AMEDEO CASTELLO IL SICULIANESE DALLE MILLE IDEE
Era una giornata piovosa dell’inverno del 1989, quando un emigrato che mi disse provenire dal Cile, si presentò nel mio ufficio di Salita Santa Caterina allora sede dell’Unione Siciliana Emigrati e Famiglie.
Lo feci accomodare e gli chiesi cosa potessi fare per lui. Cominciò a parlare in un italiano forbito e ricco di espressioni, dalle quali però, spuntava da tutte le parti un risentimento grande verso le regioni del Nord Italia: Liguria, Veneto, ed altre, che a suo dire a Santiago del Cile erano ben organizzate e disprezzavano la comunità siciliana che non aveva trovato il modo di fare una sua organizzazione. Ma lui, l’associazione se l’era fatta e stava cercando di agganciarla alla terra d’origine, dalla quale voleva suggere nuovo nettare per rendere forte e visibile la comunità siciliana residente in Cile. Mi disse che era arrivato all’USEF, perché in Canada, dove era andato in visita ad alcuni nipoti che risiedevano a Montreal, l’allora coordinatrice dell’USEF in Canada gli aveva parlato dell’Associazione, di me e delle attività che il Canada aveva già avuto modo di sperimentare. Il primo incontro fu caratterizzato da una lunga discussione, uno scambio di vedute per soddisfare la curiosità del mio interlocutore, diffidente e minuzioso nella sua curiosità di sapere di capire che cosa era, cosa faceva, cosa poteva fare l’USEF per la comunità siciliana residente in Cile. Era possibile fare la stesse cose fatte con i canadesi o con altre comunità residenti in Europa? La discussione fu lunga e minuziosa, cercai di soddisfare tutte le curiosità del mio interlocutore, che mi offriva la possibilità di allargare l’influenza dell’USEF nel lontano Cile. Ma chi era quella persona anziana, all’epoca aveva quasi settanta anni, che quella mattina si presentò alla sede dell’USEF? Stiamo parlando di Amedeo Castello, un personaggio pieno di idee, ingegnoso, ricercatore instancabile, radioamatore, inventore di un sistema di recupero dei rottami di rame che per elettrolisi trasformava in pannelli di rame con un’efficienza energetica che tuttora non viene superata, elettricista e tante altre cose ancora, che avrei poi scoperto con il tempo. Amedeo Castello nasce in quel di Siculiana in provincia di Agrigento il 19 luglio del 1922, che pur essendo un piccolo comune, è patria di famiglie pesanti come i Lolordo,Caruana e i Cuntrera, personaggi molto conosciuti, perché presenti sulle pagine di cronaca nera di mezzo mondo,ma anche patria di specchiate personalità della cultura come Pasquale Hamel e Simonetta Agnello Hornby, musicologi come Francesco Agnello, uomini di spettacolo come Frank Sivero, politici come Alfonso Gagliano, più volte deputato e ministro del governo federale canadese ed altri personaggi ancora. Fin da ragazzino, Amedeo, ultimo di quattro fratelli, si distingue per la sua vivacità e la sua intelligenza. La prematura scomparsa del padre e l’affetto di tutta la famiglia, di stretta formazione cattolica, lo spinsero verso la fede cristiana e una grande devozione al Vangelo, fede e scelta di vita, che all’età di nove anni, gli permisero di vincere un concorso parrocchiale, che aveva come premio la visita di Lourdes, visto che risultò essere uno dei due massimi esponenti cattolici a livello nazionale. La morte prematura anche della madre, portarono il piccolo Amedeo a fare riflessioni profonde sulla vita, riflessioni che lo aiutarono a forgiare il suo carattere forte e volitivo, qualità che gli vennero riconosciute anche dalla famiglia, oltre che dalla cittadinanza di Siculiana. Le due sorelle ed il fratello Vincenzo, circondarono il piccolo della famiglia di tutta l’attenzione e l’amore possibile. Sentimenti che lo aiutarono a crescere e che lui in seguito seppe restituire nel corso degli anni avvenire. Lo scoppio della seconda guerra mondiale, lo trova impegnato nella carica di responsabile del coordinamento alimentare della provincia di Agrigento, dove potè dare ampia prova del suo senso civico e di una grande capacità di solidarietà della quale beneficiarono parecchi dei suoi concittadini, come testimoniano diversi dei suoi coetanei. Intanto, Amedeo completava il suo primo ciclo di studi, acquisendo la maturità classica. Subito dopo la guerra, diede intanto prova della sua poliedricità, cominciando a mettere in luce lo spirito di ampia curiosità di cui era pervaso e la passione per la ricerca. Nelle file del Partito Socialista, riuscì a predisporre un impianto di amplificazione capace di fare sentire la voce in tutto l’abitato, cosa che tornò molto utile alla sinistra di Siciliana. Conseguita la maturità classica, cercò di percorrere la carriera universitaria e si trasferì a Milano dove cominciò a frequentare l’università degli studi locale. Da qui, alla fine degli anni 40, partì alla volta del lontano Cile. Da questo momento, sorgono due linee di pensiero in merito alle motivazioni che lo portarono a scegliere la strada per raggiungere il paese latini americano. Una prima lineari di pensiero, vuole che d’accordo anche con il fratello Vincenzo, dedito all’insegnamento, lo spingesse a esplorare nuove strade e nuovi siti, dove potere trasferire tutta la famiglia, fuggendo in questo modo l’Italia del dopo guerra, le ristrettezze di cui era pervasa, i conflitti sociali che cominciavano ad insorgere. Una seconda linea di pensiero, che riflette una sorta di leggenda metropolitana, vorrebbe che il giovane Amedeo, innamoratosi della figlia del Console cileno con sede a Milano, quando questi venne richiamato in patria, seguisse l’oggetto del suo amore fino a Santiago del Cile. Su queste due linee, Amedeo fu sempre evasivo, lasciando intendere che forse c’era una terza motivazione della quale non parlò mai e che noi non vogliamo certo analizzare senza avere i dovuti supporti. Conoscendo Amedeo, invece, il suo modo di fare, la sua irruenza e la sua immediatezza nel prendere le decisioni, saremmo per protendere che forse le prime due linee di pensiero si fusero alla perfezione, tanto che alla fine degli anni quaranta, come detto, Amedeo lasciò l’Italia ed il vecchio continente alla ricerca di nuove strade, di nuovi orizzonti, dove potere applicare il suo spirito di avventura, la sua curiosità di ricercatore, la sua poliedricità nell’applicare la sua curiosità, la sua capacità di riflessione, il piacere che traeva dalla ricerca. Amedeo, raggiunse il porto di Genova, dove si imbarcò lasciando il suolo nazionale. Durante il suo viaggio, fece tappa in Spagna, in Brasile, in Argentina, vivendo esperienze uniche, fino a quando raggiunse Santiago del Cile, dove subito si sentì a suo agio, vedendo in quella terra la sua Sicilia, il luogo dove potere trapiantare la sua famiglia già esistente e cominciare a lavorare per costruire la sua famiglia personale. In Cile, come avrà modo di raccontare ai suoi numerosi nipoti, fu come se ritrovasse subito la sua casa, la sua Sicilia, dove porre le basi per la vita futura. La sua capacità di adattamento, la sua intelligenza, la sua voglia di affermasi nella vita, fecero sì che si affermasse in quel paese nuovo per lui, che però offrire molte possibilità per uno azzardoso ed avventuroso come era Amedeo. Fu applicando tutte queste sue qualità, che Amedeo, anche grazie ai tanti sforzi fatti ed alle difficoltà superare, si affermerà professionalmente, raggiungendo posizioni di grande importanza in diversi settori, quali ad esempio: la Compagnia Nazionale del Teatro, le Compagnie Elettrotecniche Unite, l’Ente Poste e Telegrafi del Cile ed altre. Ma avere raggiunto queste posizioni, non mise certo a dormire lo spirito di ricerca di Amedeo, che nel frattempo aveva conosciuto Violetta, una donna dolce, innamorata, fedele, della quale Amedeo si innamorò subito e la sposò nel 1951, quando aveva già ventinove anni. Con Violetta ebbe quattro figli che allietarono e diedero corpo e forma alla famiglia: Giovanna, Giacomo, Vincenzo e Gerlando, tutti e quattro laureati e pervasi della stessa creatività del padre. L’energia alternativa erra il suo pallino fisso, un settore nel quale credeva molto, da qui il suo interessamento per il recupero dei rottami di rame e la sua amicizia con l’Ing. Italo Spina, un oriundo figlio di un emigrato della provincia di Messina che lo avvicinò alla possibilità dell’utilizzo a fini energetici dei soffioni boraciferi, ricchezza presente sulla Ande a 4000 metri di altezza, sull’atopiano di “El Tatio”, come riporta Agostino Spataro, Deputato, giornalista e scrittore, in un suo articolo del 2001 dedicato alla comunità siciliana in Cile. Con grande spirito di iniziativa e con la curiosità propria del ricercatore, mise a punto un impianto di elettrolisi, che, recuperando rottami di rame, ricavava lastre utilizzabili per la costruzione di pannelli solare, di grondaie e di tubi in genere, industria che portò avanti con un gruppo di amici. Assieme alla moglie ed ai figli, invece, mette su una fabbrichetta per la produzione di trasformatori, rettificatori e prodotti chimi, attività che tenne attive fino alla sua fine. Anche la sua passione risulta meritevole di rassegna. Nel 1952 entra nella grande famiglia dei radioamatori fino a ricevere a vita, la caratteristica radio amatoriale XQ3BW, riservata solo a pochi radioamatori al mondo. Fu questa, una specialità che mise a disposizione delle autorità nel corso di disastri di vario tipo, quale ad esempio la sciagura aerea delle Ande, i frequenti terremoti che flagellarono la terra cilena nel periodo compreso tra il 1952 ed il 2000 ed altre funeste occasioni ancora. L’IMPEGNO NEL MOVIMENTO ASSOCIATIVO Vicino all’età della pensione, Amedeo che non aveva mai interrotto i contatti con la Sicilia e con il fratello Vincenzo rimasto tra l’altro vedovo e senza figli, decide di stringere ulteriormente i contatti con la sua terra d’origine, richiamando la propria residenza a Siculiana, nella casa patena, che nel tempo era divenuta di proprietà comune dei due fratelli. Non contento di ciò, decide di porre mano ad organizzare la comunità siciliana residente in Cile, in modo da potere lanciare e rafforzare da un lato la cultura siciliana in quella terra lontana, dove le comunità maggioritarie venivano dal Nord come ad esempio dalla Liguria e nello stesso tempo costruire un ruolo della comunità siciliana nel variegato mondo associativo. Cile non c’era certo una grossa comunità siciliana. Diverso era l’origine del flusso migratorio verso quelle terre lontane. La prima ondata di emigrazione verso il Cile, fu determinata da motivi commerciali. Essendo la citta di Valparaiso uno dei porti battuto dal traffico commerciale che faceva scalo da quelle parti, i primi a muoversi furono i navigatori. Numerosa infatti, è ancora oggi la comunità ligure, ma anche quella lombarda, quella piemontese, quella trentina, per arrivare a quella abruzzese. Agli inizi del 900, il Cile che cercava di popolare le proprie terre, si rivolse all’Italia, che rispose con un tentativo di creare una colonia agricola che venne battezzata la “Nueva Italia”. In seguito a quella iniziativa voluta ed organizzata dai due governi dell’epoca, cento famiglie partirono da Modena e si stabilirono in una località chiamata “Capitan Pastene”. Fallito il tentativo di mettere su una colonia agricola, oggi in quella località, la comunità è composta quasi esclusivamente da italo-cileni, circa 2000, che tuttora mantengono nel linguaggio parlato alcune parole dei dialetti dei loro antenati emigrati. Gli italiani, invece, misero su delle vere e proprie attività commerciali e produttive in genere, rifornendo la popolazione cilena di tutti i generi di cui aveva bisogno. Ma l’influenza degli italiani sul Cile fu tale, da permeare, come era prevedibile, anche la vita politica di quel lontano paese. Fu proprio un italiano Angel Guararello Costa, ad esempio, a fondare il Partito Democratico Cileno. Due presidenti del Cile sono stati italiani. Parliamo di Arturo Alessandri che fu presidente per la prima volta nel 1920 ed il figlio Jorge Alessandri che sarà a sua volta Presidente del Cile dal 1958 al 1964. Italiana era Hortensia Bussi, moglie di quel Salvatore Allende, democraticamente eletto Presidente della Repubblica del Cile a novembre del 1970, quando formò un governo di sinistra che includeva i Socialisti, i comunisti, i radicali ed i cattolici di sinistra. Un governo inviso agli americani, che ispirarono ed appoggiarlo il colpo di stato guidato da Augusto Pinochet, che destituì violentemente Allende istaurando la sua lunga dittatura, della quale il popolo si libererà solo nel 1990. Durante quel periodo, Amedeo riuscì ad andare avanti con il suo lavoro, mantenendo la sua fede politica ed intanto intrecciando rapporti con la comunità siciliana che a suo avviso veniva discriminata ed era fatta segno ad attenzioni razzistiche da parte delle comunità del nord Italia. La verità era che la comunità siciliana era largamente minoritaria rispetto ad altre. Nel rapporto Migrantes del 2013, in Cile risulta esserci una comunità italiana di 52.006 unità iscritte all’AIRE, all’interno della quale la comunità siciliana risulta essere largamente minoritaria risultando iscritti solo 1.508 unità pari allo 0,2% del totale dei siciliani emigrati iscritti all’AIRE. Con questa comunità Amedeo Castello cominciò a confrontarsi, avvicinando famiglie che avevano mantenuto o ripreso la cittadinanza, come i Doloso Sgroppo, i Castiglione, i Fardella e tanti altri e dando vita ad una prima organizzazione: la Associazione dei Siciliani del Cile (AS.SI.C.). Con questa associazione iniziò a lavorare all’interno della comunità, a pigliare contatti con il consolato, a cercare di organizzare le prime attività associative. Con questa associazione si presentò negli uffici dell’USEF a Palermo in quel lontano 1989, quando in Cile ancora una volta, cominciavano a delinearsi cambiamenti politici radicali. Dopo la lunga chiacchierata, ci siamo lasciati con l’intento di rivederci e comunque di sentirci. Venne in seguito l’adesione dell’ AS.SI.C all’USEF e l’inizio di una serie di attività che diedero prestigio e riconoscimento della comunità siciliana in Cile, anche da parte di altre associazioni, pur nella difficile situazione organizzativa, che esisteva in Cile, dove in effetti veri e propri primati organizzativi esistevano e si erano materializzati all’interno del così detto Stadio Italiano che aveva anche dato vita alla Scuola Italiana. Diverse furono le iniziative caldeggiate ed organizzate dall’AS:SI:C, dalle colonie ai campeggi, ai turismi sociali alle attività cultuali ad importanti dibattiti all’interno di mostre sulla Sicilia e sulla sua cultura, l’invio di ragazze in Sicilia per frequentare corsi di formazione da potere spendere in Cile. Una vita attiva che vedeva Amedeo diviso tra il Cile e la sua Siciliana, dove ormai ritornava ogni anno nei periodo estivi, fuggendo gli inverni cileni. L’Associazionismo siciliano ebbe anche un momento di grande espansione riuscendo a stabilire contanti con nuclei di altre realtà geografiche come Limache, Valparaiso, Viña del Mar y Concepción, tutte località che permisero a Castello di affermare la presenza siciliana nel mondo associativo. Coincide con quel periodo l’intenzione di Amedeo di fondare la Scuola Siciliana, istituzione per la quale furono avanzate diverse conversazioni col comune di San Miguel e con la Regione Siciliana, ma che purtroppo non ebbe il successo sperato. Il suo attivismo, lo aveva portato anche ad una proposta da parte dell’ Universitas Internationalis Studiorum Superiorum “Pro-Deo” di New York di laurea ad Honoris causa, proposta suggerita e portata avanti da diverse personalità della cultura e della ricerca. La sua modestia, lo portò a rinunciare a tale riconoscimento. Volle invece dedicare le sue ultime energie alla costituzione di una biblioteca che oggi porta il nome dei fratelli Vincenzo e Amedeo Castello, struttura culturale donata all’USEF e messa a disposizione della comunità siciliana ed italiana residente in Cile. Una biblioteca dove hanno trovato posto centinaia di libri di Amedeo e del fratello Vincenzo (cosi come altri donati dai suoi figli ed i suoi nipoti), assieme a documenti e materiale vario sulla Sicilia. Una grave malattia, in breve tempo lo portò alla fine dei suoi giorni ed il due aprile del 2011, attorniato dall’affetto dei figli e dei numerosi nipoti, cessava di vivere, lasciando un grande vuoto tanto all’interno della propria famiglia, così come anche dentro quella comunità italiana, vuoto che il tempo non riuscirà a colmare. (SA)
Castello accompagna un gruppo di colonia in visita a Selinunte