Su “Comunità Italiana” un articolo dell’On. Fabio Porta (PD) sulla presentazione di un progetto di legge che prevede l’insegnamento multidisciplinare dell’emigrazione nelle scuole italiane. L’Italia di oggi ha rimosso e quindi dimenticato il maggior fenomeno storico dei suoi quasi 150 anni di storia unitaria;

 un’idea per invertire questa tendenza apparentemente irreversibile” Un anno fa l’Italia eleggeva il Parlamento della sua sedicesima legislatura repubblicana; per la seconda volta diciotto parlamentari (dodici deputati e sei senatori) venivano eletti dagli oltre quattro milioni di italiani residenti fuori dai confini del Paese. Un fatto importante, già definito “storico”, in considerazione dei lunghi anni di rivendicazioni che avevano preceduto tale conquista che in qualche maniera sanciva la piena parità di diritti tra tutti gli italiani, indipendentemente dal luogo dove fossero nati o residenti. Nel corso di questi mesi abbiamo avuto l’impressione, considerando l’atteggiamento delle istituzioni italiane relativamente agli “italiani nel mondo” (i ripetuti e forti “tagli” ai vari programmi ad essi destinati, il rinvio delle elezioni dei Comites…), che qualcuno volesse chiudere una volta per sempre questo capitolo della nostra storia. Sì, come se la presenza in Parlamento dei loro legittimi rappresentanti costituisse di per sé un forma di riconoscimento e quindi di azzeramento di quel debito storico che l’Italia ha da sempre avuto nei confronti di intere generazioni emigrate dalla fine dell’ottocento in poi in tutti i continenti. Se così fosse, se i sei deputati e i dodici senatori costituissero il “prezzo” pagato ad anni di sofferenze, lotte e orgogliose rivendicazioni di diritti, sarei il primo a denunciare l’inutilità di tali rappresentanti. Sono invece convinto che il problema non sia questo, e che anzi il disegno di quanti – consapevolmente o meno – stanno cancellando poco a poco tutta quella rete di rapporti sociali, politici, economici e culturali che lega l’Italia alle sue grandi collettività presenti all’estero, passi anche per la delegittimazione dell’intero sistema di rappresentanza degli italiani nel mondo. Si parte dai consigli comunali (i Comites), passando per quelli regionali (il Cgie) arrivando al livello centrale (i parlamentari). Distruggere quanto si è costruito, lo sappiamo tutti per esperienza, è facile. Meno facile è ricostruire un legame, un rapporto e un sistema che è stato costruito dopo anni di sacrifici personali, studi e discussioni, lotte politiche e parlamentari attraverso i quali esponenti di tutte le tendenze si sono cimentati nella difficile arte della mediazione e del governo di tali proposte. Oggi, si corre un rischio che non può essere sottovalutato: ci sono persone e forze che ritengono – a torto! – che la pagina dell’emigrazione, richiamando una fase buia e faticosa della nostra storia nazionale, debba essere definitivamente chiusa. Tra due anni celebreremo solennemente i 150 anni dall’unità d’Italia, con eventi e iniziative in Italia e nel mondo. Di questi centocinquanta anni di storia l’epopea degli italiani emigrati nel mondo costituisce forse il capitolo più emblematico e significativo per un Paese dove ancora oggi non esiste famiglia che non abbia avuto un parente (nonno, bisnonno, cugino) emigrato all’estero. Da questa profonda convinzione nasce il progetto di legge che ho presentato alla Camera dei Deputati per “la conservazione e la diffusione della memoria dell’emigrazione italiana”, con l’obiettivo di introdurre in tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado l’insegnamento multidisciplinare della storia dell’emigrazione italiana. Solo la conoscenza approfondita di tale storia può fare riscoprire alle giovani generazioni, e quindi a tutto il Paese, l’ampiezza e il valore della presenza italiana nel mondo. Si tratta anzitutto di un servizio all’Italia, che nel riscoprire e valorizzare le sue comunità nel mondo troverà la forza e l’intelligenza per rinsaldare rapporti non solo con i suoi discendenti ovunque residenti ma anche con Paesi e continenti che proprio grazie alla presenza italiana possono diventare partner strategici privilegiati in funzione di un nuovo processo di sviluppo e di crescita sui mercati internazionali. Al tempo stesso lo studio dei processi migratori faciliterà la comprensione del fenomeno dell’immigrazione in Italia, che come sappiamo ha assunto negli ultimi anni proporzioni notevoli con tutte le conseguenze di carattere socio-culturale che tali trasformazioni comportano sul tessuto connettivo del Paese. Solo dalla conoscenza e dalla valorizzazione di questo enorme e ancora sconosciuto patrimonio può nascere la vera considerazione della cittadinanza piena dell’Altra Italia. Una cittadinanza fatta di diritti ma – non dimentichiamolo mai – anche di doveri; una cittadinanza attiva che va alimentata in maniera biunivoca, dall’Italia verso l’estero e viceversa, in uno scambio proficuo di idee, progetti e programmi volti all’inserzione dell’Italia nel nuovo mondo globalizzato anche attraverso una delle sue “armi” pacifiche più sorprendenti ed efficaci: gli italiani nel mondo!