ROMA – “Italia delle partenze e di ritorni – i pensionati migranti di ieri e di oggi”. Questo il tema del convegno che si è svolto oggi a Roma , presso Palazzo Wedekind. L’incontro, organizzato da Inps e Fondazione Migrantes e moderato dal giornalista Fabio Insegna, ha offerto l’occasione per un confronto sul tema dei pensionati italiani all’estero.
Ad introdurre i lavori il Direttore Generale dell’Inps, Vincenzo Caridi “Partenze e ritorni, ieri e oggi, 4 parole chiave che evocano chiaramente le tematiche di questo convegno: il tempo, il viaggio e il ciclo della vita nelle loro dimensioni di passato, presente e futuro, su cui vorrei condividere con voi alcune brevi riflessioni”. Ha esordito il Direttore Generale. “Ieri significa per l’Inps la storia dei suoi 125 anni”, ha continuato Caridi ricordando l’anniversario dell’Istituto. “In questi 125 anni – ha aggiunto – l’Inps ha fatto da trait d’union tra due temi fondamentali, il lavoro e il welfare, e credo che abbia realizzato una sintesi perfetta”. Caridi ha poi ricordato come da un punto di vista storico le vicende degli emigrati italiani, che in ogni parte del mondo trasmettono i nostri usi e costumi, abbiano toccato ogni “punto del nostro mondo”. “L’oggi invece – ha continuato il Direttore Generale – è fatto di iniziative e di azioni concrete per rendere più fruibili ed effettivi le prestazioni e i servizi offerti. L’istituto ha raccolto la sfida dell’innovazione tecnologica per migliorare la qualità dei servizi ai cittadini in un’ottica di accoglienza, inclusione, accessibilità, semplificazione, così da consolidare il rapporto di fiducia tra amministrazione e cittadino”. Tornando alla questione migratoria Caridi, ha evidenziato come l’Inps abbia rafforzato i legami con gli altri enti previdenziali esteri, “in modo da garantire l’esercizio dei diritti personali, sociali, economici, culturali “traducendoli nella tutela previdenziale e pensionistica ai lavoratori migranti”. In tal senso, Caridi ha dichiarato che l’obiettivo dell’Inps è quello di consentire al lavoratore migrante di affrontare serenamente il trasferimento e l’avvio di una nuova attività lavorativa altrove con tutte le garanzie tipiche previste in Italia. Per quanto riguarda le altre due parole chiave del convegno – partenze e ritorni – Caridi ha evocato il tema del viaggio, che non richiama solo l’idea di spostamento fisico da un posto all’altro, ma anche e soprattutto la ricerca di nuove e migliori possibilità e del cambiamento”. Il Direttore Generale ha anche segnalato come la caratteristica principale dei nuovi migranti italiani, rispetto ai precedenti flussi che hanno riguardato il nostro paese nel dopo guerra, sia la giovane età e l’alta formazione: l’età si aggira tra i 20 e i 49 anni, ed il 45,7% di essi ha una laurea. Caridi ha poi evidenziato come negli ultimi anni l’Inps abbia adeguato i propri sistemi e la propria organizzazione per attuare i regolamenti europei cui l’Italia ha aderito e le convenzioni bilaterali con Paesi extraeuropei che sono state stipulate, per assicurare la tutela dei propri assicurati/pensionati anche all’estero, anche nelle circostanze eccezionali, non programmate e imprevedibili, come nel caso di una pandemia o di un conflitto.
A seguire Delfina Licata, sociologa delle migrazioni della Fondazione Migrantes, si è soffermata sulle trasformazioni dell’emigrazione italiana, rilevando come, in un’Italia sempre più spopolata e longeva, la mobilità continui ad essere un elemento strutturale che porta sempre più giovani annualmente a partire (il 42% delle partenze annuali riguarda giovani tra i 18 e i 34 anni). Ma in questo cotesto anche gli anziani hanno un ruolo importante: 1.2 milioni di emigrati italiani hanno più di 65 anni, mentre disaggregando il dato, possiamo contare 285 mila over 85. Le donne sono il 52,2%. “Noi – ha spiegato la sociologa – stiamo assistendo anche a uno svecchiamento di questa comunità all’estero grazie a due elementi: da una parte le nascite all’estero di cittadini italiani – elemento che tocca più i paesi europei – e dall’altra parte abbiamo le acquisizioni di cittadinanza, elemento questo che noi chiamiamo esogeno , e che sono coloro i quali da oriundi prendono la cittadinanza italiana e che caratterizza il continente americano, in particolare l’America meridionale”. Per Licata l’analisi degli anziani italiani iscritti all’AIRE porta a fare un salto all’indietro di circa venti anni: è evidente, ad esempio, il protagonismo del continente americano, soprattutto dell’America Latina, con Argentina e Brasile che sono i paesi con il numero maggiore di anziani residenti. Il 52,2% proviene dal Meridione, più esattamente da Sicilia, Campania, Calabria. La nostra attuale mobilità è, invece, euroamericana e le regioni più dinamiche risultano Lombardia e Veneto.
Dal canto suo Vito La Monica, Direttore Centrale pensioni dell’Inps, ha segnalato come il nostro sistema a ripartizione – che quindi cerca di equilibrare pensioni e contributi – sia in difficoltà, da un lato per il fenomeno della de-natalità, al quale si è provato a rispondere ad esempio innalzando l’età pensionabile, e dall’altro per la crescita della speranza di vita. “Al momento – ha aggiunto il Direttore stiamo perdendo contribuzione perché i nostri giovani con competenze migrano, quelli che potrebbero contribuire di più al sistema previdenziale. Cominciano inoltre ad esserci pensioni pagate all’estero a stranieri perché hanno lavorato in Italia e adesso hanno il montante o l’anzianità per andare in pensione”. Per La Monica “è necessario armonizzare le regole fiscali nel mondo occidentale, rivedere e ragionare insieme su un’armonizzazione delle regole previdenziali e dei requisiti per le pensioni. A noi, come Occidente, spetta il compito di programmare un futuro migliore per i nostri figli e per i figli dei migranti”. Per quanto riguarda i dati il Direttore ha spiegato come l’insieme dei pagamenti delle pensioni all’estero – a gennaio 2022 oltre 317.000 – includano non solo quelli riferiti alle prestazioni in regime di totalizzazione internazionale, ma anche a quelle liquidate sulla base di sola contribuzione italiana. Con riferimento al trend quinquennale, La Monica ha segnalato un decremento di oltre il 6%, dovuto essenzialmente alla riduzione dei pagamenti pensionistici in Aree continentali di “antica migrazione”, quali: Nord e sud America e Oceania. Ma nelle altre Aree il trend è costantemente in crescita. Da un punto di vista tendenziale, i dati interessanti sono quelli che riguardano l’incremento del numero dei pagamenti di pensioni in Europa (+4,3%), e la forte crescita di quelle pagate in America centrale, in Asia e in Africa (rispettivamente + 38,9%, + 34,9% e +30,3%). La Monica ha poi rilevato come in America Meridionale le pensioni di vecchiaia rappresentino solo il 37%, mentre quelle ai superstiti si attestano oltre il 60%, con un’età media molto elevata. Pertanto, nei Paesi che, in passato, hanno rappresentato le mete di milioni di italiani, le comunità di pensionati connazionali registrano un trend in forte decremento, mentre è iniziata la liquidazione di pensioni di “nuova generazione” in nuove località.
L’intervento di Susanna Thomas, direzione centrale Pensioni dell’Inps, si è concentrato invece sulle motivazioni che portano un pensionato ad emigrare. La migrazione previdenziale è divenuta infatti un fenomeno che è seguito da anni con attenzione dall’Inps. Dopo il periodo della pandemia il trend delle partenze è ripreso a crescere e nel 2022 sono state oltre 4.600 partenze. La tematica è stata affrontata dall’Inps partendo dalla distinzione tra pensionati italiani e pensionati stranieri. Questi ultimi hanno avuto un trend in forte crescita e nel 2022 hanno rappresentato il 40% del totale dei pensionati che hanno lasciato il nostro Paese. “Ragioni legate alla mancata integrazione – ha spiegato Thomas – spingono gli stranieri a ritornare nei paesi provenienza, però bisogna considerare che questi paesi hanno un costo della vita più basso rispetto a quello italiano, ma in ogni caso andiamo ad erogare loro un importo medio tendenzialmente basso, prima di tutto perché paghiamo una pensione a regime di totalizzazione in molti casi pagando solo una quota parte; inoltre queste pensioni sono maturate con il minimo contributivo, svolgendo lavori a bassa retribuzione”. La direttrice Thomas, analizzando i paesi di arrivo dei migranti previdenziali e confrontandoli con quelli che solitamente vengono pubblicizzati come le mete preferite dei pensionati scelti principalmente per motivi fiscali ed economici, ha poi rilevato come gli over 65 solitamente emigrano seguendo la famiglia e gli affetti familiari. A riprova di ciò alcuni numeri. I paesi esotici infatti tendono ad attirare numeri poco significativi di migranti previdenziali, ad eccezione del Portogallo. Nel suo intervento, la direttrice, ha sottolineato inoltre che, mentre gli uomini tendono a scegliere paesi come Romania, Polonia, Lituania e Moldavia (0% di donne), le donne preferiscono paesi come Germania, Usa, Canada, Svizzera, paesi che “hanno accolti i loro ragazzi. Quelli che vi si trasferiscono sono i genitori”. “Se vogliamo limitare e cercare di mettere un freno a questo tipo di migrazione – ha concluso Thomas, – c’è solo un modo: quello di far rientrare i nostri figli a casa”. Sui pagamenti transnazionali delle pensioni si è soffermato Daniele Russo, Dirigente Direzione centrale Pensioni dell’Inps. “L’Inps eroga pensioni in 142 Paesi per un importo complessivo di 1,3 miliardi. Nel corso degli anni, diminuiscono le pensioni dirette e aumentano le superstiti, dunque, anche a fronte dello stesso numero di pensioni, l’importo è più basso”, ha spiegato Russo segnalando come molto arrivi dall’estero in Italia, cioè dagli enti previdenziali stranieri che pagano la pensione ai connazionali emigrati tornati nel nostro Paese: si tratta di quasi 4 miliardi di euro, di cui la metà dalla sola Svizzera. Operando il confronto con alcuni Paesi sul numero di pensioni che questi erogano nel nostro territorio e che al contrario l’Inps paga nel loro Russo ha rilevato come i Paesi che storicamente hanno rappresentato le mete privilegiate dei migranti italiani e che sono vicini ai luoghi di origine, come Germania, Francia, Svizzera, Belgio, ma anche Olanda e Austria, sono quelli che pagano un rilevante numero di pensioni in Italia, a coloro, cioè, che, conclusa l’esperienza lavorativa all’estero, hanno deciso di far rientro nei nostri confini. Al contrario, in quelli più lontani, come Australia, Stati Uniti e Canada, dove gli italiani migrati hanno preferito rimanere perché la lontananza ha contribuito a ridurre i legami con il nostro Paese, l’Inps registra un consistente numero di pensioni da versare. Nel suo intervento lo storco delle migrazioni e deputato Pd Toni Ricciardi ha evidenziato come le direttrici della migrazione di ieri possano riuscire a spiegare le pensioni di oggi. Il deputato ha delineato anzitutto, diacronicamente, gli accordi principali che l’Italia, nelle fasi della sua storia, ha siglato con alcuni paesi europei e che si fondavano su emigrazione, stagionalità e progetti migratori. Tra i più importanti, quelli con il Belgio (1946), con la Francia (1947) con la Svizzera (1948) e la Germania (1955) che sono state fra le principali mete dei migranti italiani dal secondo dopo guerra in poi. Accordi che mutarono l’essenza della Provincia italiana dalla quale i flussi principali provenivano. Riprendendo la questione relativa al paese elvetico già segnalata da Daniele Russo, Toni Ricciardi ha ricordato che “sono 293.741 i pensionati rientrati dalla Svizzera, pari a 2 miliardi di pensioni erogate. Le province maggiormente toccate da questo fenomeno, mentre in Svizzera ancora oggi vive la terza comunità italiana nel mondo (700mila connazionali), sono state Avellino (22 milioni di pensioni), Bergamo (72), Catania (14)”. Le conclusioni di questo primo panel sono state affidate a Mons. Giancarlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione Cei per le Migrazioni. “. “E’ importante – ha esordito Perego – sentir parlare di partenze e ritorni perché adesso sentiamo parlare solo di arrivi di immigrati. Credo che il convegno abbia il merito di guardare la realtà”. Riprendendo la tematica approfondita da Ricciardi sugli accordi di migrazione che l’Italia aveva stipulato con gli altri paesi, monsignor Perego ha notato come essi abbiamo aiutato a “destrutturare la conflittualità sociale interna al paese”. Per quanto riguarda le rimesse dei nostri emigranti Perego ha rilevato che esse “siano state importanti per la ricostruzione del nostro Paese dopo la guerra e lo sono ancora oggi con 600miliardi di euro versati dai lavoratori migranti nel mondo”. Un elemento importante per la crescita della scuola, della sanità e dei principali servizi nel nostro paese. “Il sistema – ha aggiunto il Presidente della Fondazione Migrantes – deve garantire giustizia retributiva e distributiva”, perché “così fa un Paese civile” che “mette al centro la persona£. Perego ha poi sottolineato come la migrazione sia ormai un fenomeno strutturale che non sempre viene narrato dai giornali in maniera corretta. “Tra la Fondazione Migrantes e l’Inps – ha concluso Perego – si è istaurata, da anni, una collaborazione che porta, con studi ed eventi come questi, a incidere nel dibattito culturale di oggi. Non servono, comunque, solo le statistiche e gli studi che rimangono nascosti nei cassetti. Questi studi e ricerche, devono arrivare sulle scrivanie dei decisori politici e soprattutto è necessario che affianchino le istituzioni, le indirizzino per giusti e nuovi percorsi di lavoro per e con i migranti. Il passaggio dallo studio all’azione è fondamentale, ma di difficile realizzazione se non si conviene a uno sforzo collettivo nell’interesse del benessere comune. Ed è quello proponiamo di fare ancora una volta oggi riconfermando la collaborazione tra Inps e Fondazione Migrantes”. A seguire si è svolta una tavola rotonda sul tema “Quale futuro per le italiane e italiani che invecchiano? Tra pensioni e mobilità” ha cui hanno preso parte Mons. Giancarlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, Micaela Gelera, Commissario straordinario dell’INPS e Luigi Maria Vignali, Direttore Generale del Maeci per gli italiani all’estero e le politiche migratorie. Rispondendo a una domanda del moderatore dell’incontro Fabio Insenga, vice direttore di ADN Kronos, sulla presenza femminile in emigrazione Gelera ha rilevato come ai nostri giorni il fenomeno sia cambiato: le donne infatti non accompagnano i loro mariti ma decidono di trasferirsi in un altro paese sia per motivi salariali, dato che in Italia è forte il gap retributivo di genere, e “per le donne è difficile raggiungere i vertici apicali in azienda”, sia per motivi di servizi e per conciliare al meglio vita lavorativa e vita sociale dato che altri paesi offrono, in questo, soluzioni più efficaci. . Per Gelera inoltre, di fronte al calo della popolazione e alle partenze, occorre mettere in sicurezza i finanziamenti per le pensioni. Per il Commissario straordinario dell’Inps una questione fondamentale è quella di attrare nuove risorse per cui sono necessarie politiche attive del lavoro. Mons. Perego ha dal canto suo sottolineato come la migrazione sia una risorsa. “I paesi più ricchi sono quelli che hanno emigrati. La migrazione diventa una risorsa fondamentale soprattutto per un Paese che ha bisogno di rigenerarsi”. Perego ha poi sottolineato come ad oggi si parli solo degli arrivi dei migranti dimenticando i due milioni e mezzo di lavoratori immigrati che contribuiscono allo sviluppo della società. Mons. Perego ha inoltre ribadito come le politiche familiari e quelle migratorie siano strettamente connesse, evidenziando la necessità di rivedere le politiche della casa, alla luce del caro affitti che pesa anche sugli immigrati. Riguardo alla tematica dei rifugiati, il presidente della fondazione Migrantes, ha sottolineato la distinzione tra le politiche per i migranti che vengono a lavorare, che hanno carattere più nazionale e le politiche per chi scappa da scenari di guerra, che hanno carattere invece internazionale. Ha poi preso la parola il Direttore Generale Vignali segnalando come la comunità italiana all’estero sia in continua crescita, avviandosi verso quota sette milioni. Sono infatti circa 6.700.000 gli iscritti all’Aire. “Sono molti quelli che continuano a partire – ha spiegato Vignali – e non solo pensionati, ma tanti giovani alla ricerca del riconoscimento, del merito e di opportunità che non trovano in Italia”. In proposito il Direttore Generale segnala la partenza di circa 100mila persone all’anno, energie in movimento che dovrebbero tornare nel nostro Paese. “Andare all’estero – ha aggiunto Vignali – va benissimo: significa acquisire un patrimonio professionale, emotivo, valoriale e linguistico che però va reinvestito in Italia”. Il Direttore Generale, dopo aver segnalato la complessità della nostra comunità all’estero che necessita di opportuni servizi, ha sottolineato la necessità di tenere saldo il collegamento con la collettività italiana nel mondo ad esempio attraverso le associazioni dei professionisti o attraverso il Progetto del Turismo delle radici. Una iniziativa che mira a far scoprire alle nuove generazioni all’estero i luoghi di origine. Un tipo di turismo che si prefigge di rivitalizzare i piccoli borghi italiani. Sulla questione dei rifugiati Vignali ha sottolineato come si stia lavorando nel settore dell’accoglienza cercando di facilitare progetti volti alla creazione di corridoi umanitari per portare in sicurezza i rifugiati in Italia. Si sta inoltre cercando, in accordo con l’Unhcr, di migliorare il loro tenore di vita nei Paesi di origine. Vignali ha anche rilevato come la questione dei flussi di rifugiati non possa essere gestita da un solo paese e che vi sia la necessità di un lavoro congiunto, operando con politiche di partenariato e “dialoghi costanti con i paesi di partenza e transito”. Segnalata infine dal Direttore Generale sia la presenza nel decreto flussi di una quota di permessi di lavoro dedicata ai rifugiati, sia la programmazione per il mese di novembre della Conferenza Italia – Africa che si terrà alla Farnesina. (Alessio Mirtini- Inform)