quello chiamato americano, quello che pensa al benessere di una porzione di umanità non importa a quale prezzo, possa cambiare cosi, magicamente, d’accordo al colore, quello della pelle, o quello politico , del suo presidente. Io mi mantengo con la calma di sempre, ma dietro la mia calma c’è in questa occasione, anche la freddezza che mi dà il non aver basato nessuna illusione su questa elezione. Ero una ragazzina quando a Mendoza un pomeriggio di sole, non ricordo la data, ma di sicuro prossima a questi giorni, sonò lungamente la sirena del Giornale Los Andes che per tradizione in quei tempi lontani suonava quando accadeva qualche grande disgrazia. Studiavamo la lezione del giorno seguente ( e parlavamo di ragazzi, di chè altro?) con una compagna di scuola al mio studio, una piccola stanza che si trovava al primo piano quasi un fazzoletto, e che mi piaceva chiamare così, autorizzata da mio padre che l’aveva destinata unicamente a me per lavorare e studiare e anche per fare arrabbiare (io, non mio padre) a mia sorella dalla quale volevo come al solito tra sorelle, risparmiare tutto quello che scrivevo e che leggevo che a lei incuriosiva tanto essendo la più piccola. Mia mamma ci chiamò e ci disse ch’era morto John Kennedy¡ Siamo giuste, era per noi un giovanotto attraente e fu la prima cosa che ci colpì della sua morte. Avevamo 16 anni....Ma leggevamo molto su Cuba, sul Chè Guevara, avevamo sentito leggere le sue poesie al poeta nero Nicolà s Guillèn, stavamo leggendo di nascosto tutti i libri di filosofia marxista , socialista, trostkista, che ci cadevano tra le mani. Perciò, ci cilludavamo che quell’uomo doveva iniziare una era di rapporti maturi e solidali con l’America Latina. Non fu così. Dopo, sempre curiosa della politica mondiale, ho letto tante versioni della sua morte che ancora non finisco di capire, troppi punti scuri ne rimangono. Ma sono convinta che non avrebbe cambiato quasi nulla. Infatti, non cambiò nulla. Il sistema americano, quello del sogno dorato, che oggi include anche i negri, e scusate, ma non come lo pensava Martin Luther King, non lasciò e non è disposto a lasciare posto all’America Latina per una vita migliore. Speriamo che al meno sia meno crudele, più intelligente, che abbia la chiarezza che ci vuole di fronte a paesi rispettati come tali. Ma credo che i cambi,quelli profondi, vengono dalla mentalità della popolazione di un paese. Gli Stati Uniti sono popolati da persone, anche i latinoamericani, che quando ci arrivano, entrano nel sistema stabilito e lo accettano com’è, egocentrico e niente solidale Mi viene questo alla mente quando leggo che il 3 novembre l’onorevole Bucchino è riuscito a fare che il governo,il nostro, nel chiedere 10 anni di soggiorno in Italia per ottenere una pensione di vecchiaia, non specifichi se questi 10 anni sono prossimi o lontani. Amici miei, ormai siamo arrivati al tempo che gli emigrati nati in Italia, e vivi, siamo quelli nati dopo la guerra, cioè, abbiamo tutti più di 60 anni, e quasi tutti, siamo stati strappati dei nostri paesi e della nostra realtà , a tenerissima età (certamente da genitori che non avevamo il tempo di pensare alle conseguenze, dovevano cercarsi il pane e la pace). Quanti tra noi avranno 10 anni di soggiorno in Italia? Queste sono misure che si prendono per contentare le coscienze, ma di solidali e di amore al prossimo, nemmeno a quello più vicino, il Governo del Cavaliere non ne sa. Speriamo non entrare noi nel “Sogno italianoâ€, un sistema d’indifferenza e di “salviamoci noiâ€, nel quale si potrebbe dimenticare la via d’uscita. Antonina Cascio.