ARGENTINA VIAJES MÁS CAROS: SUBEN 900% LAS TASAS AEROPORTUARIAS BUENOS AIRES - La resolución 613 de la Administración Nacional de Aviación Civil (ANAC), publicada en el Boletín Oficial, fijó que el canon que se cobra para los vuelos internacionales pasará de 2,5 dólares a 10 dólares, y el correspondiente a los vuelos locales, de uno a diez pesos.

"Resulta procedente adecuar el valor (de la tarifa), teniendo en cuenta el costo de los servicios que se prestan y la capacidad económica de los usuarios", indicó el texto oficial para justificar el servicio de seguridad aeroportuaria aumentarán un 900% para vuelos de cabotaje y un 300% para los vuelos internacionales a partir del 1º de octubre, anunció ayer oficialmente el Gobierno. La resolución 613 de la Administración Nacional de Aviación Civil (ANAC), publicada en el Boletín Oficial, fijó que el canon que se cobra para los vuelos internacionales pasará de 2,5 dólares a 10 dólares, y el correspondiente a los vuelos locales, de uno a diez pesos, informa hoy el diario La Prensa. "Resulta procedente adecuar el valor (de la tarifa), teniendo en cuenta el costo de los servicios que se prestan y la capacidad económica de los usuarios", indicó el texto oficial para justificar el aumento. El incremento se enmarca en un plan de inversiones que lleva adelante la ANAC para "el desarrollo del Servicio de Salvamento y Extinción de Incendios y del Servicio de Sanidad Aeroportuaria", se indicó. La disposición aclara que las tarifas vigentes no sufrieron modificaciones desde abril de 2002, por lo que advierte que el valor actual "no contempla los incrementos de costos verificados desde entonces en la prestación de dicho servicio". Al respecto, detalla que se excluirán a pasajeros en tránsito y niños del cobro de la tasa de seguridad aeroportuaria, tanto en vuelos internacionales como de cabotaje.

REGOLARIZZAZIONE, DENUNCIA DEL TAVOLO NAZIONALE IMMIGRAZIONE: IL MANCATO CHIARIMENTO SULLA DOCUMENTAZIONE DA PRODURRE PER ATTESTARE LA PRESENZA RISCHIA DI FAR FALLIRE IL PROVVEDIMENTO.

Incontro con il ministro Riccardi e i tecnici ministeriali. “Chiarire al più presto cosa si intenda per organismi pubblici ampliando il più possibile il novero dei soggetti che possono rientrare in questa categoria”. Il mancato chiarimento sulla documentazione che attesti la presenza in Italia degli immigrati “impedisce di fatto a una parte dei datori di lavoro di far emergere i rapporti di lavoro in corso”. È la denuncia del Tavolo nazionale immigrazione dopo l’incontro che si è svolto ieri presso il Ministero dell’integrazione e a cui erano presenti i rappresentanti dei ministeri dell’Interno e del Lavoro, coinvolti nella procedura di emersione. Alla riunione, alla quale ha partecipato anche il ministro Riccardi, i rappresentanti del Tavolo hanno esposto le preoccupazioni derivanti dall’estrema difficoltà di utilizzare il provvedimento a causa di alcune condizioni previste per accedervi. I rappresentanti dei ministeri presenti hanno confermato la posizione del Governo che, secondo le organizzazioni del Tavolo immigrazione, “impedisce di fatto a una parte dei datori di lavoro di far emergere i rapporti di lavoro in corso”. “La richiesta della prova di presenza in Italia al 31 dicembre 2011 – secondo le organizzazioni – è a nostro parere incongrua e ingiustificata e si configura come una vessazione sia nei confronti dei lavoratori che dei datori di lavoro”. I rappresentanti del Tavolo (Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cisl, Cgil, Comunità di S. Egidio, Fcei, Sei-Ugl, Uil) sottolineano che ’’le pubbliche amministrazioni non possono produrre documentazione, salvo in casi molto particolari, per stranieri irregolarmente presenti nel territorio. La nostra richiesta, che non ha ottenuto risposta, è di chiarire al più presto almeno cosa si intenda per organismi pubblici, ampliando il più possibile il novero dei soggetti che possono rientrare in questa categoria, non escludendo anche il ricorso a certificazioni emesse da enti privati”. “L’attuale situazione – spiegano i rappresentanti del Tavolo – determina fra l’altro uno scenario che potrebbe dar luogo a un ampio contenzioso giurisdizionale. Il rischio che abbiamo evidenziato anche in questa occasione ai rappresentanti del Governo è che il provvedimento venga applicato in maniera restrittiva e disomogenea e che, in assenza di una circolare esplicativa, si alimenti il mercato delle prove false e l’attività di faccendieri e imbroglioni. Non ci resta dunque che sperare – concludono le associazioni – che da parte del Governo arrivi finalmente un segnale che vada nella direzione da noi indicata per rendere davvero efficace e fruibile un provvedimento così atteso”. (Red.) VOTO, SOLO L’8%

DEGLI STRANIERI COMUNITARI ISCRITTO A LISTE ELETTORALI.

Studio Cittalia-Anci in 13 città capoluogo, dove in media i residenti comunitari rappresentano il 27% degli stranieri. Solo l’8% degli stranieri provenienti da Paesi Ue che vivono in Italia sono iscritti nelle liste elettorali e possono esercitare il diritto di voto. Lo rileva la ricerca Cittalia-Anci I cittadini comunitari e la partecipazione al voto, realizzata in 13 città capoluogo (tra cui Torino, Genova, Bologna e Firenze), che fa parte di uno studio più ampio che sarà presentato il prossimo 5 ottobre. In queste città i residenti comunitari rappresentano in media il 27% del totale degli stranieri, con una netta prevalenza dei romeni. L’indagine evidenzia un “particolare interesse verso le elezioni amministrative più che sulle europee”, uniche due consultazioni elettorali che ammettono il diritto di elettorato attivo e passivo per gli stranieri comunitari che chiedono l’iscrizione alle liste elettorali del proprio comune di residenza. Ad Asti, Firenze, Forlì, Padova e Reggio Emilia nove iscritti stranieri su dieci alle liste elettorali possono eleggere sindaco e consiglio comunale mentre a Torino e Genova sono in maggioranza i cittadini comunitari iscritti alle liste aggiunte per le elezioni europee. Sono gli uomini i più attenti, l’81% contro il 79% delle donne, che invece rappresentano la maggioranza delle iscritte nelle liste elettorali per le Europee, con il 59% del totale rispetto al 46% degli uomini. Gli osservatori sottolineano “la necessità di un’azione più decisa per la promozione del diritto di voto ai residenti comunitari”. L’Italia ha recepito la direttiva Ue già nel 1996 e da allora, sottolinea il rapporto, i Comuni hanno contribuito in modo importante all’aumento della partecipazione civica e elettorale degli stranieri residenti. Ma “la recente campagna L’Italia sono anch’io, per l’estensione del diritto di elettorato attivo e passivo ai cittadini stranieri residenti regolarmente da cinque anni sul territorio tramite legge ordinaria ad iniziativa popolare dimostra la necessità di un’azione dal basso e realmente condivisa per favorire la partecipazione attiva dei cittadini stranieri alla vita delle comunità cittadine”. (Red.)

SAVE THE CHILDREN SVEZIA: NO AI TRASFERIMENTI DI MINORI NON ACCOMPAGNATI IN ITALIA

Sono oltre 100 nel 2012 le decisioni delle autorità svedesi di trasferire minori stranieri non accompagnati in Italia. Molti di quei ragazzi hanno iniziato la scuola, cominciato a studiare svedese e ha creato una rete di contatti in Svezia. Save the Children Svezia osserva che le autorità svedesi rinviano sistematicamente minorenni stranieri con disturbi mentali in altri stati europei, nonostante siano note le inadeguate condizioni di accoglienza in alcuni di tali paesi. Le autorità svedesi fanno riferimento un principio del Regolamento comunitario n. 343/2003 (cosiddetto regolamento Dublino), secondo il quale il primo paese in cui un richiedente asilo ha presentato la sua domanda è competente ad esaminarla. I richiedenti asilo che entrano in Europa dall’Italia e si spostano in altri stati membri dell’Unione Europea dovrebbero quindi essere restituiti al primo Stato membro in cui hanno presentato la domanda. Il regolamento prevede una chiara possibilità di derogare a tale principio, quando ciò corrisponde al superiore interesse del bambino. Recentemente sono state segnalate gravi carenze del sistema di asilo italiano. I ragazzi raccontano di abusi e di come hanno dovuto arrangiarsi a vivere per strada senza cibo. Questo ha portato Paesi come la Danimarca e la Finlandia a fermare tutti i trasferimenti dei bambini in Italia. Ma non la Svezia. Secondo l’assemblea annuale di Save the Children Svezia è necessario che le domande di asilo di minori non accompagnati siano trattate nel rispetto della Convenzione ONU dei diritti del fanciullo. L’assemblea chiede quindi che il governo svedese prenda posizione al fine di escludere i minori non accompagnati dall’applicazione del regolamento Dublino e lasciare che questi ragazzi presentino la loro domanda d’asilo in Svezia. Le autorità svedesi dovrebbero interrompere tutti i trasferimenti in corso di minori non accompagnati in Italia. Fonte: Asgi.it

BELVISIO: NO ALLE CASE POPOLARE PER I ROM, DIRITTO IN PIÙ PER PERSONE CHE VIVONO IN MODO TRIBALE

Roma – “Case popolari ai rom? Sarebbe discriminante per i cittadini italiani e gli stranieri che sono qui legalmente da tanti anni”. Fanno discutere le dichiarazioni rilasciate dalla vice sindaco di Roma Sveva Blevisio venerdì mattina (14 settembre), ospite della trasmissione Mattino 5. “I cittadini italiani e gli stranieri hanno diritto a una casa in questo Paese? No. Perché si vuole dare ai rom un diritto in più? (…) Chi glielo dice a un padre che ha 5 figli e non riesce ad arrivare a fine mese che questo Paese vuole dare una corsia preferenziale a delle persone che poi culturalmente preferiscono vivere in modo tribale, con i loro usi e costumi? Non è una questione contro i rom, ma non sarebbe giusto. Ci sono delle liste d’attesa e vanno rispettate”. L’Associazione 21 luglio giudica le dichiarazioni del vice sindaco prive di fondamento, irresponsabili e offensive. Il “diritto ad un alloggio adeguato” è un diritto riconosciuto in capo ad ogni individuo e per nessuno può essere definito e considerato un «diritto in più» a cui non poter aspirare. Associare poi le drammatiche condizioni vissute dalle comunità rom nei cosiddetti «villaggi attrezzati» del Piano Nomadi ad una presunta e libera scelta culturale è falso e strumentale. Già in passato la vice sindaco era stata protagonista di affermazioni gravemente lesive nei confronti delle comunità rom presenti nella Capitale. Dichiarazioni prontamente riprese dall’Associazione 21 luglio che aveva provveduto ad inviare una lettera di diffida il 7 gennaio 2012. Le ripetute dichiarazioni della vice sindaco costituiscono un incitamento all’odio e alla discriminazione, per tali ragioni l’Associazione 21 luglio sta valutando l’opportunità di promuovere un’azione legale di fronte alle competenti autorità giudiziarie. Fonte: Associazione 21 luglio.org

CORTE DI APPELLO DI MILANO: CONFERMATO L’ASSEGNO FAMILIARE ALLE FAMIGLIE STRANIERE REGOLARI

Milano – La Corte di Appello di Milano, sez. lavoro, con sentenza dd. 24 agosto 2012 n. 7106/12, ha respinto l’appello proposto dall’INPS contro l’ordinanza di primo grado emanata dal Tribunale di Milano che aveva riconosciuto ad una cittadina senegalese regolarmente soggiornante in Italia con permesso di soggiorno ordinario il diritto all’erogazione dell’assegno familiare per i nuclei familiari numerosi con almeno tre figli minori, previsto dall’art. 65 della L. n. 448/1998 a favore dei soli cittadini italiani e di altri Stati membri UE. In virtù del requisito di cittadinanza, l’INPS ed il Comune di Trezzano Rosa avevano negato alla cittadina senegalese l’accesso al beneficio. Si ricorda, infatti, che con circolare n . 9 dd. 22/01/2010, l’INPS ha riconosciuto ai cittadini di Paesi terzi titolari dello status di rifugiato politico o della protezione sussidiaria il diritto di accedere al suddetto assegno poiché l’art. 27 del Decreto legislativo 251/07, di recepimento della direttiva CE 2004 /83 (relativa all’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa della protezione internazionale) ha riconosciuto il diritto per tali soggetti di godere del medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria. Fino a questo momento, tuttavia, le disposizioni amministrative non hanno mai esteso tale beneficio nemmeno ai nuclei familiari ove il richiedente sia un cittadino di paese terzo titolare di un permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti di cui all’art. 9 del T.U. immigrazione, nonostante la clausola di parità di trattamento contenuta nella direttiva n. 109/2003. Tale esclusione ha determinato una serie di contenziosi finora risoltisi a favore dell’accesso degli stranieri lungo soggiornanti al beneficio sociale (Tribunale di Gorizia sentenza n. 63/2012 dd. 3 maggio 2012; Tribunale di Padova, ordinanza dd. 5.12.2011; Tribunale di Milano, ordinanza dd. 16.07.2012). La sentenza della Corte di Appello di Milano è la prima tuttavia che afferma il diritto al beneficio sociale in oggetto anche agli stranieri di Paesi terzi regolarmente soggiornanti non titolari dello status di lungo soggiornanti. Nella motivazione della sentenza, a dire il vero assai sommaria, i giudici di Milano sembrano ancorare tale diritto alle norme europee in materia di diritti umani ed in particolare all’art. 14 della CEDU relativo al principio di non discriminazione. Secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo infatti, una disparità di trattamento fondata (direttamente o indirettamente) sulla nazionalità che escluda i cittadini stranieri dall’accesso a prestazioni di welfare può essere giustificata solo da “ragioni molto forti” e tra esse non possono ricomprendersi le ragioni di bilancio o contenimento della spesa pubblica; in mancanza di dette ragioni molto forti si è in presenza di una discriminazione vietata dall’art 14 CEDU in relazione all’art. 1 del Protocollo n. 1 addizionale alla CEDU. Tali considerazioni sono state riprese più recentemente dalla sentenza della Corte Costituzionale italiana n. 187 dd. 26-28.05.2010. Sulla base di tali considerazioni, peraltro non chiaramente espresse nella motivazione, ma evidentemente sottese, i giudici di Milano hanno ritenuto possibile attuare un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma di cui alla legge 448/1998 piuttosto che rinviarla al giudizio di legittimità costituzionale. Fonte: Asgi.it