(Comunicato stampa, 18 aprile 2024) - Con una recente circolare (la 46 del 13 marzo u.s.) l’Inps ha fornito una serie di chiarimenti e indicazioni sulle modifiche previdenziali introdotte dalla legge di bilancio per il 2024 in materia di pensione di vecchiaia e pensione anticipata per i lavoratori con primo accredito contributivo dal 1° gennaio 1996.
Le nuove norme illustrate dall’Inps riguardano quindi soprattutto i nostri connazionali emigrati di recente i quali hanno cominciato a versare i contributi in Italia alla fine degli anni ‘90 del secolo scorso (e successivamente) e sono poi andati a lavorare e a vivere all’estero e che in un prossimo futuro potranno utilizzare il meccanismo della totalizzazione dei contributi in regime internazionale per maturare il diritto alla pensione. Tra le altre cose, l’Inps ha ricordato che per chi ha versato i contributi dopo la data su indicata il diritto alla pensione di vecchiaia contributiva si consegue al perfezionamento del requisito anagrafico di 67 anni (per i bienni 2023-2024 e 2025-2026) e di un anzianità minima di 20 anni, a condizione che l’importo della pensione non risulti inferiore all’importo soglia (e cioè pari all’importo dell’assegno sociale; il cui valore provvisorio, per l’anno 2024, è pari a 534,41 euro) . Non arrivano invece i chiarimenti che da tempo richiedo all’Inps ed al Ministero del Lavoro con i miei interventi e le mie interrogazioni sulle problematiche relative a “Opzione donna” e “Quota 103” e il diritto a queste prestazioni da parte degli italiani residenti all’estero. Per quanto riguarda “Opzione donna”, teoricamente erogabile anche all’estero con il meccanismo della totalizzazione, per il 2024 sono stati rivisti i requisiti anagrafici richiesti per l’accesso. Bisogna avere 61 anni (sia per le dipendenti sia per le autonome) e 35 anni di contributi maturati al 31 dicembre 2023. Il requisito anagrafico si riduce di un anno ( 60 anni ) se si ha un figlio e di due anni se si hanno due o più figli ( 59 anni ). Quale è il problema? Il diritto a “Opzione donna” è stato limitato (per ridurre gli aventi diritto) a un circoscritto numero di categorie di persone che sono per il 2024 le lavoratrici disoccupate, licenziate o dipendenti di imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale; le lavoratrici che assistono persone con handicap in situazione di gravità; le lavoratrici con riconoscimento invalidità civile di grado almeno pari al 74%. Ora visto che anche le nostre emigrate potrebbero avere diritto alla pensione anticipata “Opzione donna”, non sarebbe opportuno e doveroso che l’Inps chiarisse con un documento ufficiale in che modo i particolari requisiti richiesti possano essere soddisfatti dai residenti all’estero? Inoltre, “Quota 103”, prestazione anch’essa teoricamente erogabile agli aventi diritto residenti all’estero, per chi matura i requisiti a partire dal 1° gennaio 2024, richiede 62 anni di età e 41 anni di contributi versati, con ricalcolo contributivo dell’assegno ed un importo non superiore a 4 volte il minimo INPS fino all’età per la pensione di vecchiaia. Ho chiesto più volte al Ministero del Lavoro di esprimersi sull’opportunità di richiedere la cessazione del lavoro ai fini del diritto a “Quota 103” anche ai residenti all’estero i quali, sebbene abbiano maturato il diritto, non possono – per tutta una serie di motivi - cessare l’attività lavorativa all’estero e di agevolare quindi l’accesso a questa pensione anticipata per i nostri connazionali. Dal Ministero finora nessuna risposta.