Stiamo attraversando un passaggio caratterizzato dalla “politica semplice”. Un segno che Renzi si appresta a dare alla sua esperienza di governo. Ma poiché i fatti hanno la testa dura, è utile tenere presente la base di partenza: le condizioni oggettive non sono cambiate, siamo ancora in piena crisi.
I segnali di ripresa ci sono, ma sono deboli e pochi, mentre le riforme da fare sono tante, a partire da quella elettorale e costituzionale, fino al lavoro, al fisco e alla semplificazione della pubblica amministrazione. Non a caso questi punti arcinoti sono entrati nella conferenza stampa di preincarico a Renzi. Con una novità fondamentale: la tempistica rapidissima. In pochi mesi la “politica semplice” si propone di risolvere tutto. Dobbiamo augurarci che questa semplicità, che dovrebbe ritrovarsi nel programma e nei volti dei nuovi ministri, sia possibile e si traduca in fatti. E che la si possa costruire concretamente in questo Parlamento, che invece è un luogo molto poco semplice! Negli ultimi anni gli interventi dei Presidenti del Consiglio in Parlamento in occasione della fiducia hanno posto l’esigenza, oltre che del rientro nei parametri economici europei e della ripresa degli investimenti dall'UE, anche di un cambio di passo a livello europeo. Cosa è cambiato con Renzi rispetto alle condizioni di partenza di questa legislatura? Forse cado in un eccesso di realpolitik, ma per me la risposta è semplice: le primarie del PD. Aver anticipato le primarie rispetto alla conclusione della legislatura ha, di fatto, segnato la conclusione dell'esperienza Letta. Non si vincono primarie come quelle del PD, nelle quali hanno votato circa tre milioni di persone, per rimanere fuori dal Governo, fuori dal Parlamento, a fare il segretario-gregario dell'ex vice-segretario del PD, non candidato alle primarie e non eletto dal popolo. Poi c’è anche la politica, naturalmente. La prontezza di Renzi nel cogliere il cambiamento di ritmo e credibilità del Governo Letta, che aveva iniziato bene il suo lavoro, soprattutto sul piano internazionale, e che negli ultimi tempi aveva rallentato il passo dimostrando incertezze nell’assumere decisioni coraggiose in alcuni campi di forte sensibilità, come il lavoro, il fisco, il sostegno alle imprese. E poi – Napolitano lo aveva detto chiaramente in occasione della sua rielezione – la missione di questa legislatura era di fare le riforme in tempi certi. E il tempo è già ampiamente passato senza fare concreti passi in avanti in questa direzione. Per quanto attiene agli italiani nel mondo torno alla proposta che feci allorquando il Presidente Letta annunciò il patto per l’Italia. Siamo al pareggio dopo aver prorogato, in extremis, le detrazioni fiscali per carichi di famiglia; non abbiamo ancora raggiunto la parità di trattamento su IMU e altre imposte sull’abitazione; siamo ancora al di sotto delle necessità per gli investimenti nel campo della lingua e cultura, fortemente ridotti dal Governo Berlusconi; non si è esaurita la logica perversa dei tagli ai servizi e non si è ancora applicata in modo corretto la spending review eliminando i costi inutili e garantendo servizi di qualità. Vedremo se, a partire dalle deleghe sui temi degli italiani nel mondo, Matteo Renzi e il nuovo Governo riusciranno a segnare un cambio di passo e a dare il senso di una “politica semplice” anche per gli italiani nel mondo. Marco Fedi