Grazie Presidente.
Il decreto legge che stiamo discutendo oggi intende promuovere l’Italia all’estero sia in termini di internazionalizzazione dei prodotti e servizi delle aziende italiane, in particolare le piccole e medie aziende, sia in termini di attrarre investimenti finanziari e risorse umane nel nostro paese. Vivendo all'estero io sono in una posizione privilegiata per osservare gli effetti degli interventi delle istituzioni italiani per la promozione del nostro paese e le difficoltà incontrate da investitori stranieri in Italia. Il Presidente Letta più volte ha parlato del grande potenziale dell’economia italiana, specie delle tantissime piccole e medie imprese, che tanto hanno da offrire al mondo. In tempi più recenti, il presidente del consiglio Matteo Renzi ha voluto sottolineare la bellissima realtà delle tantissime piccole e medie aziende che con sacrificio e tanta abnegazione producono risultati di successo, in particolare quando rivolti ai mercati stranieri. In questi mesi ho avuto modo di incontrare molti coraggiosi imprenditori che sono riusciti a realizzarsi senza alcun aiuto o assistenza da parte dello stato. Ho trovato un forte senso di protagonismo, una volontà ferrea di cercare il successo, una grande capacità professionale, il coraggio di affrontare rischi, la soddisfazione di essere sopravvissuti ed anzi continuare ad espandersi. Mi ha colpito il fatto che nessuno ha chiesto assistenza finanziaria. Mi hanno fatto notare invece che le difficoltà maggiori che hanno incontrato sono state e continuano ad essere le battaglie contro la burocrazia che rende difficile l'avvio e la gestione delle proprie attività, distraendoli spesso dal ruolo imprenditoriale a cui dovrebbero dedicarsi al 110%. Sinceramente non mi stupisce. L'Italia è l’ottava potenza industriale nel mondo e quarta in Europa. Fa parte del G8 e del G20. Purtroppo quando si tratta di giudicare la facilità di fare impresa, i numeri cambiano. Non più nel club di otto o venti. Secondo il rapporto doing business della world bank, il nostro paese è al 65mo posto su 189 economie. Ci superano paesi come la Bulgaria e la Polonia. E nei singoli criteri va ancora peggio. Rispetto al 2013, abbiamo conseguito risultati negativi, fra gli altri, per l’avvio di un’attività e l’ottenimento di credito. E che dire del sistema fiscale? Purtroppo il nostro paese non riesce ad eccellere nemmeno nella capacità e facilità di riscuotere i tributi dai contribuenti. Siamo al 138mo posto su 189. E’ molto più facile adempiere agli obblighi fiscali in quasi tutti i paesi europei. Solo rispetto a tre criteri abbiamo registrato un miglioramento rispetto al 2013 fra cui la capacità di far valere contratti commerciali. Malgrado il miglioramento siamo ancora al 103mo posto su 189. In altre parole, il messaggio che mandiamo al mondo è che in Italia non esiste certezza del diritto. Le aziende che operano in Italia trovano più difficile che in Bulgaria avviare un’azienda, più difficile della Bulgaria o della Polonia gestire un'azienda e più difficile di Bulgaria, Polonia e Romania far valere un contratto commerciale. Queste constatazioni indicano che non abbiamo fatto nulla? No qualcosa è stata avviata, specie negli ultimi 10 mesi, ma ricordiamoci che siamo competitori in un mondo globalizzato ed anche gli altri fanno altrettanto. Forse in maniera più veloce, efficace ed efficiente del nostro paese. Il decreto che stiamo esaminando oggi va nella direzione giusta. Ma non è abbastanza. Per facilitare i processi di internazionalizzazione, per attrarre investimenti stranieri e risorse umane capaci, dobbiamo fare molto di più. Innanzitutto dobbiamo avviare un processo di semplificazione dell'apparato legale ed amministrativo. Le società straniere che investono in Italia spessissimo si trovano impelagati in procedure lente, complicate e spesso scoraggianti. Oggi l'Italia come nazione è risorsa di se stessa con il suo patrimonio culturale e territoriale. Sono testimone di come molte aziende vogliano investire sul nostro territorio ma di converso sono testimone di come molto spesso la nostra burocrazia spesso farraginosa provochi effetti contrari. Con i tempi per il rilascio delle dovute autorizzazioni con a volte il fatto stesso di non individuare gli uffici preposti a cui chiedere le informazioni. Tutto questo porta a scoraggiare gli investimenti. Due esempi. Una società straniera ha investito decine di milioni di euro in Italia, impiega decine di persone, e per svolgere la propria attività deve ottenere permessi e concessioni da enti locali, regioni e vari uffici istituzionali. Nel 2010, mi è stato detto, sono state introdotte nuove procedure atte a semplificare l’ottenimento dei permessi. Il risultato? Prima del 2010, riuscivano ad ottenere i permessi entro due anni dall’avvio della pratica. Dal 2010 .... Sono quasi quattro anni che aspettano. C’è qualcosa che non va. Il secondo riguarda quanti dall’estero mandano in Italia ogni anno centinaia di migliaia di turisti. A parte i danni che abbiamo introdotto con l’art. 55 del decreto Fare che ha abolito il rimborso IVA per le aziende extracomunitarie, è la difficoltà associata all’ottenimento di rimborsi pregressi che voglio sottolineare qui. In aggiunta agli accertamenti dell’ufficio delle entrate, in genere queste ditte hanno dovuto ricorrere a due livelli di appello presso la commissione tributaria e malgrado due sentenze positive, qualche rimborso è stato effettuato dall’ufficio delle entrate a fronte di fidejussioni bancarie. Appelli e fidejussioni costano tanto. Perché queste ditte dovrebbero incoraggiare i propri clienti a venire in Italia? Il nuovo governo deve affrontare il nodo della semplificazione ed armonizzazione delle procedure, anche da regione a regione come priorità assoluta. Mi conforta l’impegno del presidente del consiglio incaricato e spero che ciò produca un cambiamento di mentalità: l’amministrazione pubblica deve porsi al servizio del cittadino. Questa è l’unica premessa per la semplificazione. Il secondo campo di attenzione ed intervento è l’utilizzo delle risorse umane e finanziarie atte a promuovere il nostro paese nel mondo. Nella relazione che accompagna il decreto destinazione Italia, leggo: Per una diplomazia economica rivolta ad attrarre investimenti esteri. Qui dobbiamo stare molto attenti ed operare un giro di 360 gradi. Oggi proprio su questo argomento ci troviamo ad un gioco che non so neanche definire. Si vuole fare promozione dell’Italia attraverso tutta la nostra rete nel mondo e dall'altro lato chiudiamo questi stessi, addirittura chiudiamo gli istituti di cultura! Tutto questo pensate ci possa dare credibilità agli occhi dei paesi stranieri? E poi chi sono i diplomatici economici dell’Italia? Quelli veri? Molti dei nostri imprenditori, molte delle nostre aziende fanno promozione del sistema Italia autonomamente. Con idee geniali che spesso accomunano cultura e prodotto ed utilizzando le risorse degli italiani all'estero sul territorio. E quando parlo di risorse mi riferisco anche a quanti oramai nel proprio paese di adozione hanno raggiunto i più alti livelli di rappresentanza. Questa mattina ho mandato a tutti i parlamentari un messaggio dell’esperienza recente di un gruppo di viticultori italiani in Australia. Vi invito a trovare qualche minuto per leggerla con attenzione. I viticultori hanno partecipato al festival Rootstock a Sydney riuscendo ad amalgamare perfettamensegue -te quello che è l'internazionalizzazione del prodotto associato alla cultura italiana senza ricevere alcun supporto istituzionale o finanziario dello stato. Hanno utilizzato quelle risorse degli italiani nel mondo che le nostre istituzioni continuano ad ignorare. Gli italiani nel mondo sono i veri rappresentanti della diplomazia commerciale italiana, i veri ambasciatori dell’Italia nel mondo. Oltre che a fornire un esempio vivente del nostro essere italiani e di tutto ciò che l’Italia ha da offrire, gli italiani nel mondo occupano ruoli di rilievo nella finanza, nei vari settori dell’economia, nella politica, nella pubblica amministrazione. Perché non riusciamo a valorizzare questa grande risorsa? La realtà e che manca una visione chiara da parte dei nostri rappresentanti diplomatici, dell’ICE e delle istituzioni che hanno il ruolo di promuovere l’Italia all’estero. Inoltre, a causa della breve residenza nel paese ospitante, i nostri diplomatici di carriera, non riescono ad inserirsi in pieno nel tessuto sociale, a sviluppare un vero legame con la realtà locale, ad identificare tutte le potenzialità locali. Elementi essenziali per un’effettiva promozione del sistema Italia. Il coinvolgimento degli italiani nel mondo, specie di coloro che ricoprono ruoli ed incarichi nei posti decisionali delle società ospitanti, non solo ci rende la vita più semplice ma ci permette di agire in maniera diretta, efficace ed efficiente per promuovere i nostri prodotti e servizi all’estero, specie per le piccole e medie aziende. Chiudo sottolineando che se ognuno farà la sua parte il nostro Paese ce la può fare sfruttando maggiormente le nostre risorse interne ed esterne. Gli italiani nel mondo sono pronti a fare la loro parte. Se l’Italia e quindi il governo, le istituzioni e l’amministrazione pubblica italiana lo vuole. Grazie.