percepibili, si pensi alla diffusione del Made in Italy in tutto il mondo, che deve proprio alla presenza estesa e capillare di milioni di italiani e soprattutto dei loro discendenti la penetrazione e il successo che tutti conosciamo. Ma ci sono tanti altri motivi che dovrebbero spingerci a investire di più nel rapporto dell’Italia con le sue collettività all’estero: lo straordinario potenziale del ‘turismo delle radici’, che può contare su un bacino di quasi cento milioni di italici in tutto il mondo e che sarebbe linfa vitale soprattutto per il sud e i nostri piccoli comuni; l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, che grazie agli italiani all’estero e alle nostre camere di commercio nel mondo potrebbero contare su un formidabile ‘asset’ e quindi un vantaggio competitivo unico nel suo genere; infine, la possibilità di estendere attraverso la lingua e la cultura la nostra presenza, puntando anche all’emigrazione di ritorno di tanti nipoti di italiani nel mondo che potrebbero contribuire ad invertire la curva demografica italiana inesorabilmente calante, apportando gioventù e favorendo investimenti nel Paese originati proprio da questa comunità presente in ogni parte del pianeta.
Dal suo punto di vista, dal punto di vista del suo programma, quali sono le iniziative più importanti per potenziare il legame tra l’Italia e le comunità di italiani all’estero?
Ce ne sarebbero tante, ma posso elencarne alcune: anzitutto l’insegnamento nelle scuole italiane delle “migrazioni” attraverso un progetto multidisciplinare che aiuti i nostri ragazzi a comprendere la ricchezza straordinaria e per certi versi necessaria dei flussi migratori, con riferimento sia all’accoglienza degli stranieri in Italia che alla conoscenza della storia della nostra emigrazione nel mondo. Un progetto che avrebbe il pregio di promuovere la cultura dell’inclusione ma anche quella della valorizzazione degli italiani all’estero. Occorre poi puntare su maggiori scambi a livello scolastico e universitario, favorendo con borse di studio e stage la possibilità per i nostri giovani di andare nei Paesi di emigrazione italiana e al tempo stesso intensificare il flusso verso le nostre scuole e università di italo-discendenti. Una sorta di “Erasmus Mundi” in chiava italica, da sostenere con adeguati finanziamenti. Vanno poi favoriti, anche con risorse del PNRR, le joint-venture e gli scambi a tutti i livelli tra le aziende italiane e quelle dei Paesi dove vivono le maggiori collettività italiane nel mondo, coinvolgendo le migliori realtà e i tanti bravi professionisti e imprenditori italiani nel mondo. Infine, ne parlavo prima, il ‘turismo delle radici’, sul quale il governo italiano sta già investendo e che prevede il 2024 come anno ‘clou’ grazie all’implementazione di migliaia di progetti in tutta Italia, stando attenti però ad evitare dispersione di risorse e clientelismo, favorendo invece professionalità e innovazione.
Cosa può dirci della situazione politica e sociale delle nazioni della sua Circoscrizione e come gli italiani si inseriscono nel loro contesto?
L’emigrazione italiana in Sudamerica è probabilmente la più significativa dal punto di vista quantitativo, ma anche una presenza importante per la qualità della presenza italiana in tutto il continente. Nonostante, a causa della colonizzazione, Spagna e Portogallo sono state nel passato le potenze europee più influenti, l’emigrazione italiana è senza dubbio quella che ha inciso in maniera più profonda negli usi e costumi di Paesi come Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela. A differenza dei ‘conquistadores’ iberici, noi italiani siamo arrivati in queste terre per lavorare, integrandoci perfettamente con le popolazioni locali. Oggi la presenza degli italo-discendenti nel mondo politico, sindacale, culturale e imprenditoriale è evidente e costituisce un motivo di orgoglio per le nostre collettività che vivono in America Meridionale. Sul versante politico, nonostante una generale instabilità e la forte polarizzazione che incide anche sulla tenuta democratica dei vari sistemi, posso ugualmente affermare che nel complesso si tratta di democrazie sulla strada della maturità, come dimostrato dalla reazione immediata e unitaria delle istituzioni brasiliane alle manifestazioni violente dell’8 gennaio. Il caso più delicato e ancora preoccupante è forse quello del Venezuela, dove il regime autoritario di Maduro non sempre ha dimostrato rispetto per i diritti umani e politici; altra situazione critica è oggi quella del Perù, afflitto da anni dalle conseguenze di un sistema istituzionale precario e instabile che ha visto tutti i suoi ultimi Presidenti della Repubblica finire in galera.
Cosa può dirci un sociologo e politico con la sua esperienza sul fenomeno della “fuga dei cervelli dall’Italia”, come arginarlo e magari integrarlo con programmi di cooperazione e scambio con le nazioni amiche dove lei e molti suoi colleghi sono stati eletti?
Non mi è mai piaciuto il termine “fuga di cervelli”, sia perché a emigrare non è soltanto il “cervello” ma tutto il resto del corpo, ossia siamo di fronte a un fenomeno umanamente e socialmente più complesso che una semplice ricerca di opportunità di successo al di fuori dei confini nazionali. E poi perché i dati degli ultimi anni ci dicono che non sono soltanto laureati, professionisti e ricercatori a cercare fortuna all’estero, ma anche tanti giovani e meno giovani senza particolari qualifiche che si adattano (soprattutto in Europa) a svolgere anche lavori a livelli medio-bassi. Altra considerazione: il problema non è la “fuga” dall’Italia, che anzi in alcuni casi dovrebbe essere sostenuta e accompagnata da un sistema formativo e professionale che potrebbe ricavare un beneficio dallo svolgimento di un periodo di studio o lavoro all’estero. E mi riferisco al quarto anno di scuola superiore all’estero, agli scambi universitari di ‘Erasmus’ o agli stage presso aziende o organismi internazionali in tutto il mondo. Il problema è semmai il mancato rientro di queste persone in Italia, e quindi l’assenza di incentivi reali alla ricollocazione di queste persone nel nostro sistema produttivo unitamente ai bassi livelli salariali e alla scarsa mobilità sociale italiana. La mobilità verso l’estero, cioè, non è di per sé un male; lo diventa se da ‘circolare’ si trasforma in ‘unilaterale’, e quindi se chi va non sceglie di ritornare perché non trova gli spazi e gli incentivi adeguati. Un problema italiano, che riguarda anche la scarsa attrattività del nostro Paese verso studenti e lavoratori stranieri.
Cosa consiglierebbe ai sindaci e amministratori di cittadine e paesi come Palma di Montechiaro per promuovere maggiori legami con nazioni dove molti compatrioti sono emigrati?
A tutti gli amministratori locali italiani consiglierei anzitutto di conoscere meglio il fenomeno migratorio nel corso della storia della propria cittadina; spesso si tratta infatti di una storia interessante e avvincente, fatta di tanti sacrifici ma anche di storie di successo. Un patrimonio che andrebbe anche valorizzato e socializzato, per esempio dedicando un museo dell’emigrazione italiana a questa epopea e promuovendo nelle scuole momenti di studio e approfondimento sul fenomeno della ‘migrazione’. Questo tipo di approccio aiuterebbe le nostre comunità locali ad avere un atteggiamento più inclusivo nei confronti dei migranti stranieri che sempre più spesso scelgono i nostri comuni come luogo dove vivere e lavorare. E non dimentichiamo che siamo il Paese europeo a più alto livello di recessione demografica; emigrati e immigrati sono una fonte potenzialmente utile e preziosa per rispondere allo spopolamento dei nostri piccoli paesi. L’altro mio consiglio è quello di avviare una vera e propria formazione all’accoglienza dei ‘turisti delle radici’, favorendo attraverso di progetti specifici il rientro dei discendenti dei nostri emigrati all’estero, desiderosi di riscoprire la terra e i luoghi di origine dei loro antenati. Ci sono finanziamenti specifici, anche all’interno del PNRR, sul ‘turismo delle radici’; il Ministero degli Esteri sta insistendo molto su questo progetto, in raccordo con ENIT e Ministero del Turismo e il 2024 sarà l’anno internazionale del ‘turismo delle radici’ in Italia.
Lei come emigrante con una visione privilegiata cosa ha da dire sul grande fenomeno dell’emigrazione, integrazione e quindi riconoscimento della nazionalità?
Grazie alla mia esperienza di anni nel mondo dell’emigrazione e dell’immigrazione, ma soprattutto ad una conoscenza sociologica approfondita del fenomeno, sono arrivato alla convinzione che il fenomeno migratorio può diventare una leva straordinaria per la crescita e lo sviluppo dell’Italia nei prossimi anni. Come ho detto, da diversi anni l’ISTAT ha lanciato un grido sull’inverno demografico che ha colpito il nostro Paese; la progressiva diminuzione della manodopera giovanile sta diventando un problema economico oltre che demografico e sociale. A tale crisi occorre rispondere con politiche intelligenti sul versante fiscale e industriale, che sappiano valorizzare (con adeguati programmi formativi per esempio) sia l’immigrazione regolare che la potenziale emigrazione di ritorno costituita da migliaia di figli e nipoti di italiani che già posseggono la nostra cittadinanza e avrebbero interesse in studiare, lavorare o semplicemente a investire nel nostro Paese. Integrazione e cittadinanza, insomma, come elementi di forza e non come una debolezza del nostro sistema.
Infine, cosa potrebbe offrire la Sicilia a italiani oriundi della sua Circoscrizione elettorale e viceversa?
La Sicilia potrebbe offrire all’Italia e al mondo un patrimonio unico e inestimabile di storia e cultura; una storia di integrazione e ibridazione di culture millenarie che hanno trovato nella nostra isola un ambiente unico che dovrebbe essere oggi un esempio per l’umanità intera. La Sicilia è poi tradizionalmente una terra di emigrazione; la mia esperienza in Brasile mi fa dire con una punta di orgoglio che la Sicilia ha esportato in quel Paese alcune delle sue competenze migliori: imprenditori e professionisti che tutti ci invidiano e che sarebbero pronti e desiderosi di fare qualcosa per la nostra bellissima regione. Qualche anno fa, insieme al Ministro del Sud Provenzano, avevo promosso e seguito le varie tappe del progetto “Talenti per il Sud”, che aveva come obiettivo proprio la individuazione e valorizzazione degli straordinari talenti che dal sud Italia sono partiti per il mondo negli ultimi decenni. Se la Sicilia avrà l’intelligenza e la lungimiranza di raccordarsi con questa “Altra Sicilia” che vive nel mondo potrà forse riprendere una strada di crescita e sviluppo all’insegna dell’innovazione e dell’internazionalizzazione, nel solco di una tradizione millenaria che ci ha sempre visto primeggiare in tutti i settori della scienza, dell’arte e delle bellezze turistiche. È questa la sfida che dobbiamo avere il coraggio di abbracciare nei prossimi anni! (31/03/2023-ITL/ITNET)