Giovana RomanoBREVI CENNI STORICI DELLA CUCINA SICILIANA
    La cucina siciliana, tra quelle regionali, è certamente una delle più varie, con i suoi sapori e aromi, retaggio delle molte denominazioni che si sono succedute nell’isola.


La Sicilia  per la sua posizione centrale nel mare interno su cui si affacciano i tre continenti: Europa, Asia e Africa, ha sempre rappresentato il punto d' incontro o di scontro tra le più diverse civiltà del mondo antico, medievale e moderno.b
Lo studio della cucina di un popolo ne riflette sempre le vicende permettendo di percorrere tutta la storia culturale, politica e sociale.  
 Essa ha avuto nella sua storia ben tredici dominazioni, dai Fenici ai Cartaginesi ai Greci, dai Romani ai Bizantini, dagli Arabi ai Normanni dagli Svevi agli Angioini, dagli Aragonesi agli Spagnoli, dai Sabaudi agli Austriaci e ai Borboni, le tradizioni e la cultura sono frutto di memorie che hanno origine nella lunga vicenda storica di questa isola invasa e costretta a confrontarsi con le culture, le lingue e abitudini dei popoli invasori, i siciliani non si sono mai fatti assimilare da alcuna di esse, mentre hanno accolto da esse apporti culturali e linguistici senza mai perdere i loro caratteri distintivi.
Un passato così ricco non poteva che lasciare in eredità un panorama variegato di testimonianze, prodotti tipici e gastronomici. Ricostruire gli eventi e gli itinerari non è cosa molto facile, alcune materie prime introdotte dalle varie culture e popoli non sarebbero bastati se i siciliani non li avessero lavorati trasfigurandoli in cucina. Ogni popolo ha lasciato qualche eredità di sapori mescolando e influenzando i sapori fin dai tempi più antichi.
    La tradizione alimentare è, infatti, diversa da una zona all’altra della Sicilia a causa delle difficoltà di spostamento, esisteva un solco profondo tra la cucina della costa e dell’interno, risentendo delle influenze di questi popoli che, in tempi passati, ebbero qui i loro insediamenti, da oriente all’occidente, la cucina diviene un luogo di introspezione delle diverse civiltà che si sono avvicendate, rendendo ogni zona della Trinacria unica, caratterizzata da specialità gastronomiche peculiari .
    Le città in riva al mare offre piatti che rievocano la ricchezza del mare per la vasta varietà di pesci di ogni dimensione e sapore, invece nell’entroterra mettono a tavola legumi, carni, insaccati e formaggi, unici al mondo.
Nelle varie pietanze della Sicilia invasa e occupata troviamo la semplicità dei prodotti della natura dei Sicani e gli Elimi, e dei siculi, che da tre millenni avevano sviluppato una cucina autoctona. L’incontro di queste civiltà mediterranee, la semplicità dei greci e dei romani, l’estro arabo, l’eco del fasto e della ricercatezza delle antiche corti borboniche, ha fatto nascere il gusto per la buona cucina. (tratto dal libro LA CUCINA SICILIANA TRA STORIA E ANTICHE TRADIZIONI MAI PERSE di Romano Giovanna)
In questi mesi vi portero in giro per l’isola facendovi scoprire storie,  tradizioni antiche culinarie  piatti unici al mondo immersi nella storia perche in sicilia ogni cosa ci parla di cultura.
Oggi vi porto nella provincia di Palermo.
Nella provincia di Palermo, la cucina offre un curioso e intrigante viaggio nella sua storia e le tradizioni gastronomiche palermitane sono strettamente collegate al suo passato e risentono, quindi, dei fasti delle antiche corti, intorno cui ruotava la vita della città di Palermo.
Le pietanze furono rese più elaborate per supplire una cucina semplice e hanno avuto dunque come caratteristica l’estro e l’inventiva dei cuochi che furono al seguito di viceré ed emiri.
In tempi più recenti, le pietanze sono state reinventate dai <Monsù>, cuochi francesi al seguito dei borboni e subito adottati dalla nobiltà locale.
I monsù prepararono piatti raffinati,come gli uccelletti.
Gli odori e le descrizioni di quei meravigliosi piatti, raccontati dalla servitù, arrivarono agli abitanti dei vicoli che, con fantasia e ingegno, li reinventarono con ingredienti poveri, pietanze in cui emerge una ricchezza di sapori, colori e odori.
Le sarde a “Beccafico” con ripieno di passolina, pinoli e pangrattato, comunemente chiamato mollica, assomigliavano agli uccelletti che i monsù servivano in bellavista per farne un solo boccone.
E la mollica diventerà così l’elemento base di quasi tutti i ripieni delle pietanze della cucina popolare siciliana

      SARDE A BECCAFICO

Ingredienti:
Sarde a linguata kg. 1,200, pangrattato gr. 200 circa, acciughe sott'olio 4, passoline e pinoli gr. 100, foglie di alloro, limone uno, arancia una, zucchero un cucchiaino, olio, sale, pepe.
Preparazione:
Abbrustolite il pangrattato in padella, senza olio, a fiamma bassissima, rimescolando sempre perché non si attacchi al fondo. Appena sarà dorato condite con olio e aggiungete le acciughe sciolta a vapore, le passoline e i pinoli, un pizzico di sale.
Pulite le sarde a linguata, togliete loro cioè la testa e le lische, ma non le code. Apritele a libro sul tavolo di marmo e riempitele con un cucchiaio della mollica condita. Arrotolate ogni sarda su se stessa, in modo che la coda resti in alto ed impostatele, una accanto all'altra in una teglia unta di olio, alternandole con foglie di alloro. Riempita la teglia, condite con sale e pepe, una spolverata di zucchero, un filino d'olio e versate sulle sarde il succo dell'arancia e del limone spremuti.
Passate a forno caldo per circa dieci minuti. Servite fredde.
(tratto dal libro LA CUCINA SICILIANA TRA STORIA E ANTICHE TRADIZIONI MAI PERSE di Romano Giovanna)
Buona settimana vi aspetto per la prossima storia
Con affetto ROMANO GIOVANNA