(rita Riccio) -Emigrazione Notizie ha chiesto ai parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero, ai membri del CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all'Estero) e delle associazioni raccolte nella CNE (Consulta Nazionale dell'Emigrazione), di rispondere ad alcune domande a partire dai drastici tagli nella finanziaria che hanno ridotto del 60% le risorse destinate all'emigrazione,

 dalla tesa discussione avvenuta nell'ultima assemblea plenaria del CGIE sulle forme di rappresentanza delle nostre collettività emigrate, alle politiche verso l'immigrazione e l'interculturalità. Ci risponde l'On.Fabio Porta, del PD, eletto in Sudamerica.

D. -L'ultima Assemblea Plenaria del CGIE e il recente dibattito al Senato hanno fornito elementi significativi di chiarimento rispetto all'azione del Governo e alle urgenze degli italiani all'estero. Cosa ne pensa ?

R.- Mi sembra che il dibattito al Senato sulle politiche per gli italiani all’estero e la successiva Assemblea Plenaria del CGIE abbiano confermato la distanza ormai incolmabile tra le nostre collettività all’estero e il Governo, e in maniera particolare con il Sottosegretario Mantica che ha la delega per queste politiche. Dalle sue primissime dichiarazioni, all’indomani della formazione del nuovo governo, il Sottosegretario ha voluto ribadire la sua intenzione di chiudere con il capitolo “emigrazione”, ed in particolare con il sistema di rappresentanza: Comites, Cgie e parlamentari eletti all’estero. Quando il Sen. Mantica si domanda se il suo interlocutore deve essere il Cgie o i parlamentari, per esempio, dimostra una profonda mancanza di conoscenza di tale sistema, o – peggio ancora – uno scarso rispetto per questi legittimi livelli di partecipazione democratica. Altro punto caratterizzante l’azione del governo e del suo Sottosegretario con delega agli italiani all’estero è stato l’atteggiamento nei confronti degli italiani di seconda, terza o quarta generazione, sempre considerati e citati in maniera riduttiva se non irriguardosa, e mai come un patrimonio unico di valori, rapporti e conoscenze al quale dovremmo guardare con occhi diversi e attenti.

D.- A suo parere quali prospettive si aprono dopo la conferma dei tagli e dopo l'esito di questa assemblea del CGIE?

R.- Credo che la questione “tagli” e l’esito dell’Assemblea del Cgie, compreso la mozione finale che di fatto chiede a grandissima maggioranza le dimissioni del Sen. Mantica, indichino a tutta la comunità degli italiani all’estero la necessità di una grande mobilitazione unitaria che riporti al centro del dibattito politico e dell’attenzione delle istituzioni italiane questa grande questione. Il problema infatti, a mio parere, non sono semplicemente i tagli, per quanto pesanti e dolorosi. Dietro a questi tagli si è andata profilando in questi ultimi mesi (ed il dibattito al Senato lo ha reso chiaro ed evidente) un nuovo modello di presenza italiana nel mondo, non più fondato sulla rete associativa ed il sistema di rappresentanza (realtà magari da adeguare e rendere più moderne ed efficienti) ma su lobby e potentati locali, magari protette e incoraggiate da qualche Console compiacente e funzionale all’azione di tali gruppi. Di fronte a tale quadro occorre uno scatto di orgoglio da parte di coloro che vivono e credono veramente in queste realtà, indipendentemente dalle appartenenze partitiche o associative.

D.- Rappresentanza: Quale nesso può avere la riforma di CGIE e Comites con la più generale riforma dello Stato in senso federalista e con il fatto che i parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero, come gli altri parlamentari, rappresentano la nazione senza vincolo di mandato ?

R.- L’altro fatto grave fatta avvenuto in questi mesi è stato l’accelerazione relativa alle riforme dei Comites e dei Cgie. Sui Comites noi deputati del PD avevamo chiesto al Ministro degli Esteri di votare secondo la scadenza naturale nel 2009; ritenevamo inoltre inopportuna una riforma degli stessi organismi, peraltro già riformati di recente e al primo mandato in relazione all’ultima legge. Sul Cgie eravamo orientati ad una discussione più ampia, che coinvolgesse lo stesso Consiglio e tenesse conto dell’interessante e valido lavoro di documentazione e riflessione già prodotto da apposite commissioni del Cgie negli ultimi anni; soprattutto ritenevamo utile aspettare l’evoluzione della discussione e le conseguenti proposte relative alla riforma istituzionale, che comprenderà sicuramente una ridefinizione del numero e ruolo dei parlamentari e delle due Camere. La presentazione e la calendarizzazione al Senato di proposte di legge che minano pericolosamente alcuni princìpi-cardine degli orgamismi di rappresentanza, unendo tra l’altro Comites e Cgie in un’unica riforma, hanno determinato un processo al quale abbiamo risposto presentando due proposte specifiche alla Camera a firma di tutti i deputati del Partito Democratico. Il mio invito che rivolgo a tutti è a vigilare perché c’è in giro un’aria di normalizzazione e depotenziamento della rappresentanza, che parte dai Comites per arrivare al Cgie, e che non risparmierà sicuramente l’ultimo livello, quello parlamentare. Prestarsi a questo gioco potrebbe essere fatale per il futuro del rapporto dell’Italia con la sua grande comunità sparsa in tutto il mondo.

D.- La fase che stiamo attraversando è indubbiamente complicata dall'intensificarsi della crisi economica e sociale. L'Italia è l'unico paese europeo che ha a che fare con 8 milioni di migranti, di cui 4 milioni sono immigrati recenti provenienti per lo più dai paesi del sud del mondo e altri 4 milioni sono gli italiani all'estero diffusi in tanti altri paesi. Insieme fanno il 12-13% della popolazione. C'è un comune denominatore nel modo in cui si affrontano i temi dell'immigrazione e degli italiani all'estero ? E quale sarebbe l'approccio auspicabile e più redditizio per il paese ?

R.- Non credo sbagliato, come qualcuno sostiene, unire i due dati (emigrazione e immigrazione). Questo governo, sostenuto dalla maggioranza del Parlamento, ha caratterizzato il suo primo anno di vita per l’approccio ugualmente negativo e penalizzante con il quale ha affrontato le due questioni. Anzi, è proprio sull’immigrazione che dai banchi del centro-destra si sono levate le prime voci critiche in relazione all’operato del governo; semmai mi domando perché mentre un centinaio di deputati della PDL hanno ritenuto doveroso appellarsi al Presidente della Camera contro alcune scelte del governo in materia di immigrazione non c’è stata una analoga protesta per i “tagli” agli italiani nel mondo da parte del partito dell’On. Tremaglia. Tornando agli stranieri in Italia ed agli italiani all’estero, sono convinto che siano due facce della stessa medaglia. E che il punto sia: riteniamo un valore aggiunto, un’opportunità di crescita e di sviluppo economico e sociale, oltre che culturale, la presenza degli immigrati in Italia e degli italiani nel mondo? O queste due comunità costituiscono per noi soltanto un problema, un peso, un onere finanziario, come sembrano dimostrare le decisioni prese nel suo primo anno di mandato dall’attuale governo? Sono il primo firmatario di un progetto di legge che prevede l’introduzione dello studio dei fenomeni migratori nelle scuole italiane, a livello multidisciplinare e favorendo i contatti e i gemellaggi con le scuole degli altri Paesi di emigrazione e immigrazione. L’ho fatto perché sono convinto che una buona parte dei problemi che stiamo affrontando in questa materia derivino da una sempre minore conoscenza, e quindi attenzione, verso la storia della nostra emigrazione nel mondo e i problemi che sono all’origine dell’immigrazione straniera in Italia. Se non si conosce non si dà valore ad un fenomeno che potrebbe invece costituire uno dei pochi elementi di crescita per il Paese; e se non diamo valore a queste cose è chiaro che le politiche conseguenti avranno come risultato dei tagli e non degli investimenti.

D.- Società aperte o società chiuse in se stesse: in che direzione si uscirà dalla crisi ? La risorsa "multiculturalità" non è una delle più importanti e significative in questo tempo globale ? Di cosa ci sarebbe bisogno per valorizzarla ?

R.- Abbiamo insegnato noi al mondo cosa vuole dire “società multietnica”: dal Sudamerica agli Stati Uniti, dall’Australia alla Germania gli italiani hanno vissuto e alimentato in prima persona le più grandi comunità multietniche di questa Terra. Anche l’Italia di oggi è multietnica da tempo, nonostante qualcuno non se ne sia accorto o non voglia accorgersene. L’impero romano, la Chiesa cattolica, il grande esodo della fine dell’800 e dell’inizio del ‘900: fenomeni diversissimi tra di loro, ma che hanno in comune il fatto di avere in qualche modo anticipato la globalizzazione di cui tanto oggi si parla; fenomeni, guarda caso, nati e sviluppatisi dalle nostre parti… Come si fa allora a dire che l’emigrazione e l’immigrazione non siano dei valori in sé e che la società multietnica non sia una grande opportunità di crescita non solo culturale ma anche sociale ed economica? Occorre, lo ripeto, sviluppare una grande azione culturale, che parta dalle scuole e che si estenda all’opinione pubblica ed alla società civile. Al tempo stesso vanno rafforzati i legami con le nostre comunità all’estero, favorendo negli organismi di rappresentanza e a tutti i livelli possibili i contatti e gli scambi con le collettività degli immigrati in Italia, spesso oriunde di Paesi che hanno accolto in passato un significativo flusso di emigrati italiani. Tutte cose che hanno guidato in questi mesi l’azione parlamentare mia e dei miei colleghi deputati del gruppo del Partito Democratico, a partire da quelli eletti nella Circoscrizione Estero.