Con l’intento di aprire un confronto sulla riforma dei CO:ITES e del CGIE, riportiamo qui di seguito il documento di Silvana Mangione Vice Segretario Generale del CGIE. Con la pubblicazione del documento, apriamo ad un confronto che speriamo sia serrato e pregno di eventuali suggerimenti, approvazioni o osservazioni. Sarà cura dell’USEF rendere noti tutti i contributi che verranno e che saranno sottoposti al parere dei lettori e degli interessati all’argomento. (SA)

PREMESSE

Secondo i dati d.ell’AIRE, i cittadini italiani nel mondo sono circa quattro milioni, quasi due milioni dei quali risiedono fuori dell’Europa ed eleggono sei Deputati e quattro Senatori. Il Partito Democratico ha un forte radicamento anche extraeuropeo. Ne fanno fede i risultati elettorali del 2006: 3 Senatori su 4 assegnati alle tre ripartizioni non europee (Turano, USA; Pollastri, Brasile; Randazzo, Australia) e 3 deputati su 6 (Bucchino, Canada; Bafile, Venezuela; Fedi, Australia). In conseguenza delle candidature presentate nel 2008, abbiamo perso due Senatori (Turano e Pollastri) a favore rispettivamente del PdL (Giordano) e del Movimento Associativo (Giai), mantenendo 3 Deputati: Bucchino, Porta (Sud America) e Fedi. Da allora i Circoli del PD fuori Europa si sono riorganizzati, hanno partecipato molto attivamente alle primarie, hanno approfondito l’esame delle istanze che li riguardano, iniziando a prepararsi alle prossime consultazioni: rinnovo Com.It.Es. e CGIE, elezioni politiche, referendum. A fianco dei cittadini, vivono fuori Europa svariate decine di milioni di oriundi, esponenti ai più alti livelli della vita politica, culturale, economica e sociale dei Paesi di accoglienza, in grado quindi – con una corretta strategia di intervento – di promuovere una nuova immagine dell’Italia, che faccia dimenticare le farse tragiche incarnate dal governo dimissionario. Insieme alla moltiplicazione delle generazioni dei discendenti dagli esodi più antichi, nei nostri Paesi continua il fenomeno dell’emigrazione italiana, anche di tipo tradizionale, ma nella maggior parte di giovani ad alta scolarizzazione, che si inseriscono rapidamente nel mondo del lavoro universitario, della ricerca, dell’innovazione tecnologica, della finanza e dell’arte, tanto per citarne alcuni. Tuttavia, ad ogni livello generazionale, in mancanza di forti elementi di dialogo, si rischia di perdere la rete dei contatti e del legame di appartenenza all’Italia, con conseguenti ricadute negative per il nostro Paese d’origine. Occorre quindi ripensare il sistema di rapporti tra l’Italia e gli italiani fuori d’Europa, riflettendo anche sul rapporto tra i Circoli extraeuropei del Partito Democratico ed il Partito in Italia. Le nostre esperienze, accumulate in tutti i campi della vita politica, amministrativa, economica, culturale, intellettuale, associativa, delle forze sociali e nel mondo della comunicazione, possono e devono essere messe a disposizione di un partito che cresce assorbendo e ridefinendo gli stimoli che provengono da best practices di gestione della vita pubblica e altri modi di vivere una democrazia attiva, la produzione e il mondo del lavoro, la creatività e la costruzione di meccanismi di offerta di venture capital, cross fertilization di progetti, joint ventures in ogni ambito, proteggendo al contempo i diritti acquisiti dai lavoratori italiani all’estero protagonisti – contra voluntatem – delle partenze imposte dalle situazioni economiche italiane della seconda metà del secolo scorso. Fra noi è emersa con forza l’esigenza di più stretti rapporti con l’organizzazione del Partito in Italia, e della definizione di eventi cui partecipino, all’estero, esponenti del PD venuti dall’Italia e, in Italia, rappresentanti del PD extraeuropeo per un proficuo scambio di conoscenze e professionalità, reciprocamente arricchenti e migliorative delle nostre presenze sui rispettivi territori. In particolare, i Circoli PD extraeuropei intendono coinvolgere più organicamente il Partito in Italia nell’esame dei seguenti punti e la ricerca di posizioni condivise:

1. la ristrutturazione della rete consolare e gli organi di rappresentanza;

2. la riforma della legge sull’esercizio del diritto di voto in loco per gli italiani all’estero;

3. il riacquisto della cittadinanza italiana.

4. il mantenimento e la diffusione della lingua e cultura;

5. la protezione delle fasce più deboli dei cittadini italiani in particolare in America Latina;

1. LA RISTRUTTURAZIONE DELLA RETE CONSOLARE E GLI ORGANI DI RAPPRESENTANZA

Il nuovo Ministro degli Esteri, Terzi di Sant’Agata, ex ambasciatore con conoscenza diretta delle realtà italiane all’estero e dei rapporti internazionali, ha congelato il piano di chiusure delle rappresentanze diplomatico-consolari nel mondo, portato avanti finora con la motivazione di pretesi risparmi che in realtà, nei nostri Paesi si sono trasformati in un danno per l’Italia. Basta fare l’esempio dei Consolati di Edmonton in Canada, chiuso proprio nel momento in cui la Provincia dell’Alberta è diventata il motore della produzione di petrolio e di scambi di materie prime fondamentali per lo sviluppo industriale italiano, e di Durban, nella Repubblica del Sud Africa, il porto affacciato sull’Oceano Indiano, al servizio delle nostre navi in rotta dal canale di Suez fra il Mediterraneo e i Paesi emergenti dell’Asia e del Pacifico. Quest’ultima chiusura è stata effettuata nonostante la comunità locale, insieme al Com.It.Es., avesse presentato un piano di copertura delle spese, che dimostrava un introito netto di €50.000 circa l’anno. Nei nostri Paesi, le distanze degli utenti dai pochi Consolati esistenti ammontano, in qualche caso, a parecchie ore di aereo e fino a cinque ore di fuso orario. Chiuderne uno senza garantire i servizi dovuti, in maniera accessibile, a cittadini italiani ed esteri, e in particolare alla parte più anziana della nostra popolazione, significa costringere l’utente a giorni di viaggio e pesanti spese in tutti i casi in cui è richiesta la presenza fisica del richiedente. Laddove diventasse sufficiente la soluzione dei problemi e l’erogazione di documenti per via elettronica, bisognerà ovviare al blocco automatico effettuato dei cervelloni elettronici degli uffici consolari sugli interventi fatti dallo stesso computer (di patronati, Com.It.Es. o associazioni) a favore di più utenti, che non hanno accesso personale ad internet. È dunque indispensabile che il PD si faccia promotore di un tavolo di consultazione del Ministero degli Esteri, su tutte le questioni relative agli uffici ed ai servizi della rete diplomatico–consolare, con le rappresentanze elette all’estero: il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, in raccordo con i Com.It.Es., i parlamentari eletti all’estero e i sindacati. È ancora più importante che si apra, all’interno del PD, un dibattito approfondito e informato, sull’intero progetto di ristrutturazione del MAE che il Ministro Terzi intende presentare al Parlamento, prima di procedere alla razionalizzazione. Le politiche del governo uscente nei confronti degli italiani all’estero sono state non soltanto cieche, ma volutamente distruttive dell’essenza stessa delle comunità nel mondo, che vanno invece considerate un’enorme risorsa per l’Italia, una vera rete capillare di internazionalizzazione del nostro Paese ed una componente fondamentale del “Sistema Italia” all’estero. La rivisitazione di questi concetti ad opera del PD può far scattare una spirale positiva del rapporto fra italiani all’estero, profondamente delusi e frustrati, e le forze politiche progressiste del PD in Italia. Elementi basilari di questo movimento virtuoso devono essere “l’informazione di ritorno” sulle realtà italiane all’estero e “la cultura di ritorno”, vale a dire la diffusione in Italia di tutte le forme di produzione artistica degli italiani all’estero, per costruire una cultura italiana allargata a comprendere le opere sia degli emigrati italiani all’estero e loro discendenti sia degli immigrati in Italia. Il PD deve insistere sull’esigenza di procedere all’immediato rinnovo degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero: Com.It.Es. e CGIE che, costretti a proseguire in regime di prorogatio dalla primavera del 2009, sopravvivono a fatica malgrado i tagli devastanti ai finanziamenti fissati per legge ed il prolungamento del loro mandato. Il lungo rinvio delle elezioni costituisce un vulnus inaccettabile alle regole ed al significato stesso della democrazia. Il disegno di legge approvato al Senato sulla modifica delle leggi istitutive di CGIE e Com.It.Es. è basato sull’unico presupposto che gli italiani all’estero continuino ad eleggere i propri diciotto parlamentari. Noi crediamo invece che prima si debbano realizzare le previste riforme istituzionali, compresa quella che ipotizza variazioni nei numeri, la composizione ed i compiti dei due rami del Parlamento italiano, per poi esaminare, adattare e potenziare gli aspetti della rappresentanza democratica degli italiani all’estero che si riveleranno necessari in virtù di nuovi presupposti costituzionali. L’attuale DDL approvato al Senato e ora in discussione alla Camera riduce infatti gli organismi di rappresentanza a poco più di segreterie gratuite degli eletti all’estero, ad attori passivi, ad elaboratori di relazioni, creando al contempo una struttura piramidale di accumulo delle cariche da parte di eletti con premi di maggioranza che potrebbero portare all’attribuzione del 50% +1 dei seggi del Com.It.Es. ad una lista che ha ottenuto il 15% dei voti, senza alcuna garanzia della certezza della composizione del CGIE fra una riunione e l’altra e con una precisa sottovalutazione del tessuto e della vitalità dell’emigrazione italiana, cresciuta e maturata negli anni, la cui struttura democratica istituzionale all’estero è oggetto di studio e proposte di legislazione in molti paesi nel mondo. Noi siamo viceversa persuasi che si debba potenziare, non minimizzare, il sistema già costruito dalla legislazione italiana, esaminando anche l’opportunità di dare al CGIE dignità costituzionale. In aggiunta a ciò, il PD deve farsi parte attiva al fine della creazione di una rappresentanza istituzionale, a livello di UE, degli espatriati europei in tutto il mondo, come è stato chiesto nei documenti finali delle due riunioni degli organismi omologhi al CGIE, tenute a Parigi, al Quai d’Orsay nel 2008, ed al Senato, a Roma, nel 2010.

2. LA RIFORMA DELLA LEGGE ORDINARIA SULL’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI VOTO IN LOCO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO

Nella sua proposta di modifica della legge ordinaria che regola l’esercizio del diritto di voto in loco per gli italiani all’estero, il PD ha accolto la maggior parte dei suggerimenti contenuti nel documento approvato dal CGIE nel 2010: stampa delle schede ad opera del Poligrafico dello Stato; opzione di registrazione al voto; mantenimento del voto per corrispondenza, data l’impossibilità di costituire un numero sufficiente di seggi elettorali nei nostri Paesi extraeuropei di enormi dimensioni; l’istituzione di un Comitato elettorale, ed altri. Ad essi vanno aggiunti:

• La definizione dell’elettorato attivo e passivo in base agli schedari consolari, molto più aggiornati dell’AIRE;

• L’abilitazione all’autentica delle firme degli elettori, a fini sia referendari sia di sottoscrizione di liste, estesa a varie figure pubbliche locali, in particolare nei nostri paesi di grandissime distanze tra Consolato e Consolato;

• La soluzione delle difficoltà di ritiro del duplicato del plico elettorale non ricevuto, ora consentito soltanto mediante la presenza fisica personale al Consolato, anch’essa resa pressoché impossibile dalle distanze;

• L’esigenza di garantire un’informazione pluralistica, precisa, costante attraverso una RAI Internazionale e una stampa cartacea – che ricevono contributi pubblici – non asservite a logiche di partito o agli interessi di singoli candidati/proprietari;

• Lo spoglio dei voti presso i Consolati, alla presenza dei rappresentanti di lista e dei Comitati elettorali.

I Circoli del PD fuori Europa ritengono che questi aggiustamenti, non certo esaustivi, siano essenziali per garantire una partecipazione democratica più ampia e meglio informata del loro elettorato.

3. IL RIACQUISTO DELLA CITTADINANZA ITALIANA

In attesa di un intervento di riassetto della legislazione in materia di cittadinanza italiana jure sanguinis et jure soli la richiesta espressa da tutti coloro che intervengono a qualsiasi manifestazione di pubblico dibattito è quella dell’approvazione nel frattempo di un solo articolo di modifica alla legge vigente, al fine di consentire il riacquisto della cittadinanza agli emigrati italiani nati in Italia, che hanno perso la cittadinanza avendone acquisito una estera, e ne fanno domanda senza limiti di tempo o scadenze della normativa.

4. IL MANTENIMENTO E LA DIFFUSIONE DELLA LINGUA E CULTURA ITALIANA

Le manovre economiche messe in atto dal precedente governo, con i tagli cosiddetti lineari ai capitoli di bilancio del MAE per le “attività a favore degli italiani all’estero”, hanno colpito in maniera ineguale e ingiusta i contributi all’insegnamento della lingua italiana, che per il 2012 hanno subito un’ulteriore decurtazione del 52,14%. Dal 2008 ad oggi si è passati da €34 milioni circa agli €6.376.000 per il 2012, decisi dal governo uscente. I finanziamenti erogati da altri Paesi per la promozione della propria lingua e cultura sono invece i seguenti: Germania €218 milioni al Goethe Institut; Spagna 90 milioni all’Istituto Cervantes; Portogallo 13 milioni all’istituto Camões; Francia, quasi 110 milioni l’anno per l’Alliance Française oltre alle scuole statali sparse nel mondo; Regno Unito 220 milioni di euro al British Council. È chiaro che la diffusione di lingua e cultura costituisce un investimento nella promozione del Sistema Paese e non può essere considerata un’attività diretta esclusivamente agli italiani all’estero nella vetero–visione assistenzialistica della legge 153/1971, per cui la nostra lingua va insegnata soltanto “ai lavoratori italiani all’estero e famiglie”. L’italianizzazione, attraverso la lingua e la cultura, di future generazioni di dirigenti e leader locali in ogni sfera sociale, nonché dei potenziali consumatori di beni e servizi italiani, unita al recupero anche linguistico delle seconde, terze e successive generazioni, significa proiettare l’Italia nel mondo, generando ricchezza per il Paese. Il piano del governo uscente di affidare l’insegnamento dell’italiano esclusivamente agli Istituti Italiani di Cultura, poco numerosi nei nostri Paesi e spesso poco efficienti, e alla benemerita Società Dante Alighieri, presente a macchia di leopardo, non era realistico, né funzionale, né applicabile dappertutto. Gli Enti Gestori di lingua e cultura hanno profonda conoscenza dei sistemi scolastici locali. Nella maggior parte dei nostri Paesi hanno assunto lo status di organizzazioni non a scopo di lucro, esentasse, registrate ai sensi della legge locale, radicate nelle comunità, e fautrici di una politica di inserimento dei corsi nelle Scuole locali dell’obbligo, pubbliche o private, in base a precisi accordi che obbligano la Scuola che ha ricevuto contributi per un periodo prefissato ad assumersi poi le spese dei corsi, liberando risorse dell’Ente Gestore da utilizzare per il sostegno di nuovi corsi alle stesse condizioni. Gli Enti impartiscono anche direttamente o indirettamente cicli di lezioni per bambini o adulti, che rispondono a logiche di tipo diverso ed occupano insegnanti part time, pagati in base alle ore effettive di istruzione. Con l’aumento dei tagli, gli Enti si sono attivati nel reperimento di fondi esterni attraverso quote sociali, donazioni, iniziative autofinanziate di promozione culturale, accordi con le autorità locali, con le Regioni per i soggiorni estivi e con le Università italiane per la formazione. Queste sono le politiche vincenti che il PD deve fare proprie per quanto riguarda le realtà extraeuropee. Il Partito Democratico fuori Europa ritiene anche che sia fondamentale fare tutte le necessarie verifiche sulle diverse realtà, per identificare ed eliminare gli sprechi, fra cui indica: • L’invio di un dirigente scolastico all’estero, quando il costo della sua presenza è superiore al contributo erogato agli Enti gestori attivi nella circoscrizione consolare cui è stato destinato;

• L’invio di dirigenti scolastici che non parlano la lingua del paese in cui sono stati inviati e non conoscono il sistema scolastico locale;

• L’invio all’estero di segretarie/assistenti dei dirigenti scolastici, che potrebbero essere sostituiti da personale assunto in loco a costi molto inferiori;

• La conferma dell’incarico all’estero di attachés culturali, ex coniugi o parenti o amici stretti di personalità del governo uscente, sancita dal presidente del Consiglio dei Ministri uscente, poche ore prima di rassegnare le dimissioni;

• Altri, che non sarà difficile scoprire.

5. LA PROTEZIONE DELLE FASCE PIÙ DEBOLI DEI CITTADINI ITALIANI IN PARTICOLARE IN AMERICA LATINA

Il Partito democratico extraeuropeo è convinto che il principio di solidarietà, sancito dalla Costituzione italiana, riguarda anche le fasce più deboli e indigenti delle comunità italiane all’estero. Per il 2012, i selvaggi tagli di bilancio hanno ridotto i contributi per l’assistenza in tutto il mondo a due terzi della somma che nel 2009 era stata erogata per la sola assistenza medica in Argentina. Il totale del fondo previsto per tutto il mondo nel 2012 è di €6.510.986 nel capitolo di spesa 1613/ex3121(c) del MAE destinato alle “Dotazioni finanziarie per la rete (quota per attività di assistenza dei connazionali)”, gestito da Consoli nel quadro della maggiore flessibilità della gestione economica delle sedi consolari. Si tratta di una questione di rispetto dei diritti di cittadinanza, che non possono essere limitati a causa della residenza al di fuori dei confini. (manca l’assistenza indiretta)