ROMA - Continua la crescita delle imprese condotte da lavoratori immigrati, ovvero quelle in cui il titolare, nel caso delle ditte individuali, o la maggioranza dei soci e degli amministratori sono nati all’estero. Dopo un aumento di oltre 43mila unità tra il 2011 e il 2013 (+9,5%), anche nel 2014 i dati Unioncamere/Infocamere attestano quasi 28mila imprese in più (+5,6% sull’anno precedente), confermando lo spiccato dinamismo di questa componente del tessuto imprenditoriale del Paese. Sale così a 524.674 il totale delle imprese gestite da cittadini nati all’estero, con un impatto dell’8,7% sull’intero sistema imprenditoriale italiano (6.041.187 imprese alla fine del 2014), di cui rappresentano ormai una componente strutturale e dinamica, di assoluto rilievo per sostenerne gli equilibri in questa fase di prolungata difficoltà. Queste le anticipazioni del Rapporto “Immigrazione e Imprenditoria 2015”, che il Centro Studi e Ricerche IDOS sta curando con il supporto della Confederazione Nazionale Artigianato e Piccola e Media Impresa e di MoneyGram per presentarlo nel prossimo autunno. Anche nel 2014 la crescente diffusione dell’iniziativa imprenditoriale immigrata contribuisce a bilanciare la lieve ma progressiva contrazione della base imprenditoriale autoctona, duramente provata dalla crisi. Così il saldo positivo tra tutte le imprese iscritte e quelle cancellate dai registri camerali nel corso dell’anno1, il migliore dal 2010, si lega in larga parte proprio alle attività guidate da cittadini nati all’estero, che hanno inciso per quasi un quinto sull’insieme delle iscrizioni (18,1%) e per poco più di un decimo su quello delle cancellazioni (10,9%). Inoltre, rispetto al 2013, le nuove iscrizioni sono aumentate di 4.268 unità nel caso delle imprese a guida immigrata (+6,8% sul 2013) e diminuite di 17.772 (-5,5%) nel caso di quelle avviate da nati in Italia, come a dire che i lavoratori di origine straniera, contrariamente agli autoctoni, continuano a distinguersi per una crescente propensione all’iniziativa imprenditoriale, anche di fronte alla persistente incertezza del quadro economico del Paese. In entrambi i casi, invece, si rileva un notevole ridimensionamento delle cessazioni di attività (-6,5% e -2.582 sul 2013 per le imprese condotte da immigrati; -9,5% e -28.959 per quelle controllate da autoctoni). “Siamo di fronte ad andamenti che attestano un timido inizio di ripresa, più marcato per gli imprenditori immigrati. È un segnale positivo che dimostra una volontà di integrazione e di emersione dal sommerso che va sostenuta e incoraggiata”: questa la presa di posizione di Daniele Vaccarino, presidente della CNA - Confederazione Nazionale Artigianato e Piccola e Media Impresa, storica partner di IDOS nello studio di questo settore. A trainare la crescita delle attività imprenditoriali dei migranti è il settore dei servizi – che con 22mila imprese in più rispetto al 2013 (+7,5%) copre l’80% dell’intera crescita annuale – e, al suo interno, il comparto commerciale (+13mila e +7,3%), quello del noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+3.500), che si distingue anche per il maggiore incremento in termini relativi (+15,1% nell’ultimo anno), e le attività di alloggio e ristorazione (+2.900 e +8,1%). Il commercio (oltre 188mila imprese registrate alla fine del 2014, il 35,8% del totale), insieme all’edilizia (quasi 128mila, 24,3%), continua a rappresentare il principale ambito di attività. È però nel comparto del noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese che, per la prima volta nel 2014, si registra la più alta incidenza delle imprese a conduzione immigrata sul totale: 15,4%, un valore quasi doppio rispetto alla media (8,7%) e superiore anche a quello proprio dell’edilizia (14,8%). Come a dire che oggi, in Italia, oltre 1 impresa ogni 7 di quelle operanti nei due comparti è gestita da lavoratori immigrati. Nel commercio lo stesso rapporto è di 1 ogni 8, tra le attività di alloggio e ristorazione di 1 ogni 11. Come è noto, è forte la dimensione artigiana di queste imprese, come attesta la crescente attenzione della CNA e degli Enti Bilaterali quali l’EBNA. Sempre più spesso, inoltre, anche i migranti avviano forme d’impresa più complesse e strutturate sotto l’aspetto societario: se è vero, infatti, che in 8 casi su 10 le attività da loro controllate sono costituite come imprese individuali, a crescere in termini relativi sono soprattutto le società di capitali (+14,5% sul 2013), che alla fine del 2014 coprono oltre un decimo del totale (10,8%). Per Massimo Canovi, Vice Presidente di MoneyGram per il Sud Europa e altro storico partner di IDOS per il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria, “Queste anticipazioni avallano lo spirito positivo emerso nel corso dell’annuale premiazione degli imprenditori immigrati distintisi per vari aspetti della loro attività: dall’innovazione alla crescita del profitto, dalla responsabilità sociale all’aumento dell’occupazione. Sono dati a cui prestare grande attenzione, che propongono sempre più spesso i migranti come protagonisti di storie imprenditoriali di successo e di sostegno al nostro Paese, e per questo ogni anno cerchiamo di valorizzarne le capacità tramite il MoneyGram Award”. La distribuzione territoriale evidenzia la netta concentrazione nelle aree centro-settentrionali, dove le imprese condotte da immigrati operano in più dei tre quarti dei casi (77,8%) e hanno un’incidenza media sull’insieme delle imprese iscritte nelle locali Camere di Commercio di un decimo (10,1%). Si riscontrano anche incidenze superiori, il valore è pari a un ottavo in Toscana (12,1%) e a un nono in Liguria (11,2%). Sono la Lombardia e il Lazio, però, principali regioni di insediamento della popolazione immigrata in Italia, a evidenziarsi per il più alto numero di imprese a questi riconducibili: 167mila in tutto, quasi un terzo del totale nazionale (31,8%), maggiormente concentrate sul territorio lombardo (19,0%), e, a livello provinciale, nell’area romana (10,9%). Quanto ai diversi gruppi nazionali, a distinguersi per il maggior numero di cariche imprenditoriali all’interno delle imprese individuali continuano ad essere i marocchini, cui si riconduce oltre un settimo (15,2%) delle cariche (complessivamente 427mila, secondo i dati Sixtema/CNA), tradizionalmente concentrati nel commercio (74,1%). Seguono, con una quota analoga e pari a un nono del totale, i cinesi e i romeni (11,2% ciascuno): i primi distribuiti soprattutto tra il comparto commerciale (40,9%), quello manifatturiero (34,9%) e i servizi di alloggio e ristorazione (12,1%), i secondi fortemente concentrati nell’edilizia (66,5%). A distinguersi per i più accentuati ritmi d’aumento sono, invece, i bangladesi, che, continuando il trend positivo dell’ultimo quinquennio, nel 2014 hanno fatto registrare una crescita di oltre un quarto delle cariche loro intestate nell’ambito di imprese individuali (+28,3%, ovvero quasi 6mila titoli in più). Notevole è stato anche l’aumento dei pakistani e dei nigeriani (rispettivamente +19,9% e +19,1%). Secondo Ugo Melchionda, presidente di IDOS, “Le forti potenzialità degli imprenditori immigrati nell’ottica del co-sviluppo e di una progressiva maggiore integrazione dell’area mediterranea, sono evidenziate dal fatto che tra le prime dieci collettività più rappresentate si trovano, oltre al Marocco, anche l’Albania (7,3%), l’Egitto (3,7%) e la Tunisia (3,2%)”. Il gruppo dei ricercatori, in cui sono inclusi anche i rappresentanti della CNA e studiosi esterni, è coordinato da Maria Paola Nanni del Centro Studi e Ricerche IDOS e completerà il lavoro nel prossimo autunno. (aise)