Il parlamentare nella sua interrogazione premette che l’Italia ha stipulato una serie di accordi sanitari internazionali che hanno lo scopo di tutelare, dal punto di vista dell’assistenza sanitaria, gli assistiti che si spostano all’interno degli Stati della Unione Europea, della Svizzera, dello Spazio Economico Europeo (SEE: Norvegia, Islanda e Liechtenstein) e di alcuni Paesi extracomunitari; Se da un lato, osserva Bucchino, nell’ambito dell’Unione Europea un’assistenza sanitaria completa ed altamente specializzata viene assicurata, di norma, ai lavoratori (ed ai familiari che risiedono con loro) ed ai pensionati che trasferiscono la residenza in un altro Paese della UE e ai propri familiari, dall’altro lato, nell’ambito dei rapporti con i Paesi extracomunitari, l’Italia ha stipulato convenzioni per la copertura sanitaria, ancorché parziali e limitate con riferimento ai soggetti aventi diritto ed alle prestazioni erogabili, solo con i seguenti Paesi: Argentina, Australia, Brasile, Capoverde, Città del Vaticano, Croazia, Ex Jugoslavia, Principato di Monaco, San Marino e Tunisia; Ne consegue, secondo il parlamentare, che i cittadini italiani che trasferiscono (o hanno trasferito) la residenza in uno Stato con il quale non è in vigore alcuna convenzione con l’Italia perdono il diritto all’assistenza sanitaria italiana all’atto della cancellazione dall’anagrafe comunale e della iscrizione all’AIRE (fatta eccezione per i lavoratori di diritto italiano in distacco); né il mantenimento della cittadinanza italiana, né l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), né il diritto di voto per le elezioni politiche in Italia, aprono un diritto per gli italiani residenti all’estero all’assistenza sanitaria in Italia; Inoltre, osserva Bucchino, si verifica spesso che l’assistenza fornita dai Paesi di residenza è insufficiente o in taluni casi inesistente; cosicché il cittadino italiano il quale abbia acquisito la residenza in uno di questi Paesi si trova nella situazione drammatica di non poter usufruire di alcuna assistenza sanitaria né in Italia né all’estero; Bucchino ricorda che, tuttavia, ai sensi del DM 1° febbraio 1996 ai cittadini con lo stato di emigrato (il cui riconoscimento non è sempre agevole) ed ai titolari di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani, che rientrino temporaneamente in Italia, sono riconosciute, a titolo gratuito, le prestazioni ospedaliere urgenti e per un periodo massimo di 90 giorni per ogni anno solare, qualora gli stessi non abbiano una copertura assicurativa, pubblica o privata, per le suddette prestazioni sanitarie; alcune regioni garantiscono una assistenza sanitaria più ampia rispetto a quella riconosciuta dal DM 1° febbraio 1996 nei confronti dei cittadini emigrati dalla propria regione e che rientrano temporaneamente. In considerazione di tutto ciò suesposto il parlamentare chiede ai ministri interrogati se intendono in primo luogo tutelare la salute dei cittadini italiani emigrati ampliando il numero dei Paesi convenzionati in materia di assistenza sanitaria visto che gli accordi sanitari bilaterali sono circoscritti ad un pugno di Stati dal quale sono esclusi importanti Paesi di emigrazione come gli Stati Uniti, il Canada, il Venezuela, l’Uruguay e quasi tutti i Paesi africani ed asiatici; in secondo luogo se non si ritiene opportuno altresì rendere più completa l’assistenza sanitaria a favore degli emigrati italiani che rientrano in Italia per soggiorni provvisori estendendo da 90 a 180 giorni il periodo di temporanea copertura e garantendo oltre alle cure ospedaliere urgenti anche il diritto di accesso completo ai servizi di assistenza sanitaria della località in Italia in cui si trovano temporaneamente; ed infine se non possa essere prevista per i cittadini italiani indigenti residenti all’estero una polizza assicurativa sanitaria a carico dello Stato italiano che copra cure e ricoveri nei Paesi di residenza dove non è prevista la copertura sanitaria pubblica e gratuita o dove la copertura pubblica sia inadeguata.