Dall' intervista di Diego Romeo a on. Agostino Spataro. (foto accanto)

“…D. Oltre Ahmadinejad e Musawi ci può essere un ruolo per Bani Sadr?

R. Fino a qualche anno addietro, molti iraniani hanno sperato in un ritorno sulla scena politica

di Bani Sadr, il primo presidente della repubblica islamica, e da quasi 30 anni in esilio in Francia per sfuggire alle persecuzioni degli anni ’80. Anche diverse forze politiche progressiste europee vedevano di buon occhio il ritorno di Bani Sadr, ma non trovarono il coraggio di dirlo apertamente. Di mezzo c’erano molti buoni contratti con l’Iran degli ayatollah. Bani Sadr, uno dei più stretti collaboratori dell’imam Khomeini, eletto a furor di popolo, tentò di avviare un processo unitario di costruzione del nuovo Stato con tutte le forze, anche della sinistra, che avevano combattuto la dittatura dei Palhavi e partecipato alla vittoriosa “rivoluzione” del 1979. Inaspettatamente, giunse la caduta, la condanna (a morte) del regime che Bani Sadr riuscì ad evitare fuggendo fortunosamente in Francia. Oggi è ancora lì, esiliato in una villa nei paraggi di Versailles, dove sconta la condanna più amara per un uomo che ama intensamente il suo paese, la sua gente.

D. In quegli anni lei ancora rivestiva importanti incarichi nel partito, può dirci se ci furono tentativi per rimetterlo in gioco?

R. Si qualche approccio è stato esperito. Ricordo che, nel giugno del 1999, andai a incontrare Bani Sadr proprio in quella villa di Versailles. Da tempo in Italia si parlava, specie negli ambienti dell’opposizione iraniana all’estero, della possibilità di un contatto fra il primo presidente della repubblica iraniana ed esponenti italiani politici e di governo. Per altro, in quel periodo in Italia c’era un governo di centro-sinistra (Prodi, D’Alema) che aveva aperto un canale importante di comunicazione e di collaborazione con l’Iran del presidente “riformista” Khatami. Nessuno pensava che il governo italiano dovesse interrompere tali contatti, tutt’altro. Anche se si sapeva che Khatami non avrebbe potuto, o voluto, oltrepassare certi limiti imposti dagli ayatollah. Solo si sperava che, nel quadro del nuovo clima politico iraniano e delle aperture dell’Europa, in particolare dell’Italia, si potesse favorire, nelle forme e nei tempi possibili, una sorta di riappacificazione nazionale e quindi consentire a Bani Sadr e agli altri esuli dispersi per il mondo di rientrare. Era troppo, era poco? A me sembrò semplicemente giusto.

D. D’accordo sul giusto ma tolti gli omissis cosa fu fatto in concreto?

R. Discutemmo su una iniziativa che potesse, in qualche modo, avviare un primo contatto. L’idea era quella d’invitare Bani Sadr in Italia per presentare il mio libro “Fondamentalismo islamico-L’Islam politico” uscito mesi prima. Ovviamente, la presentazione del libro era anche lo spunto per farlo venire in Italia. Una volta giuntovi, avremmo cercato di combinare qualche incontro con esponenti politici ed anche di governo, nelle forme possibili. Nel passato, avevamo organizzato incontri di questo tipo, anche al di fuori dell’ufficialità, con rappresentanti di movimenti di liberazione. La richiesta degli amici dell’opposizione (che erano in contatto diretto con Bani Sadr) era quella di far patrocinare la conferenza di presentazione del libro da un’autorità istituzionale di un certo rilievo che, in qualche modo, potesse dare un crisma di ufficialità alla presenza di Bani Sadr. Visto che pareva difficile ottenere la disponibilità del governo o di istituzioni centrali, si pensò di chiedere il patrocinio al presidente della regione siciliana che all’epoca era l’on.Capodicasa il quale si mostrò disponibile a patrocinare l’iniziativa e ad invitare in Sicilia l’ex presidente Bani Sadr. Insomma, un giro piuttosto largo per raggiungere Roma.

D. Quindi il partito fu sufficientemente informato dell’escamotage che si preparava…

R. Non solo, ma forti dell’adesione del Presidente della regione, avviammo i preparativi del mio viaggio a Parigi. Però, prima di partire, informai la segreteria del PDS e la sezione esteri (con la quale collaboravo) ed anche lo staff del presidente del Consiglio, on. D’Alema, a palazzo Chigi. Per averne un assenso anche di massima e, eventualmente, qualche consiglio. Per prima mi recai alle Botteghe Oscure dove incontrai l’on. Nicola Zingaretti (attuale presidente della provincia di Roma) della sezione esteri del Pds il quale, pur con tutte le cautele del caso, non sconsigliò il viaggio a Parigi. D’altra parte, ufficialmente, l’iniziativa non era promossa dal partito, ma dal Centro studi mediterranei di Agrigento. Zingaretti mi suggerì d’informare qualcuno dello staff di D’Alema. Ne parlai con l’on. Roberto Quillo il quale ascoltò senza prendere impegni. Mi disse che prima bisognava acquisire la disponibilità di Bani Sadr e dopo avremmo parlato degli aspetti connessi ad un’eventuale azione del governo.

D. Insomma atmosfera da 007, cautele diplomatiche e qualche incertezza di troppo che non lascia presagire nulla di buono…

R. Si, arrivo al dunque. L’incontro era stato fissato (dall’Italia) per il 2 giugno, alle ore 17,00 nella villa blindata di Bani Sadr (Versailles, rue du General Pershing, 5). Purtroppo, quel giorno uno sciopero dei taxisti paralizzò Parigi e fummo costretti a rinviare l’appuntamento all’indomani, alla stessa ora. Superati i diversi controlli, gli uomini della vigilanza m’introdussero in un salone molto sobrio dove m’attendeva il presidente, col suo sorriso triste. Tralascio i convenevoli e le impressioni sul personaggio per andare al tema. Bani Sadr si dichiarò disponibile ad accettare l’invito dell’on. Capodicasa e di partecipare alla conferenza di presentazione del mio libro da tenersi a Palermo dove sarebbe stato ricevuto, con tutti gli onori del protocollo, dal presidente della regione e da altre autorità regionali e comunali. L’informai anche dei colloqui avuti con Zingaretti e Quillo e della possibilità di avere a Roma qualche contatto, anche ufficiale, con rappresentanti di partito e dello stesso governo D’Alema.

D. Però Bani Sadr è ancora esiliato a Parigi. Che cosa gli impedì di venire in Sicilia?

R. Al ritorno in Italia informai i miei interlocutori degli esiti dell’incontro con Bani Sadr ed anche, in separata sede, con Babac Amir Kosravi, portavoce del Partito democratico del popolo iraniano. Sollecitai una risposta anche perché si dovevano avviare i preparativi visto che si pensava di tenere la conferenza ad ottobre. Anche gli amici dell’opposizione iraniana sollecitarono più volte i nostri interlocutori istituzionali e politici. Ma, inspiegabilmente, non ci fu data alcuna risposta. Era chiaro, anche se non detto, che l’iniziativa non doveva o non poteva più farsi. Non mi restò che telefonare al presidente Bani Sadr per ringraziarlo della cortese disponibilità, pregandolo di scusarmi per “l’inconveniente”. Autore Agostino Spataro

Agostino Spataro Giornalista, già membro delle Commissioni Affari Esteri e Difesa della Camera dei Deputati, direttore di “Informazioni dal Mediterraneo” (www.infomedi.it), collabora con “La Repubblica” e con altri giornali e riviste. Biografia: http://it.wikipedia.org/wiki/Agostino_Spataro Ha scritto vari saggi, fra i quali: “Per la Sicilia”, (presentazione di Giorgio Napolitano), Agrigento, (...)

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