Li chiamano gli expat della Troika, perché fuggiti negli anni dell'austerity. Dal 2019 a oggi, quasi 18mila hanno fatto marcia indietro Un coworking a Lisbona Ascolta questo articolo ora... Quest'anno, il Portogallo potrebbe far registrare una crescita del Pil del 2,4 per cento, circa il doppio della media Ue (e della crescita stimata per l'Italia).

Il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi sul 6,5 per cento: meno di dieci anni fa era sopra il 16. Anche questi dati aiutano a capire come Lisbona sia riuscita negli ultimi anni a riportare a casa quasi 18mila portoghesi, soprattutto giovani, che erano fuggiti all'estero. Li chiamano "emigrati della Troika", perché avevano lasciato il Paese al tempo della crisi dell'euro e dell'intervento finanziario in Portogallo di Ue, Bce e Fondo monetario internazionale, fra il 2011 e il 2014. Per non andare in default, il Portogallo mise a punto un programma di riforme lacrime e sangue, che tra le conseguenze ebbe un esodo di massa di giovani e meno giovani. Una parte dei quali sta cominciando a fare il tragitto di ritorno dando fiducia al nuovo corso economico del Paese sotto la guida del premier socialista Antonio Costa. E a "Regressar", il programma per il rientro dei cervelli in fuga lanciato dal governo quattro anni fa. In realtà, il programma era pensato per gli emigrati di seconda generazione, ossia coloro che erano nati all'estero da genitori portoghesi e che potevano essere interessati a riscoprire le loro origini portando nel Paese di origine le loro competenze. La stragrande maggioranza di coloro che hanno usufruito di Regressar (il 57%) ha lasciato il Portogallo tra il 2011 e il 2015. Gli emigrati della Troika, per l'appunto. "Molti sono giovani qualificati che ritornano nel momento in cui decidono di avere figli", ha commentato la ministra del Lavoro Ana Mendes Godinho. "Sono partiti quando la disoccupazione era al 15%, ora è sotto il 7%", ha aggiunto. Il programma, che resterà in vigore fino al 2026, prevede un incentivo economico a chi decide di tornare a lavorare in Portogallo. Il sostegno, che può includere anche una copertura delle spese di trasloco, può superare i 3.300 euro ed è destinato ai lavoratori e alle loro famiglie ed è più alto per chi decide di trasferirsi nelle aree meno popolate dell'entroterra. Il maggior numero di richieste è arrivato da Svizzera, Francia e Regno Unito e, tra i candidati, circa il 40% possiede titoli di istruzione universitaria. "In un'economia basata sulla conoscenza, sull'informazione, Paesi e organizzazioni hanno bisogno di persone qualificate. Ecco perché c'è una feroce lotta in Europa per accaparrarsi queste persone - dice Miguel Fontes, segretario di Stato al lavoro - Sappiamo di avere un problema demografico in Portogallo e che non possiamo superarlo, aspettando solo che il ciclo si inverta". Uno dei limiti del Paese è rappresentato dai bassi salari: "Abbiamo diverse misure in corso in tal senso, a cominciare dall'aumento degli stipendi dei giovani e dalla lotta al lavoro precario", aggiunge Fontes. Altro problema è l'alto costo degli affitti, soprattutto a Lisbona. Per un appartamento di 80 metri quadri si arriva a pagare anche 1.200 euro al mese, mentre il salario minimo è di circa 760 euro. Le proteste contro la crisi abitativa sono diventate il maggiore grattacapo per Costa, che prima di diventare premier è stato anche sindaco di Lisbona. Un problema che rischia di vanificare gli sforzi per il rientro dei cervelli un fuga. FONTE: Europa today - https://europa.today.it/attualita/portogallo-ritorno-cervelli.html