Secondo l'arabista Lorenzo Lantieri, l'etimologia più probabile è quella araba che dalle parole Quaryat (villaggio) e Habibi (del mio amato) fa discendere il nome "Caropipi". Tuttavia le prime notizie documentate su Valguarnera Caropepe risalgono al 1246, quando sull'attuale promontorio sorgeva l'allora feudo di Caropipi, di cui era unico feudatario tale Lamberto di Carupipi. Successivamente il feudo passò a vari proprietari: Ludovico di Pamplona; Pietro Mirone Agorizio; Muchio de Affermo e, nel 1398, i fratelli Vitale e Tommaso Valguarnera. Fu proprio sotto i Valguarnera che il feudo crebbe tanto da ottenere nel 1549, su concessione di Carlo V, la licenza aedificandi e il conte Giovanni Valguarnera di Assoro poté trasformare finalmente il borgo in cittadina, dandole il proprio nome. Nel XII secolo Valguarnera raddoppiò il numero dei propri abitanti, con famiglie provenienti da ogni angolo della Sicilia e non solo. Il popolamento fu favorito dalle tante possibilità di sfruttamento delle terre agricole e dalla presenza delle zolfare. Nella seconda metà del XIX secolo Valguarnera passò da 5.000 a quasi 15.000 abitanti grazie all'avanzare delle tecnologie di estrazione dello zolfo e alla produzione dei cotti. Ancora una volta Valguarnera conobbe una grande crescita demografica, con famiglie che vi si trasferivano di continuo, allettate dalla sempre maggiore richiesta di manodopera nella vicinissima miniera di Floristella e nelle fabbriche di mattoni di Grottacalda.
MONUMENTI
 Di una Valguarnera mesolitica si ha certezza grazie alla presenza, in Contrada Vitale, di un monolito databile intorno secolo VIII a.C., ritenuto unico nel suo genere in Sicilia. Tutto il circondario del paese era costellato da villaggi preistorici e di sepolture funerarie; lo testimoniano i ritrovamenti di selci e quarzi lavorati; nonché cocci di ceramica (ad esempio il villaggio di Contrada Mà rcato) facente parte di un complesso abitativo con annessa necropoli a grotticella, simile a quelle più famose di Pantalica, Pietraperzia e Calascibetta. L'ingrottamento adibito al culto, lo si può riscontrare anche nella parte ovest del paese, in un piccolo costone roccioso che i cittadini di Valguarnera chiamano "Grutt 'r' Ballasar" (Grotte di Baldassarre), per via della dominazione Araba; tuttavia queste tre grotte possono considerarsi ben più antiche, probabilmente di origine rupestre. Lo storico locale, monsignor Giacomo Magno, immortalò nelle sue "Memorie Storiche di Valguarnera", la descrizione di una struttura piramidale della tarda età del bronzo che giaceva nei pressi delle suddette grotte. Da qui, sempre sul versante ovest del paese, la costante incuria dell'uomo ha del tutto cancellato dalla storia archeologica un vasto numero di tombe di tipo castellucciano e quindi le prove di una presenza certa di riti funebri come la cremazione. Ma fu sotto i greci che Valguarnera Caropepe assunse un ruolo importante sia sul piano militare che logistico. Dalla parte est dell'abitato si idealizzava un percorso stradale con massiccia fortificazione che correva fin sulla parte sommitale del paese, controllando le strade sottostanti, con alcune torri di avvistamento. L'opera deleterea dell'uomo ha sconvolto anche questa importante testimonianza, tant'è che gli ultimi tratti murari ancora visibili sono stati inglobati nelle Chiese di Sant'Antonio e di Sant'Anna, che oggi fungono da campanili. Due delle torri esistenti, sono state inglobate; una è ora l'abside della Chiesa dedicata a San Francesco, l'altra è invece un'abitazione privata. La stessa Chiesa di San Francesco, è certo, è stata costruita su un santuario probabilmente dedicato alla dea Demetra. Alla pari di Enna, anche Valguarnera può vantare un importantissimo culto delle divinità delle sorgenti; così se il capoluogo ha nella leggenda il Ratto di Proserpina, il paese di Caropepe vanta tracce certe del culto di Ade riconducibili ai secoli V e VI a.C., così ancora parzialmente visibile in contrada Sottoconvento, nei pressi dell'attuale cimitero. In questa zona è vasta la presenza antica dell'uomo, sia in età preistorica che in quella greco-romana. Ivi ecco un'edicola votiva del V secolo a.C. e alcune colonne doriche dello stesso periodo. Altra edicola, adesso scomparsa, un tempo sorgeva nei pressi della contrada che oggi ai più è conoscita come "Morsiata". Grande rilevanza, come per Valguarnera, ha il sito archeologico presso il Monte Rossomanno, con una vasta necropoli e le fondazioni di un paese greco. Qui giunse lo storico Giacomo Magno che volle invitare gli archeologi impegnati presso gli scavi di Morgantina senza che questi venissero. Così l'opera di tombaroli ha depredato forse uno dei più grandi patrimoni storici del centro Sicilia. L'acropoli di Rossomanno venne individuata dallo storico Cluverio che nel 1629 la citò come l'antica e perduta Magella (Makella), distrutta nel II secolo a.C. insieme a Morgantina. È parzialmente visibile, all'occhio più esperto, un teatro greco che delimita i confini tra la necropoli e la stessa acropoli. Il sito di Rossomanno è di certo uno dei più interessanti della Sicilia Centrale, essendovi custodite arti e pratiche uniche nel loro genere in tutta la penisola italica. È il caso delle tombe a teschi del IV secolo a.C., riposte in file ben ordinate, che con molta probabilità sono il risultato della sanguinosa battaglia dell 395-396 a.C. sulle aspre sponde del Chrysas (Fiume Dittaino). Quanto al periodo medioevale, si può affermare con assoluta certezza, che Rossomanno vantava un controllo territoriale e politico sui feudi di Caropepe, Pietratagliata e i territori di Cafèci, Monterascate e Grottacalda. Così sia Rossomanno che Caropepe assunsero un importante ruolo nella difesa dei territori e nelle vie mercantili dell'ennese. Ma il primo non conobbe mai l'epoca moderna, poiché distrutta definitivamente nel 1377 a seguito della ribellione di Scaloro degli Uberti durante i Vespri Siciliani, che morirà poi ad Assoro. Con le fortificazioni e le abitazioni, non venne però distrutto il Castello che subì la messa a terra soltanto nel 1392 con l'azione militare di Re Martino d'Aragona. Fu invece risparmiato il Convento (U Cumm'n'tazz), costruito su fondazioni di origine greca, probabilmente databili intorno al VII secolo a.C., che adesso giace però in rovina. Tornando all'immediato nucleo abitativo di Valguarnera Caropepe, si può affermare che l'opera distruttiva dell'uomo ha celato per secoli la propria origine arcaica, occultandone in grande misura le testimonianze. È il caso del Castello dei Principi di Valguarnera, adeguato su una struttura certamente di origine greca, che fu però raso al suolo su ordine del sindaco Enzo Sicilia, per far spazio a una scuola elementare. Sotto di esso passavano dei veri e propri tunnel che collegavano in modo alternativo alcuni punti nevralgici del sistema difensivo. Accanto ad esso sorgeva e ancora sorge, l'ex carcere mandamentale (1881), che un tempo ospitò anche i riottosi dei motti del 1893. Funzionò fino al secolo XIX, finché non fu abbandonato e poi ripreso grazie all'intesa tra Comune, Regione e Beni Culturali che lo hanno trasformato in Antiquarium (inaugurato ufficialmente il 19 gennaio 2008). Pur depredando e riutilizzando edifici di elevato interesse storico-archeologico, sono comunque apprezzati i tantissimi santuari di epoca cristiana, sorti o riadattati sulle fondazioni di edicole votive greco-romane. Secondo uno studio di alcuni storici; Pierluigi Bonanno, Carlo, Liborio e Paolo Totò Bellone, anche l'attuale Palazzo Comunale sorgerebbe su un sito di grande rilevanza; ipotizzando in modo alquanto convincente, il riutilizzo di una delle porte dell'antica Caropepe, come ingresso agli Uffici comunali. La parte storica del paesetto può vantare tanti esempi di architettura neoclassica, barocca e liberty; come la piazza comunemente detta "L'arco di Litteri", dove le forme dell'art nouveau si adeguano a un arco di tipo semplice ma suggestivo. Di fronte a esso, sul muro di un'abitazione privata, nel 1861 la cittadinanza pose un grande piastrellato di Caltagirone raffigurante San Cristoforo che porta sulle spalle Gesù Bambino. L'opera fu realizzata dal maestro Giuseppe Di Bartolo e ancora oggi campeggia maestosa sotto lo sguardo dei passanti. E ancora; la Chiesa di San Cristoforo costruita nel 1630 su modello della Cattedrale di Catania. Il critico d'arte e politico Vittorio Sgarbi ne rimase affascinato in occasione di una visita. Tra la parte più vecchia del paese e quella di recente costruzione, un particolare snodo chiamato "U Canal" (Il Canale) delimitava un tempo i confini della cittadina che si apriva in piena campagna. Ieri vi scorreva una sorgiva d'acqua, poi il terreno venne bonificato per dar spazio a una strada. Qui sorge il Palazzo Prato, la dimora di un ricco e illustre valguarnerese, con affreschi di pregevole fattura sul soffitto. Per anni è stata la sede dell'Istituto Professionale Commerciale Giacomo Magno, finché non fu trasferito nei nuovi locali siti in contrada Marcà to. Accanto al Palazzo Prato, ecco la Chiesetta dedicata a San Liborio, oggi in fase di restauro, voluta dalla famiglia Prato come devozione al Santo. Poi il Palazzo "Sebastiano Arena" che ospita una scuola elementare, nei pressi dell'abitazione del noto scrittore e poeta Francesco Lanza, autore dei "mimi siciliani". Su un quartiere di recente costruzione, contornato da villette a schiera e denominato "Villaggio Ardisio", sorge invece il Palazzo "Mazzini", una scuola elementare. Nella zona ove nascono i quartieri nuovi di Valguarnera, lungo la via Sant'Elena, si trovano due pittoreschi giardini, comunemente conosciuti come "Villa Nuova" e "Villa Vecchia", dedicati ai caduti delle guerre. Quella più periferica, ai confini giurisdizionali del paese, in onore delle vittime del secondo conflitto, mentre quella sita appena agli inizi della suddetta via è dedicata ai caduti della prima guerra mondiale. Nel 2009 il Comune di Valguarnera ha deciso di intitolare la "Villa Nuova" ai giudici antimafia Falcone e Borselino.
DIALETTO Alle varie componenti migratorie (e in particolare a quella galloitalica) vanno fatte risalire le specificità fonetiche della parlata locale che, pur appartenendo al gruppo nisseno-ennese, in posizione tonica alle vocali u ed i preferisce le semivocali w e j ed in quella atona riduce spesso e volentieri alla vocale centrale “schwa†le vocali u, i ed e (vedi, ad esempio, l'espressione “r' cu c'ric'n'â€). Questa parlata, così come il nome del paese, percepiti come strani o buffi, hanno alimentato per decenni il folclore isolano, soprattutto dopo la fortunata commedia di Nino Martoglio “L'aria del continente†(1910) che vide come protagonista Concetta Cafiso, alias Milla Milord, una “carrapipana†che cercava di giocare alla “continentaleâ€. « Signuri mei, carrapipana!... 'A cuntinintali, 'a rumagnola, era di Carrapipi! » (Nino Martoglio)
Il dialetto valguarnerese, detto anche carrapipano, è un miscuglio di influenze fonetiche che fonda le proprie radici sul greco antico; il latino, passando per il gallo-italico, lo spagnolo e l'arabo-bizantino. Perciò le numerose parole, i detti, le espressioni, sembrano rimarcare in modo tanto evidente, il percorso storico delle varie invasioni che nel tempo si sono susseguite sull'isola. Così il detto: "U signur è rann" (Dio è grande), ci fa intuire la sua origine araba, tuttora utilizzata in medio-oriente: "Allah Akbar". Il paese di Caropepe era chiamato dagli arabi El- Krà b.