TUNISI - "Tempi di elezioni in Tunisia: elezioni legislative, elezioni presidenziali e per la collettività italiana elezioni del Com.It.Es. (Comitato degli italiani residenti all’estero)". Ed è da qui che parte l'editoriale dell'ultimo numero de Il Corriere di Tunisi, mensile diretto da Silvia Finzi di là del Mediterraneo. "Il risultato delle legislative del 26 ottobre vede premiato il partito Nida’a Tunis (Appello per la Tunisia) con 85 seggi, seguito dal partito En-Nahdha (Rinascita) con 69 seggi, un nuovo partito di un miliardario tunisino ancora sconosciuto pochi mesi fa l’UPL (Unione Patriottica Libera) con 16 seggi, il Fronte Popolare con 15 seggi, Afek Tounes con 8 seggi, ed infine 24 seggi spartiti in una miriade di piccoli partiti. Il voto utile sostenuto dal partito Nida’a Tunis, diretto da Beji Caid Essebsi ha quindi operato positivamente contro una troppo grande dispersione dei voti che invece aveva caratterizzato le scorse elezioni anche se a subirne le conseguenze sono state alcune formazioni politiche come El Massar, presentatosi sotto la bandiera dell’UPT (Unione per la Tunisia) che non è riuscito ad ottenere neanche un seggio. Nida’a Tunis nasce intorno alla metà del 2012, lanciato dal suo leader Beji Caid Essebsi, che aveva occupato il posto di Primo Ministro nel secondo governo transitorio post-rivoluzionario (Febbraio – Dicembre 2011), dopo il primo brevissimo premierato di Mohamed Ghannouchi. Il suo programma politico si pone come continuazione dell’operato di Habib Bourguiba, sulla strada della modernizzazione della società tunisina, nel rispetto della sua identità musulmana. Punto qualificante del suo programma è la realizzazione di un processo di pacificazione nazionale, per definire le responsabilità del passato regime e definire chi possa partecipare alla vita politica. Tale posizione ha esposto Nida’a Tunis alla critica di essere un rifugio di ex-RCD (il partito di Ben Ali, evoluzione post 7 Novembre 1987 del Neo-Destur bourghibiano), accusa che sembrerebbe in parte sostenuta dalla presenza nel partito di membri di secondo piano del passato regime. In realtà, se da un lato l’accusa che viene rivolta è in parte vera, dall’altro è da notare che il partito è stato fondato da personalità del mondo dell’imprenditoria, da sindacalisti, da uomini di sinistra e da indipendenti che avevano già fatto parte del Governo Essebsi. Nel comitato fondatore sono presenti l’attuale Segretario Generale Taïeb Baccouche, personalità di sinistra e ex-segretario generale del sindacato più importante di Tunisia (UGTT-Union générale tunisienne du travail) già Ministro nel 2011, come Lazhar Akremi (portavoce di Nidaa Tunis), Slim Chaker (discendente da una nota famiglia di Destouriani) e Lazhar Karoui Chebbi. Da segnalare inoltre la presenza di Boujemâa Remili, ex militante del Partito Comunista Tunisino (divenuto poi Et-Tajdid) e vice segretario del partito Voie démocratique et sociale che è confluito in Nidaa Tunis e di Mohsen Marzouk, militante di sinistra e della Lega dei Diritti Umani. L’analisi del risultato deve tenere conto di una serie di fattori. La Rivoluzione del 2011 è stata la diretta conseguenza del malcontento covato per decenni da parte delle popolazioni dell’interno e che ha trovato espressione nelle manifestazioni spontanee scoppiate nelle città della costa e che, nel giro di una settimana hanno portato alla caduta di Ben Ali. La classe politica che ha colto i frutti della rivoluzione ha in gran parte disatteso le aspettative della popolazione. In particolare, En-Nahdha è sembrata più concentrata nello sforzo di riesumare l’identità islamica del paese, messa in secondo piano da trent’anni di Bourghibismo (En-Nahdha è nato come movimento di lotta armata affiliato ai Fratelli Musulmani egiziani contro Bourghiba, messa fuori legge dopo gli attentati in alcuni hotel agli inizi degli anni Ottanta), senza proporre soluzioni adeguate ai problemi di sviluppo dell’interno del Paese ed alla mancanza di prospettive per i più giovani. La media borghesia cittadina non sembra avere superato il trauma della Rivoluzione. Malgrado abbia partecipato in massa ai moti, la disillusione che ne è seguita è stata cocente. Tutti i fattori che seguono hanno influito nell’orientamento dell’elettorato cittadino e borghese verso Nida’a Tounes: la crisi economica e la riduzione del potere d’acquisto, l’insicurezza per l’aumento della microcriminalità, il generalizzarsi del fenomeno del terrorismo interno (numerosi attacchi e vittime nelle forze dell’ordine a Jebel Chaambi/Kasserine, Goubellat – cellule terroristiche neutralizzate nei sobborghi di Tunisi – l’ultimo pochi giorni fa a Oued Ellil, che ha fatto 7 morti), il tentativo soft d’imporre un modello di vita in contrasto con quello post-rivoluzionario (es. il ruolo delle donne), la spinta verso l’arabizzazione/islamizzazione della scuola e dell’università, la presenza – tollerata - di imam fondamentalisti nelle moschee e il reclutamento di giovani da parte di sedicenti organizzazioni caritative per partecipare al jihad in Siria. Da parte sua, En-Nahdha non è risultata credibile nei suoi tentativi di smarcarsi da posizioni islamiste estremistiche. Già dalle prime settimane dopo il suo incarico, l’allora premier nahdhaoui Jebali, aveva – durante un comizio ad Hammamet – annunciato i suoi sforzi per la creazione del quinto Califfato, suscitando vibranti reazioni da parte di quasi tutta la società civile tunisina. In effetti, sembra che la tendenza ad affermare posizioni moderate in pubblico e di fronte ad interlocutori stranieri,venga smentita da dichiarazioni di tutt’altra natura nel momento in cui l’uditorio è di più stretta osservanza nahdaoui (su modello della Lega Nord in Italia). Inoltre, il fatto che il leader carismatico del movimento Rached Ghannouchi non abbia mai rinnegato i suoi trascorsi estremisti e che consideri i salafiti come suoi “figli”, non contribuisce certo a accreditarlo come un moderato. Dalle passate elezioni, predicatori fondamentalisti si sono susseguiti in Tunisia accolti come eminenti personalità dal partito Ennadha e ricordiamo in particolare modo un predicatore che affermava che l’infibulazione era un’operazione estetica a vantaggio delle donne. L’accesso al potere di Ennadha ha significato anche per molti intellettuali la minaccia alle libertà accademiche. La crisi della Facoltà della Manuba e l’occupazione violenta dei salafiti dell’Università sostenuta dal partito per mettere in crisi i fondamenti laici di questa istituzione ne sono uno degli esempi più significativi. Il tentativo di marginalizzare gli intellettuali, di confinare le donne in un ruolo, di estremizzare i giovani sostituendo la rivendicazione sociale alla rivendicazione politico-identitaria specie nei quartieri meno abbienti, l’aver incoraggiato le LPR (Leghe per la Protezione della Rivoluzione) ricevute al Palazzo presidenziale di Cartagine dal Presidente Marzouki responsabili di tutti gli atti di violenza e vandalismo contro artisti, intellettuali, giornalisti e politici di sinistra ecc. sono il segno inequivocabile di un partito che si presenta moderato nel mondo occidentale ma che di fatto non viene percepito in questo modo da una parte maggioritaria dell’elettorato tunisino. Da un punto di vista economico, la sua scelta ultra liberale aveva rassicurato le democrazie occidentali che di fatto hanno accettato e costruito artificialmente il concetto di islamismo moderato. Ma che cosa significa un islamismo moderato? Ci sono dei musulmani moderati che aderiscono o meno ad un credo politico senza rinnegare la loro appartenenza culturale o personale ma non esiste un pensiero moderato quando questo è l’espressione autocratica di un’identità che si impone come modello di costruzione politico-identitaria. Il vero problema che oggi i tunisini si sono posti è: quale tipo di società vogliamo che s’instauri in Tunisia? Una società democratica, basata sui diritti universali o una società teocratica basata sull’appartenenza religiosa? Le elezioni presidenziali confermeranno i risultati delle legislative? Se sì, confermeranno la volontà del popolo di operare nel segno del cambiamento mentre se verrà eletto un presidente sostenuto dagli islamisti la Tunisia sarà difficilmente governabile. I nostri specifici problemi: anche la collettività italiana si accinge a votare i suoi rappresentanti. Complesse sono le modalità di voto poichè per poter esercitare questo diritto occorre iscriversi riempiendo il modulo che troverete pubblicato nel giornale al quale dovete allegare una fotocopia di un documento valido (non la vostra carta di soggiorno) e consegnarli a mano, per fax o per via telematica cliccando sul sito dell’ambasciata d’Italia Tunisi dove troverete tutte le informazioni in merito. Vota quindi solo chi ha consegnato all’ambasciata d’Italia modulo compilato e fotocopia di un documento. Invito quindi tutti i nostri lettori ad iscriversi per poter votare ed esercitare questo loro diritto fondamentale. Chi si sarà iscritto - ed il limite massimo per l’iscrizione è il 19 novembre - riceverà a casa la busta per votare a fine novembre, inizio dicembre. In questa busta saranno indicate le liste che si presentano alle elezioni. Si può scegliere una lista sola e della lista scelta si possono scegliere 4 nomi indicati con una crocetta. Nella busta troverete una seconda busta già affrancata nella quale metterete la lista da voi scelta con le vostre preferenze e semplicemente la spedirete per posta. Attenzione, fatelo rapidamente poichè il vostro voto deve arrivare in Ambasciata al massimo il 19 dicembre e sappiamo che con i disguidi postali spesso si rischia di ricevere le lettere oltre il limite consentito dalla legge. Inizialmente si erano presentate per concorrere al Com.It.Es. tre liste ma solo due hanno potuto ottenere il numero necessario di sottoscrittori necessario per presentarsi alle elezioni, la lista “Democratici Italiani in Tunisia” e la lista “Italiani Sempre”. Partecipate poichè la vostra partecipazione garantisce l’espressione democratica della collettività! Il giornale è aperto alle due liste se volessero presentarsi ovviamente. Auguro ai candidati delle due liste, che esprimono diverse sensibilità della collettività di ottenere consensi e al dilà delle loro rispettive campagne elettorali che li vede, com’è normale che sia, antagonisti, di poter operare un domani insieme per la collettività tutta!". (aise di Silvia Finzi )