ROMA – Quest’anno a giocare in serie A sono 271. Nella sola Inter parlano 13 lingue diverse. Sono i calciatori “immigrati”, avanguardia privilegiata di un esercito in costante espansione: quello dei “nuovi italiani”, che ha ormai sfondato il tetto dei cinque milioni (per limitarsi ai regolari). A fotografarli è il Dossier Caritas/Migrantes 2012, giunto quest’anno alla XXII edizione.

Cinque milioni di “nuovi italiani”. In base al Dossier, il numero complessivo degli immigrati regolari, inclusi i comunitari, ha di poco superato i 5 milioni alla fine del 2011, un numero poco più alto dello scorso anno (5.011.000 rispetto a 4.968.000). Nel 2011 il ministero degli Affari Esteri ha rilasciato 231.750 visti per inserimento stabile, in prevalenza per motivi di lavoro e di famiglia, mentre sono stati circa 263mila i permessi di soggiorno validi alla fine del 2010 che, dopo essere scaduti, non sono risultati rinnovati alla fine del 2011. In gran parte si tratta di persone rientrate in patria. Due milioni e mezzo di lavoratori. In Italia la grave crisi, tra il 2007 e il 2011, ha provocato la perdita di un milione di posti di lavoro, in parte compensati da 750mila assunzioni di stranieri in mansioni poco ambite dagli italiani. Anche nel 2011, mentre gli occupati nati in Italia sono diminuiti di 75mila unità, gli occupati nati all’estero sono aumentati di 170mila. Attualmente gli occupati stranieri, sono circa 2,5 milioni e rappresentano un decimo dell’occupazione totale. Tra gli stranieri però è anche aumentato il numero dei disoccupati (310mila, di cui 99mila comunitari) e il tasso di disoccupazione (12,1%, quattro punti in più rispetto alla media degli italiani). Non è tutto. Motivati dal bisogno di tutela, sono oltre 1 milione gli immigrati iscritti ai sindacati, con una incidenza dell’8% sul totale dei sindacalizzati e del 14,8% sulla sola componente attiva. Calciatori e marinai. Non mancano nicchie più curiose: tra i calciatori delle squadre di serie A, gli stranieri sono 271 su un totale di 554 (il 48,9%). Record nell’Udinese e nell’Inter, una squadra al cui interno si parlano 13 lingue e i calciatori stranieri incidono per il 67,9%. Un terzo dei calciatori immigrati è costituito da latino-americani. E ancora: sul personale operante a bordo delle navi italiane gli immigrati incidono per il 40%. A Manila, dal 2007 opera una struttura dell’Accademia della Marina mercantile italiana per preparare marittimi da inserire nella flotta tricolore e specialmente nelle navi da crociera. Il fiume delle rimesse. Le rimesse partite dall’Italia erano leggermente diminuite nel 2010 (6,6 miliardi di euro) ma sono tornate a crescere nel 2011 (7,4 miliardi di euro), in aumento verso la Cina e in diminuzione verso le Filippine (anche a seguito della maggiore integrazione delle famiglie filippine in Italia e del calo delle retribuzioni). Uno sguardo al futuro. Secondo le previsioni sul futuro demografico del paese, nel 2065 la popolazione complessiva (61,3 milioni di residenti) sarà l’esito di una diminuzione degli italiani di 11,5 milioni (28,5 milioni di nascite e 40 milioni di decessi) e di un saldo positivo di 12 milioni delle migrazioni (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite): in questo nuovo scenario demografico gli stranieri supereranno i 14 milioni. La parola d’ordine: integrazione. “Il confronto tra quanto gli immigrati pesano in termini di costi alle casse pubbliche e quanto versano - sostiene Franco Pittau, coordinatore del Dossier - evidenzia un beneficio economico per l’Italia pari ad almeno 1,7 miliardi di euro nel 2010, specialmente grazie all’importo rilevante dei contributi previdenziali versati a fronte di un ridottissimo numero di persone che vanno in pensione. Se gli immigrati venuti in Italia, nonostante tutto, hanno sentimenti di amicizia nei nostri confronti e di attaccamento all’Italia - prosegue Pittau - perché non iniziare a costruire insieme un nuovo futuro per l’Italia? Gli immigrati non sono numeri bensì persone disposte a impegnarsi, ma bisognose di essere riconosciute nella loro dignità dagli italiani e sollecitate a lavorare insieme. Questa è la vera integrazione”. Fonte: Repubblica.it