I tempi sono maturi per un’azione comune tesa a evitare sia la tassazione concorrente sia la doppia imposizione fiscale. La convenzione tra Italia e Lussemburgo sulle imposizioni fiscali ha determinato in concreto uno “stallo” interpretativo – ha dichiarato l’On. Marco Fedi nel suo intervento ai lavori della conferenza organizzata dal Circolo del PD Agorà in collaborazione con il Patronato INCA, la CGIL e il sindacato lussemburghese OGBL.

Le Convenzioni bilaterali non modificano le legislazioni nazionali e generalmente in esse si afferma un principio – come per il modello OCSE che prevede l’imposizione fiscale unicamente nel paese di residenza – e non è possibile prevedere norme che facciano riferimento alle condizioni migliori, sotto il profilo fiscale, di entrambi i Paesi. È vero però che dobbiamo farci carico – nel lavoro di costruzione di una soluzione – delle esigenze sia dei pensionati residenti in Lussemburgo che dei residenti in Italia. I Deputati del PD eletti all’estero – ha ricordato l’On. Marco Fedi – hanno lavorato bene su questi temi. L’interrogazione presentata da Fedi e Bucchino, alla quale il MEF ha risposto alcuni giorni fa, dimostra anche una disponibilità da parte del Governo nell’affrontare e dare soluzione alla questione. Riteniamo che la questione – ha rilevato l’On. Marco Fedi – non possa essere affrontata unicamente nel tentativo di chiarire l’aspetto “interpretativo dell’articolo 18”, con lo scopo di eliminare i potenziali casi di contenzioso in sede giudiziaria e lasciando inalterato il meccanismo della tassazione concorrente e della doppia imposizione fiscale. L’impegno comune – dimostrato dal Partito Democratico e dai suoi eletti – è di trovare una soluzione che, nell’affermare i principi generali OCSE, tuteli al meglio i nostri connazionali nel momento in cui, diventando titolari di una pensione, hanno anche il diritto di non vederla tassata due volte.

15 giugno 2009

TESTO DEL DOCUMENTO PREDISPOSTO DAGLI ON. LI FEDI E BUCCHINO

L’articolo 18 della convenzione tra l’Italia e Lussemburgo sulle imposizioni fiscali – si legge nel documento predisposto dai Deputati Fedi e Bucchino – non disciplina in maniera inequivocabile la potestà impositiva sulle pensioni dei dipendenti privati da parte dei due Stati. Al primo comma dell’articolo 18 “Pensioni e prestazioni della previdenza sociale pubblica” è stabilito che le pensioni pagate ad un residente di uno Stato contraente sono imponibili soltanto nello Stato di residenza, al secondo comma è invece stabilito che nonostante le disposizioni del comma 1 le pensioni pagate ai sensi della legislazione sulla previdenza sociale di uno Stato contraente sono imponibili dallo Stato erogatore (che può ovviamente non essere quello di residenza). La conseguenza di tale apparente contraddizione è un contenzioso interpretativo che non è mai stato risolto e il concreto paradosso che le pensioni sono sottoposte a tassazione concorrente da parte dei due Stati. In particolare pagano le conseguenze di questa situazione i pensionati italiani residenti in Lussemburgo i quali, anche se si avvalgono della possibilità di chiedere il credito di imposta al fisco lussemburghese, vengono penalizzati perché non recuperano il totale della somma tassata alla fonte in Italia per la ragione che le aliquote fiscali per le pensioni sono più basse in Lussemburgo che in Italia. Gli interessati al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi in Lussemburgo possono scomputare dal proprio debito di imposta l’importo delle ritenute fiscali già versate in Italia. Sull’applicazione della normativa contraddittoria disposta dai due commi dell’articolo 18 si è introdotto un contenzioso interpretativo in ordine al contenuto del termine “previdenza sociale”. La Circolare n. 41/E dell’Agenzia delle Entrate del 21 giugno 2003 precisava che l’ambito applicativo del comma 2 dell’articolo 18 della Convenzione doveva essere circoscritto alle pensioni erogate in base alla legislazione di “previdenza sociale” (nel testo francese “securitè sociale”), indicando come tali solo le prestazioni a carattere non contributivo garantite dallo Stato al fine di perseguire obiettivi generali di solidarietà (maggiorazioni sociali, trattamento minimo, assegni familiari, ecc.). Tuttavia il Lussemburgo (Direction Des Contributions Directes) rendeva noto nel 2004 all’Agenzia delle Entrate di non condividere tale interpretazione e che nell’ambito della “securitè sociale” andavano ricomprese l’insieme di tutte le prestazioni previdenziali obbligatorie volte a ricoprire tutti i rischi classici (vecchiaia, anzianità, invalidità, reversibilità, assegni familiari, incidenti sul lavoro, malattie professionali, carichi di famiglia, disoccupazione), ritenendo pertanto di estendere l’ambito applicativo del regime di tassazione concorrente previsto dal comma 2 dell’articolo 18 anche a tali prestazioni. L’Agenzia delle Entrate, di conseguenza, ribadiva successivamente – dando precise disposizioni all’Inps – che in assenza di una interpretazione certa ed univoca da parte dei due Stati contraenti ed in attesa di eventuali accordi amichevoli (come è stato fatto con la Francia), l’INPS in qualità di sostituto di imposta è tenuto ad assoggettare a tassazione i trattamenti pensionistici corrisposti ai residenti all’estero, compresi quelli corrisposti in Lussemburgo. Analoghe difficoltà applicative insorte in materia di trattamenti pensionistici con riguardo alla Convenzione vigente con la Francia sono state affrontate con un Accordo amministrativo amichevole ad hoc – per evitare la modifica dell’Accordo che richiederebbe tempi molto lunghi - stipulato nel 2000. Tale accordo prevede che, nell’ambito del termine “sicurezza sociale” rientrano tutte le pensioni di vecchiaia, anzianità, invalidità e reversibilità erogate sia agli ex lavoratori dipendenti che autonomi. Per quanto riguarda il Lussemburgo abbiamo appreso che le autorità competenti italiane intendono contattare le corrispondenti autorità lussemburghesi e “risolvere” le difficoltà interpretative adottando gli stessi criteri, peraltro già applicati dall’Inps. Secondo l’Agenzia delle Entrate tale soluzione “condivisa” sarebbe suggerita anche dall’OCSE nel nuovo paragrafo 28 del Commentario all’articolo 18, proprio in considerazione del fatto che la differenza di regimi giuridici tra gli Stati spesso non consente di elaborare una definizione precisa di sicurezza sociale. Appare evidente che la soluzione adottata con la Francia e proposta anche per il Lussemburgo, se da una parte “chiarisce” il contenzioso interpretativo insorto sull’articolo 18 commi 1 e 2 della Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali, dall’altra penalizza gli interessi dei pensionati italiani residenti in Lussemburgo i quali continuerebbero ad essere tassati sia dall’Italia che dal Lussemburgo e potranno recuperare in Lussemburgo solo una parte della ritenuta italiana. Va tuttavia sottolineato che se i due Paesi contraenti uniformassero l’Accordo contro le doppie imposizioni fiscali alla maggioranza degli accordi in tale materia stipulati dall’Italia e quindi al modello standard dell’Ocse (che prevede la detassazione della pensione nel Paese di erogazione e la tassazione nel Paese di residenza), verrebbero invece penalizzati i pensionati italo-lussemburghesi rientrati in Italia i quali pagherebbero le tasse con la più alta aliquota italiana invece che con quella più bassa lussemburghese.

15 giugno 2009

On. Marco FEDI Segretario III Commissione Affari Esteri e Comunitari