“La pubblica amministrazione, anche all’estero, deve applicare in tempi certi la legge; presenterò una proposta legislativa per l’istituzione del “difensore civico” degli italiani nel mondo !” La sentenza del TAR del Lazio, con la quale viene accolto il ricorso di una cittadina brasiliana di origine italiana contro il Consolato di San Paolo

a causa degli insostenibili tempi di attesa per la legalizzazione dei documenti relativi al riconoscimento della cittadinanza “ius sanguinis”, costituisce un importantissimo riferimento e precedente giurisprudenziale in materia. Da anni infatti denunciamo l’assurdità di tale situazione, che in barba ai principi costituzionali e con la conseguente discriminazione operata nei confronti di quegli italo-discendenti che presentano domanda di riconoscimento della loro cittadinanza italiana, costituisce una vera e propria macchia nel rapporto tra il nostro Paese e l’Altra Italia che vive nel mondo. La sentenza recepisce in qualche modo non soltanto il ricorso presentato dall’interessata, ma anni di denunce politiche, di interrogazioni parlamentari, di documenti presentati alle varie istanze compreso una sottoscrizione firmata da migliaia di cittadini che nel 2007 fu presentata dal sistema Comites e Cgie del Brasile al Ministero degli Esteri. A quella richiesta ci fu una prima parziale risposta con l’approvazione dell’operazione “task force”, approvata dal governo Prodi con lo scopo di azzerare l’arretrato di domande di cittadinanza in Sudamerica. Quel governo purtroppo ebbe vita breve; la “task force” partì quando in carica era il nuovo governo Berlusconi, che si distinse subito per i tagli alle politiche per gli italiani all’estero e una certa insofferenza se non un vero e proprio fastidio in relazione agli italo-discendenti nel mondo. Risultato: l’operazione raggiunse in minima parte i suoi obiettivi, le file continuarono e insieme a loro la frustrazione di quanti continuavano a credere che in Italia viga ancora la cittadinanza “ius sanguinis” (vigente sulla carta ma, per migliaia di italo-discendenti, lontano dall’essere un diritto esigibile). In questo senso intendiamo la sentenza come uno sprone, anche dal punto di vista legislativo, e un punto di non-ritorno: nessun Paese civile può permettersi di avere un quadro di norme e diritti civili che poi non è in grado di rispettare. Anche con questo intuito mi appresto a presentare una specifica proposta di legge che prevede l’istituzione all’estero della figura del “difensore civico”, istanza alla quale ricorrere in caso di abusi e inadempienze da parte della nostra pubblica amministrazione.