di Rodrigo Andrea Rivas - Il 15 aprile 1961 era un martedì. Alle sei in punto, aerei nemici invadevano il territorio cubano e iniziavano a bombardarlo. Raggiunti gli aeroporti di Santiago di Cuba, di San Antonio de los Baños e di Ciudad Libertad,
distruggevano due aerei cubani e uccidevano sette persone. Mercoledì 16 aprile, durante i funerali delle vittime, Fidel proclamava il carattere socialista della Rivoluzione. Nel Mar dei Caraibi la flotta che portava la brigata degli invasori navigava scortata dalle navi da guerra e dai sottomarini degli Stati Uniti. Giovedì 17 aprile, all’una di notte, gli invasori sbarcavano a Playa Larga e a Playa Girón, facenti parte di Bahía de Cochinos (Baia dei Porci). Sul posto confluivano 14 battaglioni cubani con tutti i mezzi disponibili. Alcuni plotoni erano formati da civili: autisti di autobus, operai, calzolai … Compay Segundo era nel plotone che si fece carico del migliaio di prigionieri nemici catturati. Nelle case dei controrivoluzionari arrestati erano state trovate armi di piccolo calibro, volantini contro la Rivoluzione, materiali sovversivi di ogni genere e prodotti di largo consumo che cominciavano a scarseggiare. All’Avana, la situazione era tranquilla. A Miami scrivevano: “Nelle strade dell’Avana si combatte violentemente. L’Hotel Habana Libre è crollato dopo un attacco aereo sferrato contro il regime di Castro.” Venerdi 18 aprile gli Stati Uniti ammettevano la loro sconfitta. Nel marzo 1961 la CIA aveva presentato alla presidenza Kennedy la “Proposta di operazioni contro Cuba” ed il “Piano Trinidad” comprendente una invasione dal mare, la conquista di una spiaggia per la futura organizzazione della guerriglia e la formazione di un governo provvisorio subito dopo la conquista dell’area di spiaggia. Tutti gli aspetti militari vennero approvati dall’insieme dei Capi dello Stato Maggiore USA. L’azione venne chiamata “Operazione Pluto.” Il 15 aprile, John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti, giocava a golf a Miami, come un Trumpo qualsiasi, mentre il suo Segretario di Stato, Allan Dulles, era in visita a Puerto Rico. Non volevano destare sospetti. Più tardi, hanno cercato di sostenere che ne erano all’oscuro. Le truppe brigatiste allenate nel Guatemala, 1.541 uomini, vennero trasportate a Puerto Cabezas, in Nicaragua, da dove decollarono salutate dal generale Luis Anastasio Somoza, dittatore di turno del Nicaragua. Il giornalista Haynes Johnson scrisse sul “Washington Post”: “Vestito come un ricco personaggio di una commedia musicale e circondato da pistoleros, col viso sporco di polvere, Somoza chiese ai suoi: «Portatemi i peli della barba di Castro!» Poi salutò col pugno chiuso e voltò le spalle ai futuri invasori seguito dai suoi adulatori”. I mercenari disponevano di un bel arsenale: bombe di alto potenziale esplosivo, napalm da 750 libbre, razzi da 5 pollici, mitragliatrici M 3 Thompson, fucili automatici Browning … Gli artiglieri cubani avevano in media 17 anni. José Ramón Fernández era giunto con la propria macchina dall’Avana, per stabilire lo Stato Maggiore nella Centrale Australia come ordinato da Fidel. Gli attacchi iniziavano con il bombardamento da un B26 che portava la bandiera cubana. Morirono una donna e quattro miliziani. Altri due B26, sempre dipinti come quelli cubani, stavano volando sopra la Centrale Australia. Da tutta l’Isola giungevano i battaglioni cubani con i loro comandanti. La sera del 16 aprile l’invasione si concentrò nel sud di Cuba. Due navi della marina da guerra USA, il Barbara J e il Blagar, appoggiavano con l’artiglieria. Erano presenti anche la porta elicotteri “Boxer”, la portaerei “Essex” ed i distruttori “Shangri Là”, Murray”, “Conway”, “Coney”, “Eaton” e “Wailer”. Due sottomarini navigavano davanti alle coste cubane. Il pomeriggio del 17 la FAR era di nuovo padrona del cielo cubano. Quattro aerei nemici erano abbattuti e tre riportavano gravi avarie dovendo atterrare in altri paesi. La nave “Rio Escondido” era affondata e la “Houston” danneggiata fortemente con i razzi. Le imbarcazioni che la CIA aveva dato in consegna erano tutte fuori combattimento, il “Blagar” e il “Barracuda” se n’erano andate al largo. A mezzanotte del 17, il Blagar si avvicinava nuovamente e l’agente della CIA Graystn Linch con cinque cubani in tuta da sommozzatori, si dirigevano verso la spiaggia per sistemare le luci di direzione che segnalavano la zona dello sbarco. Eduardo Galeano spiega: “ Gli invasori erano un misto di parassita e carnefici, giovani della buona società, veterani di mille crimini. Nessuno si assunse la responsabilità su Playa Girón o su null’altro: tutti erano cuochi dell’avventura. Circondato da donne che aveva picchiato, prese a pedate e violentate nella sua vita precedente, Ramón Calviño, celebre torturatore ai tempi di Batista, veniva colpito da un’amnesia totale. Il prete Ismael de Lugo, cappellano della brigata d’assalto, cercava protezione sotto il mantello della Madonna. Per consiglio della Madonna aveva prima combattuto con le truppe di Franco durante la Guerra civile spagnola e ora aveva invaso Cuba perché la Madonna non continuasse a soffrire vedendo tanto comunismo”. Il 18 aprile un B26 atterrava a Miami e alcuni giornalisti notavano che aveva le insegne di Cuba. Secondo Adlai Stevenson, ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite, il pilota era un disertore cubano. Secondo Raúl Roa García, Ministro degli Esteri di Cuba, “Stevenson è un bugiardo … Gli USA cercano di nascondere l’improvviso e vigliacco attacco scatenato contro Cuba”. Qualche giorno dopo, la verità venne a galla: un consulente del governo degli Usa, tale Shik, aveva ordinato a Mario Zúñiga, uno dei piloti cubani mercenari assunti dalla CIA, di volare alla Florida da Happy Valley dove si trovava, dichiarare che era un disertore cubano, che c’era stata una ribellione generalizzata dei piloti e che chiedeva asilo politico. La stessa notte Zúñiga era ritornato a Happy Valley. Il 19 mattina un B-26 era abbattuto dall’artiglieria cubana. Morivano i tre uomini dell’equipaggio, tra cui Riley Shamburger e Wade Carrol Gray, cittadini statunitensi come Thomas Willard Ray e Leo Francis Baker, catturati dopo l’abbattimento di un altro aereo. Tutti appartenevano alla Guardia Nazionale di Alabama, Arkansas e Virginia, ed erano stati reclutati dalla CIA. Il Nicaragua aveva messo a loro disposizione sei aerei P-51 Mustang. La squadriglia era guidata dallo statunitense Buck Pearson. Alle 15,50 del 19 aprile le navi da guerra USA, dopo aver cambiato molte volte posizione, si allontanavano definitivamente dalla costa di Cuba mentre i mercenari sopravvissuti marciavano verso la galera. Negli annali della politica estera degli USA non c’è un’altro fiasco simile, definito dallo storico Arthur Schlesinger, consulente di John Kennedy, “l’insuccesso perfetto”. Da allora sono passati 60 anni. Cuba continua a subire minacce, cospirazioni, spionaggio. Si moltiplicano venduti e mercenari. Danzano miliardi, mezze verità, bugie complete. Continuano il blocco e la retorica anticomunista. Ma, continuano anche la piccola e la grande storia. Un giorno, un ragazzo chiamato Silvio Rodríguez decise d’imbarcarsi in un peschereccio che si chiamava Playa Girón, dove compose una delle sue canzoni più note. Parla tra le righe degli eroi dell’aprile ’61, ed esplicitamente degli eroi della quotidianità dura e invisibile di un paese da troppo tempo ostaggio dalla politica imperiale. “Compañeros de historia, tomando en cuenta lo implacable que debe ser la verdad, quisiera preguntar –me urge tanto–, ¿qué debiera decir, qué fronteras debo respetar? Si alguien roba comida y después da la vida, ¿qué hacer? ¿Hasta dónde debemos practicar las verdades? ¿Hasta dónde sabemos? Que escriban, pues, la historia, su historia, los hombres del Playa Girón.” (Compagni di storia, considerando quanto dev’essere implacabile la verità, vorrei chiedere – mi preme tanto – cosa dovrei dire, quali limiti devo rispettare? Se qualcuno ruba cibo e poi dona la sua vita, che fare? Fin dove dobbiamo praticare le verità? Fin dove sappiamo? E’ meglio se scrivono la storia, la loro storia, gli uomini del Playa Girón). Silvio parla delle e degli eroi puri, forti, silenziosi, che hanno resistito a tutto ciò che è venuto dopo, che sbagliano ma poi sanno adeguarsi ai bisogni, a coloro che hanno reso possibile il lungo respiro della rivoluzione cubana. Nella sua canzone, coloro che scrivono la storia, la loro storia, non sono supereroi bensì persone che intraprendono un processo di trasformazione sociale collettivamente. Io penso che se non si capisce questo non si capisce nulla di Cuba, della Cuba di oggi, con penurie, file e punizioni ma con cinque vaccini contro il Covid19 e l’apertura del Congresso del Partito Comunista questo fine settimana sotto lo slogan “Unità e Continuità”. Fidel Castro ha detto che Girón non è importante per le dimensioni della battaglia o per i fatti eroici avvenuti, ma per ciò che non è avvenuto, perciò che l’impero non è riuscito ad imporre. L’epopea è la storia, la loro storia, quella delle donne e degli uomini della nave-isola Playa Girón.