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Scritto da Redazione
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Categoria: Immigrazione
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di Paolo Pagliaro - L’operazione Mare Nostrum, che aveva impegnato in alto mare per quindici mesi i mezzi della marina militare, consentì di salvare la vita a più di 100 mila persone. Quando, il 31 dicembre 2014, l’Italia decise di interromperla, si disse che quella missione umanitaria in realtà finiva con l’incoraggiare le partenze dei migranti, che affrontavano la traversata sicuri che qualcuno li avrebbe comunque tratti in salvo. Senza i soccorsi di Mare Nostrum, gli arrivi sarebbero dunque diminuiti. Ma in realtà – sostituito Mare Nostrum con Triton, che ha obiettivi e mandato più limitati - gli arrivi e soprattutto i morti sono invece aumentati. A un anno esatto dal naufragio del 18 aprile 2015, costato la vita a circa 800 migranti, sulla rivista Internazionale si dà conto di uno studio delle università di Londra e York secondo cui quel naufragio non fu una fatalità. Attraverso i racconti di superstiti e funzionari, l’analisi di documenti, dati statistici ed evidenze oceanografiche, i ricercatori sono giunti alla conclusione che i naufraghi avrebbero potuto essere salvati se le operazioni di soccorso fossero state affidate a navi militari e non a navi commerciali inadatte al compito. Per la stessa ragione non si erano potuti soccorrere altri 400 migranti scomparsi in mare appena pochi giorni prima. Dai documenti emerge anche che i funzionari di Frontex – l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne – avevano messo nel conto che con la fine di Mare Nostrum le morti in mare sarebbero aumentate. Oggi, di fronte a una tragedia di dimensioni analoghe a quella di un anno fa, si moltiplicano gli appelli a varare operazioni di soccorso di grande ampiezza, come fu Mare Nostrum, e a mettere a sistema in Europa i corridoi umanitari, oggi sperimentati solo per poche persone. (© 9Colonne)