La civilissima, sensata e utile proposta del vice ministro Adolfo Urso di consentire agli islamici l’ora di religione nelle nostre scuole, già praticata dai cattolici e con diverse modalità dagli ebrei, ha suscitato, come era facile prevedere, un vespaio di discussioni e di polemiche. Si tratta certamente di una proposta complessa da un punto di vista culturale e impegnativa sul piano della realizzazione pratica.
Una proposta tanto più difficile da metabolizzare quanto più teso si va facendo il clima di ostilità , alimentato da forze che non esitano quotidianamente a scambiare principi e consenso elettorale, verso gli stranieri in Italia e in particolare verso quelli di matrice islamica, che oggi incarnano la seconda comunità religiosa presente in Italia. Ne è scaturita una divisione trasversale che attraversa schieramenti e organizzazioni e separa sensibilità e culture. Per questo, visto che in fondo si parla di laicità e democrazia, ogni posizione dovrebbe essere accolta con attenzione e rispetto, evitando scomuniche e sentenze sommarie che rischiano di legittimare più una preoccupazione per la qualità della nostra convivenza civile che un avallo ad un improbabile processo di islamizzazione della nostra società . Tra quelle manifestate in questi giorni c’è, tuttavia, una presa di posizione, quella dell’on. Pierferdinando Casini, che mi induce a derogare a questo impegno e ad avanzare una contestazione di merito. L’on. Casini, infatti, si dichiara contrario alla proposta perché si collocherebbe sul versante di “una società multiculturale, senza valori certi, senza identità â€. Un’affermazione non solo discutibile in termini di principio, ma anche contraddittoria sul piano storico, come dimostra la vicenda di alcuni grandi paesi - ad esempio il Canada e l’Australia - considerati universalmente come riferimenti essenziali di un moderno sistema di convivenza e di sviluppo democratico. Io vivo da molti anni in uno di questi paesi, il Canada, e posso testimoniare che la sua identità di società aperta e, ad un tempo, coesa si è consolidata e resa più chiara con il suo progredire sulla strada dell’interculturalità . Essa è stata addirittura un presidio di unità nazionale, di fronte a spinte separatistiche che l’hanno seriamente investito nel recente passato. In più, vorrei dire all’on. Casini, che certamente è molto sensibile a questi temi, che i valori anche morali che nascono dalla valorizzazione e dal rispetto delle singole culture, proiettate in un continuo gioco di incontro e di differenze, sono un patrimonio essenziale di civiltà e di umanità . Vivendo in un paese multiculturale, insomma, non mi sono sentito né confinato nel ghetto della mia particolarità né impoverito come persona, ma arricchito e più certo dei miei doveri di responsabilità e di convivenza verso gli altri. On. Casini, possiamo sperare che l’Italia presto o tardi possa lasciarsi alle spalle il senso di una’identità inamovibile e il suo spirito di separatezza e aprire una fase di relazioni sociali e culturali che consenta ad ognuno di ricevere quanto gli è dovuto sul piano culturale e religioso, non meno che su quello sociale? (On. Gino Bucchino)