Non mancano motivi di attesa e di speranza dopo la presentazione fatta a Bruxelles del così detto Consolato digitale, vale a dire del sistema al quale il MAE sta lavorando per la erogazione dei servizi consolari a distanza. Potere comunicare i propri dati e richiedere certificati per via elettronica,

da una postazione informatica di casa o di un luogo scelto liberamente, non è cosa da poco, soprattutto in considerazione della grave caduta di funzionalità dei nostri consolati in conseguenza delle limitazioni di spesa e di personale intervenute negli ultimi anni. Non c’è dubbio che quella dei servizi a distanza sia la strada aperta verso il futuro e quindi tutti i passi che su di essa si compiono sono fatti sicuramente nella giusta direzione. Resta da vedere quale concreto sviluppo avrà l’impegno di formazione di una piattaforma allargata a diversi rami dell’amministrazione, perché se la sperimentazione promossa nella rete estera non avrà un parallelo riscontro in quelle di altri rami dell’amministrazione, rischia di arenarsi in un collo di bottiglia che ne frenerebbe gli sviluppi concreti. Da una cosa, comunque, è necessario guardarsi con attenzione, vale a dire dal fatto di intendere l’applicazione delle tecnologie digitali ai servizi consolari come una soluzione adottata per lasciarsi alle spalle la deriva dei consolati, considerando ormai irrecuperabile un loro positivo rapporto con le comunità. Bisogna evitare questo errore per diversi motivi, di cui almeno due sono insuperabili: la fase di transizione per la messa a regime non sarà breve e nel frattempo gli italiani all’estero continueranno ad esistere con i loro problemi e con le loro richieste; ci sono momenti procedurali, come quello dell’apposizione delle impronte digitali per i nuovi passaporti, che comunque richiedono un’organizzazione di tipo logistico. La sperimentazione sui servizi a distanza, dunque, sarà tanto più utile quanto più si lavorerà per recuperare efficienza agli attuali consolati, senza chiuderne nessuno e reinvestendo risorse materiali ed umane per la loro funzionalità. Anche in questo caso, poi, è necessario che chi oggi governa si liberi da prevenzioni ideologiche e politiche nei confronti dei Patronati e si convinca di ciò di cui sono convinti milioni di italiani all’estero: essi possono essere la rete di supporto esterna per aiutare i consolati nella difficile contingenza presente e uno strumento indispensabile di transizione per accompagnare gli utenti dei futuri servizi a distanza nell’uso corretto delle tecnologie di cui a Bruxelles si è dato un esempio operativo.