Due “distrazioni” tutte italiane umiliano e penalizzano migliaia di pensionati residenti all’estero, nell’indifferenza di coloro che a livello di Governo, di Parlamento e di forze sociali dovrebbero provvedere. La prima è la prestazione dell’importo aggiuntivo che spetta per legge e che invece non viene pagata da oltre dieci anni a oltre 8.000 pensionati italiani residenti all’estero, in gran parte in America Latina.

Sull’importo aggiuntivo di 154 euro sulla tredicesima mensilità negato dal 2001, abbiamo già fatto e detto tutto, compreso un esposto alla procura della Repubblica. Tutto inutile. La seconda è la richiesta da parte dell’Inps a migliaia di pensionati italiani residenti all’estero di restituire somme, spesso anche molto elevate, che essi hanno riscosso senza aver commesso alcun dolo e nella stragrande maggioranza dei casi in totale buona fede. Al grave errore dell’Inps non si è voluto porre rimedio. Sarebbero bastati un po’ di ricorsi e alla fine la giustizia avrebbe dato ragione ai pensionati. E non ci risulta che gli enti preposti si siano mossi in questo senso. Saremmo felici, naturalmente, di essere smentiti. Sulla sanatoria degli indebiti pensionistici si è sviluppata la solita commedia all’italiana: tutti d’accordo – Governo, partiti, patronati, Inps – ma il Parlamento non ha potuto, o voluto, adottare una legge risolutiva. Alla faccia di 50.000 e più emigrati disagiati che stanno restituendo somme percepite solo per gli errori e i ritardi dell’Inps. Migliaia di pensionati italiani emigrati defraudati di un loro diritto e colpiti per l’inefficienza o gli errori delle istituzioni. Tutto questo perché sono mancati il coraggio e la determinazione anche da parte di chi si è riempito la bocca per anni, anzi per interi decenni, di parole a difesa degli italiani all’estero. E’ questa la ragione per cui le nostre iniziative (proposte di legge, emendamenti, interrogazioni), volte a ripristinare legalità e giustizia finora non hanno sortito effetto. Evidentemente, i gruppi parlamentari di maggior peso, compreso quello al quale apparteniamo, non le ritengono meritevoli di impegno. Sulla stessa linea possono essere collocate le blande e a volte evanescenti prese di posizione da parte degli enti e delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e pensionati italiani emigrati. Essi, infatti, non solo si sono dimostrati inefficaci ma dimostrano altresì scarsa consapevolezza della rilevanza sociale dei problemi di cui parliamo e distacco da tutto ciò che riguarda realtà lontane e politicamente poco rilevanti. Eludendo i diritti e gli impegni più importanti verso i nostri cittadini, si colpisce anche la Circoscrizioneestero che non ha potuto realizzare l’auspicato salto di qualità del potere contrattuale degli italiani nel mondo, svigoriti dalle distanze, dalla loro tormentata storia ma anche dalle politiche nei loro confronti e dalla natura meramente consultiva degli organismi di rappresentanza. Sul riconoscimento dei diritti degli italiani nel mondo sappiamo quanto abbiano pesato lo stato attuale dell’economia, la situazione politica e i processi di involuzione civile e culturale di questi ultimi 20 anni. Tuttavia, l’impressione più amara è che per le classi dirigenti e per la stessa opinione pubblica l’emigrazione, più che una risorsa, come non si stancano di ripetere i nostri leader ogni volta che vanno all’estero, in realtà è una presenza secondaria e residuale, nonostante la ripresa dei flussi e l’alto livello di mobilità dei nostri giovani. Eppure un segnale a questa altra Italia si potrebbe e si dovrebbe dare intervenendo sui problemi concreti, che non sono quelli dei professionisti dell’emigrazione, ma quelli che toccano interessi diretti, come le pensioni, l’assistenza, le tasse, la lingua e la cultura italiane, la sanità, i servizi consolari.