Chi chiama i cittadini alle urne, invitandoli ad esprimersi su temi importanti, deve anche mettere i cittadini nelle condizioni di esercitare il proprio diritto-dovere al voto con il minimo sforzo possibile, facilitandone la partecipazione, che sia partecipazione consapevole. Deve preoccuparsi di quanto i cittadini siano informati sul tema della consultazione.
Ogni momento elettorale è un’occasione di importanza strepitosa, che va celebrato nella massima correttezza, sia formale che sostanziale, ma anche nella massima buona fede. La colpa della politica oggi è di avere più o meno direttamente, attraverso vizi di forma o leggerezze nella sostanza, troppo spesso, sancito lo scarso valore del voto, delegittimando la volontà e l’opinione popolare. Il Referendum abrogativo di tre articoli della legge elettorale attualmente vigente, meglio conosciuta come “Porcellum†, suscita al momento aspre polemiche ma è al contempo largamente sconosciuto nei suoi contenuti. Al cittadino verrà chiesto se desidera che vengano abrogati 3 articoli della legge, i primi due sul merito del premio di maggioranza, il terzo sulla della possibilità dei candidati di presentarsi con le liste di più circoscrizioni elettorali. L’abrogazione dei primi due articoli, in particolare, sortirebbe l’effetto di inasprire ulteriormente il sistema bipartitico, attribuendo la maggioranza assoluta al partito, e non più alla coalizione, che ha ottenuto una qualunque maggioranza relativa, anche con il 20% dei voti. Non ci sarebbe più bisogno alcuno di creare coalizioni né una dialettica tra i partiti. Nessuna mediazione sarebbe più ipotizzabile. Uno scenario assurdo, voluto da qualcuno per sfrangiare i partiti minori, ma dalla maggior parte dei sostenitori del referendum, proprio per sollecitare una nuova legge elettorale che nascesse dal lavoro del legislatore. A conti fatti, se il Referendum riuscisse ad abrogare i tre articoli ci ritroveremmo con una legge elettorale confusa e addirittura meno democratica di quella attualmente vigente. Avremmo garantito governabilità , sì, ma al prezzo del dialogo, del confronto, della democrazia stessa. Non solo i piccoli partiti scomparirebbero dalla geografia parlamentare, come già accaduto l'anno scorso, ma anche i partiti maggiori che non raggiungeranno la maggiornaza relativa. Per 5 anni saremmo governati da un unico partito che potrà fare esattamente quello che deisdera. Una situazione pericolosissima. In questa ottica solo un rinvio del Referendum al 2010 avrebbe senso: il senso di dare ancora un’opportunità alle Camere di tentare una legiferazione condivisa; il senso di dare la possibilità ai cittadini di esprimersi senza dovere andare a votare necessariamente due volte in un mese (anche in caso di non necessità di ballottaggi), o addirittura per tre domeniche di fila nella peggiore delle ipotesi, quella più cara alla Lega. Solo il rinvio, oggi, è un’alternativa democraticamente accettabile, ed un’alternativa che fra l'altro permetterebbe ancora di non bruciare in poche ore centinaia di milioni di euro di cui l’Italia oggi ha bisogno per sopperire a gravi necessità quali le misure anticrisi e la ricostruzione in Abruzzo. E’ indecente come ci si ostini ad appellarsi al buon cuore degli Italiani, chiedendo che versino ciò che le proprie possibilità permettono, quando cifre enormi(400 milioni di €) già versate dei contribuenti vengono sprecate indegnamente, per scopi lungi dal bene comune. Anche gli Italiani nel Mondo saranno chiamati ad esprimersi in occasione di questo Referendum. Ci si chiede come si pensa di informare questa parte importante quanto disomogenea della popolazione italiana che in termini elettorali pesa come una delle più popolose regioni Italiane ma che risiede in un’area geografica ampia come il mondo intero. Ci si chiede come si pensa di rendere la loro partecipazione al voto possibile ed efficace senza incorrere nei gravi errori ai quali siamo oramai abituati. La fretta non è mai stata amica della Democrazia. I cittadini hanno bisogno di tempo per conoscere, riflettere, esercitare i propri diritti di cittadinanza. Le Istituzioni e la politica sono per il cittadino, non il cittadino per Istituzioni e politica! Chi formalmente rispetta le regole della democrazia ma nei fatti allontana i cittadini dalle Istituzioni o ne rende difficoltosa la partecipazione, commette un gravissimo atto contro la nostra Repubblica Italiana e contro ciascuno di noi. (Daniela Di Benedetto)