ZURIGO - Da quando è stata diffusa la notizia delle facilitazioni delle quali godranno, da quest’anno, i pensionati italiani emigrati iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) per l’IMU, la TASI e la TARI sulla loro abitazione in Italia, in moltissimi hanno contattato i vari circoli della UIM e le sedi del patronato ITAL UIL per saperne di più in merito. Ma, soprattutto, per essere informati degli adempimenti necessari per farsi riconoscere dall’Ufficio Tributi competente il requisito di “pensionato” previsto dall’articolo 9/bis del Decreto Legge 28 marzo, n. 47. Purtroppo la citata normativa non specifica niente a tale proposito e siamo tutti in attesa di conoscere quale sarà la documentazione che verrà richiesta dagli Uffici Tributi dei Comuni italiani. Proprio in conseguenza di questa lacuna bene ha fatto il presidente nazionale della UIM, Mario Castellengo, ad intervenire presso la Direzione Generale degli Italiani all’Estero del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Italiana (MAECI) ed al presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) per avere chiarimenti in merito. Anche perché sembra che alcuni Comuni, già interpellati da qualche emigrato, siano addirittura ancora all’oscuro di questa legge del parlamento italiano. Da quanto ci risulta, una reazione da parte della DGIEPM del MAECI c’è già stata poiché la stessa, evidentemente preoccupata per la funzionalità della rete consolare, ha immediatamente girato il quesito posto dal presidente della UIM all’Agenzia delle Entrate affinché dia le indispensabili direttive sia allo stesso MAECI - la cui rete consolare italiana si troverà sicuramente coinvolta anche in questa tipologia di problema (fiscale) da parte di quei pensionati emigrati italiani proprietari di una abitazione in Italia - nonché, ovviamente, agli oltre ottomila comuni italiani che dovranno accettare la documentazione prodotta dagli interessati a dimostrazione del requisito di “pensionato” per usufruire delle facilitazioni fiscali sulla casa. Da parte del sottoscritto sorge spontanea la domanda se non fosse stato più semplice che il legislatore, invece di indicare come beneficiari di queste facilitazioni i “pensionati”, avesse fissato una determinata età anagrafica (per esempio 65 anni) e limitato la probabile richiesta di un’attestazione ad hoc solo per i titolari di una pensione di invalidità o per superstiti. Ma, appunto, sarebbe stato più semplice e questa è da sempre una parola sconosciuta alla burocrazia, sicuramente a quella italiana! (dino nardi*\aise) * coordinatore UIM Europa e membro Cgie