(Rodolfo Ricci) - Dopo la bocciatura della mozione di Claudio Micheloni al Senato, è necessario comprendere il carattere strategico dell'operato del Governo e del Mae e costruire una nuova opposizione. Claudio Micheloni, senatore eletto nella circoscrizione Europa, uomo di indiscussa metodicità e protervia nel portare avanti le sue idee, ha trascorso gli ultimi cinque mesi nell'attesa della giornata di oggi, nella quale al Senato,
si discuteva la mozione presentata da 105 sentaori del PD, di cui lui era primo firmatario. La mozione aveva come obiettivo un pronunciamento del Senato sulla riconferma o meno dell'interesse della camera alta del Paese verso gli italiani all'estero, con l'auspicio che, ove la risposta fosse stata positiva (come ci si poteva legittimamente attendere) la richiesta del recupero di una parte dei fondi tagliati drasticamente dalla finanziaria di Tremonti, (evidenziata nella misura di 42 milioni di Euro nella mozione stessa), doveva anch'essa venire, almeno in un certa misura, approvata dal Senato. Le sue aspettative, condivise anche da altri, erano quindi parzialmente positive e prefiguravano l'apertura di una nuova fase e di un nuovo atteggiamento da parte della maggioranza verso gli italiani all'estero, che poteva sboccare nella ridefinizione collaborativa e bipartisan delle riforme degli organismi di rappresentanza (Comites e CGIE), la cui discussione partirà al Senato e alla Camera, il prossimo mese. La bocciatura al Senato della sua mozione, anche per il particolare contenuto del dibattito a cui si è assistito (a mio parere molto interessante per comprendere gli orientamenti in vigore) e all'esito del voto fortemente determinato dai pianisti, cioè da senatori della maggioranza che hanno votato anche per altri senatori assenti consentendo che la mozione fosse bocciata (in realtà il risultato è di 88 ad 88, ma in situazioni di parità , al Senato non c'è approvazione), implica ora una valutazione decisiva sull'operato del Governo in questo settore e una riflessione aperta sull'atteggiamento che i parlamentari di minoranza, il Cgie, i Comites, e il vasto mondo delle rappresentanze sociali ed associative all'estero dovrebbero tenere nel prossimo futuro. Sono dell'idea che, anche se sarà recuparata qualche misera briciola sulla base dell'approvazione della mozione di maggioranza (che intende tirar fuori un pò di soldi dal ricavato dei servizi che la rete consolare acquisisce per la erogazione di passaporti, visti, ecc., da vendere come un'elargizione compassionevole di cui gli italo-esteri dovrebbero essere soddisfatti), l'atteggiamento del Governo, del Sottosegretario Mantica, dei gruppi di maggioranza, sia stato in questa giornata pienamente confermato per l'oggi e per il futuro. Cioè, le politiche di tagli e di azzeramento delle politiche per gli italiani nel mondo costituiscono una scelta non contingente e motivata dalla crisi economica, ma strategica e politica. Su diversi piani: nel suo intervento al Senato, Mantica, che è il vero rappresentante del PDL per gli italiani all'estero (contrariamente a quanto si pensa in relazione alle diverse cariche distribuite nel PDL e contiguamente ad esso) rappresenta la "pars destruens" di una storia ormai secolare di partecipazione e di impegno all'estero, quanto il Sen. De Gregorio, ne rappresenta la nuova "pars costruens", fondata sulla centralità del mondo imprenditoriale e degli affari transnazionali che possono fondarsi sulla presenza - peraltro non indifferente - dell'imprenditoria italiana all'estero. Gli obiettivi di Mantica, così chiari per come vengono detti e ripetuti che solo con diversi strati di mortadella sugli occhi possono essere ignorati, sono quelli di smantellare definitivamente il sistema di partecipazione e di servizi che è stato costruito autonomamente dalle collettività in tanti decenni, poichè essi, a suo parere, costituiscono la rete che consente l'elezione maggioritaria di parlamentari di centro sinistra in parlamento. Allo stesso tempo, il varo della Fondazione degli italiani nel mondo di De Gregorio ed altri, costituisce il tentativo di costruire le condizioni per la sostituzione di questa rappresentanza sociale, con quella che dovrebbe essere fornita da un nuovo e vecchio mondo imprenditoriale riattivato e ricollegato al bel paese attraverso sollecitazioni sul piano di opportunità di affari e su una visione di legami dentro le collettività mediati da questi nuovi esegeti dell'emigrazione di successo; un quadro quindi, che richiama i contesti clientelari e neofeudali a cui siamo abituati in diverse zone d'Italia. Se quest'opera non potrà essere portata all'esito auspicato, potrà sicuramente contenere il successo del centro sinistra alle prossime consultazioni elettorali, che in occasione della vittoria di Prodi, si rivelò determinante. Indebolire quindi la rete di partecipazione dell'associazionismo e del mondo di servizio e mediazione sociale all'estero, storicamente di emanazione cattolica o sindacale, è per questa maggioranza, qualcosa di fondamentale. Indebolire il sistema di rappresentanza (Comites e CGIE), lo è altrettanto, dal momento che anche questi istituti sono sempre stati orientati piuttosto verso il centro-sinistra che verso il centro destra. Nella strategia dei nuovi responsabili della destra vi è una valutazione molto critica sull'operato di Tremaglia, il quale è accusato di aver sopravvalutato l'importanza degli insediamenti storici della destra in emigrazione, e ciò è confermato anche dall'attuale emarginazione in cui vengono sospinti i suoi Circoli Tricolori e il CTM, cosa che era iniziata ben prima dell'unificazione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale. In un certo senso, Mantica deve "provvedere" al problema creato da Tremaglia. Tutta questa operazione politica, che mira all'abolizione o al radicale ("pesante" lo ha definito oggi Mantica) ridimensionamento del CGIE, (guarda caso in sintonia con un'Italia dei Valori che per crescere all'estero ha bisogno di condizioni analoghe a quelle auspicate dal nuovo PDL), ha bisogno di essere comunicata mediaticamente e politicamente con l'improrogabile esigenza di razionalizzazione, modernizzazione, adeguamento delle misure di intervento per gli italiani all'estero, ridefinendo i capitoli di spesa, i soggetti attuatori che possono acquisire risorse pubbliche, ecc. A ciò serve, la riduzione delle risorse per i prossimi tre anni. Azzerare ciò che viene definito "vecchio" (in realtà non in linea con le aspirazioni governative) e sostituirlo con il "nuovo" (cioè in linea). Contemporaneamente, la posticipazione delle elezioni dei Comites e del CGIE in attesa della riforma della rappresentanza all'estero, la cui discussione si avvierà nelle prossime settimane, consente di prendere tempo per definire un'agenda politica in cui da una parte l'impegno dei rappresentanti dell'estero (Parlamentari, CGIE, Comites, Associazionismo, ecc.), sarà concentrato sull'ennesima riforma (che può portare con i numeri che ci sono in parlamento e con l'attuale posizione dell'IDV, all'abolizione sic et simpliciter del CGIE e alla riduzione consistente dei Comites), riducendone l'attenzione e la capacità di contrasto politico alla già decisa riduzione delle risorse e, dall'altra, a consentire la morte per inedia di tante positive esperienze operative nell'ambito della scuola, della formazione, dell'assistenza, della cultura e dei servizi, cresciute all'estero anche grazie al loro riconoscimento istituzionale e ai contributi pubblici. Dopodichè, al termine di questa fase, è quindi probabile che ci troveremo, nel migliore dei casi, con una nuova legge che implicherà il risultato effettivo di uno svuotamento degli istituti di rappresentanza e con condizioni sul campo agibili per l'opera di sostituzione sociale delle forme di partecipazione all'estero che a destra hanno in mente. Un corollario non indifferente di questa strategia è costituito dall'atteggiamento della Direzione Generale dell'Emigrazione del MAE, comandata dalla Ministra Plenipotenziaria Carla Zuppetti, che non ha posto alcun ostacolo di merito alle decisioni assunte in sede politica. Di merito, perchè a questa direzione è demandata la funzione amministrativa principale nel rapporto con le collettività all'estero. Come può accadere che la ministra Zuppetti accetti così di buon grado il depotenziamento del suo ufficio ? E un volta che ciò accada, come in effetti è accaduto, non sarebbe più opportuno per un dirigente della sua levatura recedere e procedere ad altro incarico ? Oppure la sua scelta è in realtà la scelta del MAE che ha accettato il quasi azzeramento di quell'ufficio in cambio della intangibilità dei capitoli di spesa destinati ai suoi diplomatici e ai succulenti assegni per i fuori sede ? Cosa in effetti avvenuta poichè dai tagli della finanziaria sono rimasti del tutto indenni ? E' un fatto che da almeno venti anni non si assisteva ad un atteggiamento così subalterno di questa Direzione nei confronti dei successivi poteri politici che si sono succeduti al Mae. Segno che anche loro sono sotto pressione e che hanno scambiato la difesa dei loro interessi con il contributo attivo all'applicazione di politiche che possono non condividere, ma che accettano. Senza il loro benestare, infatti, i progetti illustrati avrebbero qualche difficoltà in più a venire applicati. Fermo restando che da quelle zone non verrà alcun tentativo di difesa delle misure attive per gli italiani all'estero, bisogna ora capire come si può al meglio contrastare la politica e la strategia dell'attuale Governo. E qui, credo ci sia bisogno di una intensa quanto condivisa discussione e di una coesa definizione di percorsi e proposte alternative. Primo: possiamo condividere l'agenda politica imposta da Mantica e dalla maggioranza e il ricatto operato tra riforme al ribasso di Comites e CGIE e parallela persistenza di tagli ? Io credo di no. La responsabilità dei tagli è già chiara ed evidente; altrettanto deve esserlo l'eventuale sbocco riduzionistico delle forme di rappresentanza (CGIE e Comites); meglio che arrivino da soli all'abrogazione del CGIE, piuttosto che vi giungano in compagnia del centro-sinistra ad un CGIE ulteriormente depotenziato e che non risponde per nulla alle nuove esigenze. Secondo: si può contrastare questa campagna di comunicazione governativa fatta di urgenze di efficienza, modernità , razionalizzazione che fa pagare i suoi negativi effetti sono a coloro che sono i fruitori cioè alle persone, agli italiani all'estero ? Io credi di sì, poichè queste urgenze non sono affatto nuove, anzi, vecchie di decenni e, storicamente, è stata sempre la sinistra sociale dell'emigrazione ed avidenziarle e sottoporre ipotesi e proposte di soluzione agli sprechi, alle discutibili modalità di utilizzo dei fondi pubblici, al controllo dell'efficacia delle attività realizzate, alla programmazione degli interventi su "piani paese" partecipate dalle collettività nell'ambito della scuola e del sostegno scolastico, dei corsi di lingua e cultura, dell'informazione, della formazione professionale, alla valorizzazione della risorsa emigrazione nei diversi ambiti, da quello economico, a quello culturale, sociale e politico, all'apertura di nuovi versanti di azione legati alle nuove generazioni e ai saperi interculturali dell'emigrazione, ecc. ecc. Quel poco che è stato fatto non è certo venuto dall'amministrazione del MAE, piuttosto sempre molto restia all'innovazione e alla richiesta di trasparenza..... A destra non vantano eccelsi esempi di puntualità in questi ambiti. E nella sinistra dei partiti per troppi anni, l'attenzione è stata rivolta più altrove. La sfida da accettare è questa. Ed è quindi venuto il momento di prendere il famoso toro per le corna. Considerando che la situazione sotto il cielo è decisamente penosa, dunque ottimale.