ROMA - Gli italiani all’estero “sono sempre di più”. Si va “verso i 7 milioni di persone con passaporto italiano. Gli iscritti Aire sono 6.700.000 e in continua crescita”. A riferire questi dati è stato Luigi Maria Vignali, Direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie della Farnesina, che questa mattina è intervenuto alla tavola rotonda “Quale futuro per le italiane e italiani che invecchiano?

Tra pensioni e mobilità” che ha chiuso i lavori promossi da Inps e Fondazione Migrantes per presentare i dati sulle pensioni italiane all’estero. A confrontarsi con lui sulle ragioni delle migrazioni e le politiche da attivare per gestire un fenomeno globale, che non riguarda solo gli italiani, sono stati Micaela Gelera, commissario straordinario dell’Inps, e monsignor Giancarlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes. A moderare i lavori Fabio Insenga, vice direttore di ADN Kronos. Oggi l’Inps paga 317.254 pensioni all’estero, il 2,3% del totale, a connazionali residenti in 142 Paesi. Il 53.03% è riscosso da donne. Un ruolo, quello della donna in emigrazione, che è molto cambiato negli anni, come ricordato da Gelera. “Se all’inizio le donne emigravano al fianco dei loro mariti, ora lo scenario è cambiato. A partire sono anche donne che hanno difficoltà a fare carriera in Italia, dove sono particolarmente penalizzate dal “soffitto di cristallo” e da retribuzioni inferiori”. Per “far reggere” il sistema previdenziale, a fronte delle partenze, dell’invecchiamento della popolazione e della denatalità, bisogna “mettere in sicurezza il finanziamento delle pensioni. Il fatto che donne e giovani non riescano ad accedere al mercato del lavoro e a vivere in Italia è preoccupante”. Servono dunque politiche che permettano di conciliare vita lavorativa e familiare, che garantiscano servizi e qualità della vita. Le migrazioni, ha osservato Perego, sono “un’opportunità. I paesi più ricchi nel mondo sono quelli con più emigrati: Svizzera, Usa, Germania. Una immigrazione legale ordinata è una risorsa fondamentale per un Paese che ha bisogno di rigenerarsi”. Già ora “diversi mondi di vita del nostro Paese stanno crescendo anche grazie ai migranti: parliamo sempre degli “arrivi” ma mai dei 2milioni e mezzo dei lavoratori nei diversi comparti, dei 900mila studenti nelle scuole che hanno salvato istituti nei piccoli borghi, del bagaglio culturale che portano, del loro punto di vista intellettuale, degli 80mila studenti nelle nostre università”, dato, quest’ultimo, che ci mette all’ultimo posto tra i paesi attrattivi per gli studenti in tutta Europa. “E poi le famiglie: quasi 3 milioni di famiglie con uno o due componenti di altra nazionalità e il 15% delle nuove nascite in Italia. E ancora: 780mila imprenditori e 560mila imprese”. Una ricchezza per la crescita dell’Italia così come gli italiani emigrati ovunque nel mondo hanno contribuito allo sviluppo dei Paesi di residenza. Un numero, come confermato da Vignali, che non accenna a diminuire, quasi 7 milioni di persone. “Tanti italiani continuano a partire, energie in movimento che vanno alla ricerca del riconoscimento del merito, di opportunità di vita e servizi che non trovano qui”. A partire sono “circa 100mila persone l’anno”, senza che, ad oggi, si siano messe in campo politiche per farli tornare. “Andare all’estero è importante” ma lo sarebbe anche “tornare per reinvestirlo in Italia quanto appreso”. Certo, il mondo degli italiani all’estero è variegato: chi parte oggi raggiunge i membri della “vecchia emigrazione” o i loro discendenti; ci sono poi gli stranieri che acquisiscono la cittadinanza italiana e poi vanno all’estero. Insomma una “collettività grande a cui è sempre più complicato fornire servizi”. Servono “strategie per tenerli agganciati al Paese, per favorire i contatti con l’Italia, ad esempio attraverso con le associazioni di professionisti o con progetti come il Turismo delle radici, che mira a far scoprire ai discendenti il Paese da cui sono partiti gli avi. Un turismo di ritorno, diffuso, che punta anche a rivitalizzare i piccoli borghi”. Nuove politiche, dunque, che hanno bisogno di nuove risorse, come evidenziato da Gelera: “servono politiche attive del lavoro” che prevedano “un costo del lavoro inferiore, servizi e poca burocrazia”. Le politiche familiari e quelle migratorie sono “strettamente connesse”, ha aggiunto Perego, ed “entrambe chiedono un investimento maggiore. Così come è necessaria una politica della casa. Gli immigrati vengono pagati meno, sono alle prese, così come i giovani, con affitti proibitivi”. Il mondo si muove e sempre più spesso per sopravvivere. “I rifugiati, cioè persone che hanno diritto a protezione internazionale, sono sempre di più: 110milioni nel mondo, secondo l’Unhcr”, ha riferito Vignali che con la sua Direzione generale si occupa anche di politiche migratorie. “C’è il nodo importante dell’accoglienza, che cerchiamo di facilitare con progetti come i corridoi umanitari, sviluppati con Caritas e Sant’Egidio, Tavola Valdese e le Chiese evangeliche, che portano in sicurezza i rifugiati in Italia. Poi cerchiamo di sostenere le comunità locali, sempre con l’Unhcr, per migliorare il loro tenore di vita nei Paesi dove si trovano e proteggerli dalle persecuzioni”. Quanto al loro inserimento nel mondo del lavoro, per la prima volta quest’anno – ha sottolineato Vignali – nel decreto flussi una quota di permessi di lavoro verrà dedicata ai rifugiati; inoltre, sempre “fuori quota”, il decreto prevede formazione per alcuni rifugiati con corsi “pre-partenza””. Per loro, come per tutti, “non sono i sistemi previdenziali che determinano la partenza, ma le condizioni economiche e sanitarie”, ha detto Gelera. Ognuno “deve fare la propria parte”, ha osservato Perego, secondo cui “bisogna passare da una politica che vede la migrazione come un problema di sicurezza ad un percorso rigenerativo per il nostro Paese, che preveda la tutela delle persone, la promozione delle loro capacità, la valorizzazione della scuola interculturale e delle loro lingue” e che intervenga anche “sulla cittadinanza per una partecipazione attiva alla vita del Paese”. L’approccio multilaterale, ha concluso Vignali, è “fondamentale per sciogliere il nodo dei rifugiati”. Posto che “nessun Paese da solo ce la fa”, servono “politiche di partenariato con i Paesi di partenza e transito, perché non possiamo limitarci a gestire gli arrivi”. Ovunque bisogna “favorire le condizioni per il diritto di restare”, per questo, ha concluso, “dialoghiamo con il continente africano e a novembre la Farnesina ospiterà la Conferenza Italia – Africa”. (ma.cip.\aise 10/10/2023)