COMUNICATO FIEI -

Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione Nella gravissima emergenza sociale e occupazionale i nodi strutturali da lungo tempo negati stanno venendo definitivamente al pettine; disoccupati, sottoccupati, lavoratori e pensionati con redditi appena sufficienti al proprio sostentamento,

chiedono che il quadro politico che oggi sostiene i l governo del paese sia modificato in modo decisivo e che si cambi direzione nelle politiche del governo. La Fiei - Filef e Istituto Fernando Santi è a fianco dei lavoratori, dei giovani disoccupati e inoccupati che da anni sono costretti di nuovo a lasciare il nostro paese ed è accanto ai migranti che vivono e lavorano in Italia. La storia ed il fine primario delle organizzazioni della FIEI sono stati e sono questi. Nel duro e difficile periodo che sta attraversando il paese, per quel che riguarda gli italiani all’estero è motivo di sconcerto prendere atto di affermazioni e prese di posizione di rappresentanti politici che ripropongono, ad uso e consumo delle agenzie-stampa il mantra del “tutto e subito” rivolto al governo del quale fanno parte ed al quale seguitano a dare il proprio unanime consenso essendo gli stessi, al contempo, con il loro voto favorevole, sostenitori della politica dei tagli che anche in questi giorni, con la legge di stabilità, colpiscono istituzioni pubbliche e private degli italiani all’estero. Possono considerarsi credibili le prese di posizione congiunte di alcuni parlamentari eletti all’estero rispetto al rinnovo accelerato dei Comites e rispetto ai nuovi tagli previsti su scuola e cultura, sui patronati, sulla nuova emigrazione ecc ? Come FIEI, abbiamo sollecitato, come molti altri, al massimo impegno e alla massima partecipazione per il buon esito del rinnovo dei Comites. Si deve riconoscere, a posteriori che gli appelli di per sé, sono serviti a poco se le scelte fatte non raggiungono uno standard minimo di efficacia. Si è voluto forzare i tempi per il rinnovo dei Comites, pur in presenza di allarmi circa le inadeguate modalità ed i ridottissimi tempi con cui si era scelto di andare al voto. Si è voluto non prendere in esame l’allarme sulle gravi conseguenze che ne sarebbero discese per ciò che riguardava la composizione delle liste e ancor di più con riferimento all’entità della partecipazione dei cittadini. Il termine per la valutazione delle liste è scaduto il 29 ottobre. Il quadro che ne viene fuori, pur in mancanza di una comunicazione ufficiale del MAE che tarda ad arrivare, appare chiaro e inequivocabile: nelle circoscrizioni di Perth, Dublino, Atene, Detroit, Chicago, Nizza, Barcellona, Lisbona, Stoccolma, Vienna, Bangkok, Oslo, Praga, Edimburgo, Bucarest, non si svolgerà alcuna elezione per mancanza di liste. In numerose altre circoscrizioni (tra cui Londra, Rio de Janeiro, Belo Horizonte, Madrid, Huston, New York, Toronto, La Paz, Wellington, Dubai, Tel Aviv, Fiume, Città del Messico) sarà presente un’unica lista. Siccome in questo caso, non vi sono competitori, saranno eletti tutti i componenti anche con pochissimi voti (a rigore bastano quelli dei sottoscrittori della lista stessa); quindi non vi sarà neanche bisogno di fare campagna elettorale. Il che crea una situazione davvero imbarazzante quanto alla democraticità di queste consultazioni. Per certi versi, in questi casi, sarebbe risultata più rappresentativa la designazione di membri dei Comites da parte del Console di pertinenza, in quanto lo stesso avrebbe dovuto quantomeno far riferimento al complesso delle organizzazioni più rappresentative presenti nelle singole circoscrizioni, come in passato è avvenuto nelle situazioni in cui alcuni paesi non permettevano il voto, ad esempio in Canada. Nelle altre circoscrizioni, le più grandi, (ma con esclusione delle sopracitate grandi capitali come Londra, New York, Rio de Janeiro, Madrid, Città del Messico), sono presenti più liste. Molte di queste, contrariamente allo spirito istitutivo della legge e a quanto assicurato dai responsabili di partito, risultano invece essere emanazione diretta di partiti (in particolare PD in Europa e altri paesi e MAIE in America Latina) che ne hanno dato informazione ufficiale con comunicati stampa di partito. Dall’interno dei partiti politici, di fronte a questo dato desolante, sono venute fuori dichiarazioni di soddisfazione per il successo dell’operazione . Paradossale l’implicito invito a metterci una pietra sopra, l’ammonimento a lasciare perdere, a smetterla con le più che legittime critiche sollevate da più parti, che si è letto in un comunicato del 17 ottobre a firma di alcuni parlamentari del PD perentoriamente intenzionati a fare proprio il detto “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato,scordiamoci il passato”, andiamo avanti. Ora basta : “iscrivetevi e andate a votare”. Appunto, iscrivetevi e andate a votare: ad oggi manca un quadro compiuto di quanti si siano iscritti al voto; mancano 20 giorni alla chiusura delle iscrizioni e da quello che trapela da qualche consolato, gli iscritti risultano essere davvero pochi. Nell’ordine di qualche centinaio nelle maggiori circoscrizioni. Si può legittimamente sostenere che si sta andando verso un successo oppure, più verosimilmente che si è in presenza di un flop annunziato che si è deciso di non evitare? Quali sono i motivi di tanto “cupio dissolvi”? Il sen Claudio Micheloni, che è anche il presidente del Comitato per le Questioni degli Italiani all’estero del Senato, ha emanato ieri l’ennesimo durissimo comunicato che segue altri comunicati critici sottoscritti nelle scorse settimane anche dagli altri senatori dell’estero. Come FIEI ci siamo tirati fuori dagli scontri interni al PD. Non ci appartengono , non sono il terreno vocato sul quale l’associazionismo debba intervenire. Come sempre, come FIEI, stiamo al merito delle questioni: negli anni passati abbiamo avuto modo di criticare apertamente le posizioni sostenute dal sen. Micheloni in tema di riforma di Comites e Cgie. Oggi le sue valutazioni sui gravi errori politici connessi con il rinnovo dei Comites sono largamente condivisibili. Sono molti quelli che hanno criticato la scelta del governo. Le critiche sono un indicatore eloquente dello scollamento forte, della diversissima sensibilità manifestata tra chi sta in Parlamento e chi sta nei territori; numerose organizzazioni grandi e piccole, numerosi presidenti di Comites, esponenti del mondo associativo avevano da tempo denunciato i rischi cui si andava incontro. I sostenitori del rinnovo attuale sottolineano che i Comites erano scaduto da 5 anni e che tutti (CGIE incluso) lo avrebbero chiesto a gran voce. In verità anche l’ultima assemblea del Cgie aveva manifestato nella discussione non pochi dubbi sulle modalità, non chiare, con cui si intendeva procedere; se il comitato di presidenza del Cgie ha accettato la proposta del Governo, alcune settimane dopo lo svolgimento dell’ultima plenaria, bisogna fare i dovuti distinguo. In realtà, sulle modalità del voto, non vi è stata, in questo organismo, una discussione vera e allargata, come molti suoi membri hanno affermato. Anzi, nell’ultima plenaria, a larghissima maggioranza, era stato approvato un ordine del giorno che richiedeva lo svolgimento della seconda assemblea 2014 per monitorare l’andamento della preparazione del voto. Intanto se prima pioveva ora grandina. Un altro comunicato è apparso ieri in riferimento a quanto ricompreso nella Legge di Stabilità per ciò che concerne gli italiani all’estero, a firma dei deputati del PD, Farina, Fedi, Garavini, La Marca e Porta,. In esso si richiamano le incongruenze e i nuovi tagli previsti: una riduzione ulteriore, del 22%, su ciò che resta della dotazione per i corsi di lingua e cultura italiana, già tagliata di circa il 75%, nei 6 anni precedenti. Decurtazioni di oltre il 50% per le politiche dell’internazionalizzazione del made in Italy (essenzialmente contributi alle Camere di commercio) e un taglio con l’accetta al fondo per i patronati che nel complesso (Italia ed estero), registrerebbe una riduzione di 150 milioni di Euro. Ora, il costo attuale delle diverse centinaia di uffici ed operatori dei patronati all’estero dovrebbe aggirarsi mediamente intorno tra i 15-20 milioni annui. E’ ovvio che l’estero subirebbe da questo taglio gli effetti più gravi, probabilmente la totale chiusura. Nel comunicato sopracitato, in diversi passaggi condivisibile, si afferma “La riduzione del fondo va dunque contenuta in limiti fisiologici e accettabili per non determinare danni irreversibili”. Ma anche se il taglio fosse, ad esempio, di 75 milioni (la metà di quanto previsto), gli effetti per la parte estera dei servizi di patronato sarebbero comunque esiziali. E questo non dovrebbero ignorarlo persone che nella loro vita anteriore alla loro elezione in parlamento hanno operato proprio in queste organizzazioni dei lavoratori. D’altra parte, nell’esordio del comunicato si afferma che “La linea di marcia del Governo, quella di recuperare risorse da destinare agli investimenti dalla spesa ordinaria dello Stato e di Regioni ed enti locali, è comprensibile e sostanzialmente giusta.” Ma se è comprensibile e giusta, c’è da chiedersi, per quale oscuro motivo il governo dovrebbe retrocedere proprio e solo dai tagli annunciati per le politiche degli italiani all’estero? (che notoriamente non godono da anni di particolare attenzione ? E ancora di più, per varie congiunture, proprio da quando abbiamo eletto la rappresentanza dell’estero). In realtà si è già arrivati a raschiare il fondo del barile e sarà difficile contrabbandare come mirabolanti conquiste qualche piccola riduzione degli ennesimi tagli lineari. In questi anni nel nostro ambito si è assistito alla più massiccia riduzione di spesa comparata con altri settori e si è trattato sempre di una riduzione di spesa che ha riguardato pezzi di welfare, diritti, gli investimenti nella risorsa emigrazione, mentre si è tagliato pochissimo della spesa burocratica, quella strutturale che anzi, in rapporto agli investimenti risulta forse maggiore di prima; si è iniziato con i tagli ai miseri contributi alle associazioni, poi alla lingua e cultura, è stata cancellata la formazione professionale, già ridotti in modo consistente i fondi per i patronati con le manovre di Monti, e si continua a ridurre. Paradossale, inoltre, che a distanza di una settimana dallo svolgimento a Firenze degli Stati Generali della Lingua Italiana, si riduca ulteriormente il capitolo di spesa riferito alla stessa. Si fa un gran parlare del sostegno all’export e della penetrazione commerciale del made in Italy, ma si dimezza il contributo alle Camere di commercio; si parla di innovazione e di ammodernamento del paese mentre, ogni anno, si lasciano emigrare centinaia di migliaia di giovani laureati. Il tentativo da tempo usato di arrampicarsi sugli specchi, sostenendo le politiche di austerità dei diversi governi che si sono succeduti dopo la caduta di Berlusconi, e al contempo, di salvarsi la coscienza con comunicati critici per i tagli operati nel settore degli italiani all’estero, non è più credibile; esso denota sì, un atteggiamento corporativo e demagogico. Si tratta di un equilibrismo inopportuno e non più sostenibile. Quando non si vede alcuna luce in fondo al tunnel è un esercizio letterario riconoscere maggiore sensibilità al sottosegretario Mario Giro rispetto ai suoi predecessori per poter poi affermare che si stia cambiando verso o che “usciamo a riveder le stelle”, come affermato da Eugenio Marino in un editoriale pubblicato sul bollettino del PD Estero. Non v’è chi non veda, invece, come si sia in fondo ad una crisi profonda che va avanti da anni e che non si supera con slogan e battute. Quello di cui c’è bisogno è l’apertura di una discussione reale con la messa in campo di tutti gli elementi critici ed autocritici necessari. La presunzione di volersi intestare, come partiti politici, tutta la rappresentanza degli italiani all’estero, la scelta dell’autoreferenzialità, hanno già dato i frutti che sono sotto gli occhi di tutti. Le scelte fatte in tema di rinnovo dei Comites rappresentano solo il più prossimo degli indicatori di una situazione che non regge più. Segreteria FIEI Roma, 31 ottobre 2014