Carissime amiche, carissimi amici, Carissime amiche, carissimi amici, cari Connazionali, in questi giorni al Senato è in discussione un decreto che riguarda direttamente il nostro futuro e quello delle nuove generazioni italiane all’estero. Il cosiddetto “decreto cittadinanza” rappresenta una svolta profondamente negativa, che rischia di spezzare il legame storico, culturale e affettivo tra l’Italia e le sue comunità nel mondo.
Mi sento quasi in imbarazzo a parlare di cittadinanza dopo aver ascoltato parole così importanti e piene di riconoscimento da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del Presidente del Senato Ignazio La Russa e persino di Re Carlo III, che solo pochi giorni fa hanno ribadito quanto gli italiani all’estero siano “i migliori ambasciatori dell’Italia”. Eppure, oggi ci troviamo di fronte a un provvedimento che va nella direzione opposta. Questo decreto spezza la catena di trasmissione della cittadinanza iure sanguinis e crea discriminazioni intollerabili, introducendo effetti retroattivi che colpiscono anche chi aveva richiesto appuntamenti nei consolati ben prima dell’entrata in vigore del provvedimento. È un sistema iniquo. E ancora peggio: il decreto crea fratture all’interno delle famiglie. Immaginate una coppia emigrata con un figlio cittadino italiano e un altro che, per effetto di queste nuove norme, non lo sarà. Fratelli con diritti diversi, possibilità diverse, accessi disuguali all’istruzione, alla mobilità, alla partecipazione culturale. È una profonda ingiustizia. Per questo, insieme ai colleghi del Partito Democratico, abbiamo già pronti gli emendamenti per cercare di fermare questo scempio. Se non sarà possibile bloccare il decreto, faremo di tutto per mitigarne gli effetti più gravi: vogliamo eliminare il requisito della nascita in Italia, introdurre il riconoscimento fino alla terza generazione, garantire la trascrizione gratuita dei certificati di nascita, e riaprire i termini per il riacquisto della cittadinanza italiana per chi l’ha persa nel corso della propria storia migratoria. È un momento cruciale. Ora più che mai dobbiamo restare uniti, far sentire la nostra voce, e continuare a lottare per un’Italia che riconosca e valorizzi la propria diaspora, non che la escluda. Con affetto e impegno, Francesco Giacobbe