ROMA – “Sta riscuotendo un grande successo il documentario televisivo "Radici", sul legame di Papa Francesco con l'Astigiano e le Langhe. Andato in onda in novembre su Telepace e Rete7, in occasione della visita del pontefice ad Asti, è ora a disposizione di tutti su YouTube.
Sono stati due appassionati di storia dei piemontesi nel mondo, gli scrittori Orsola Appendino e Giancarlo Libert, ad accompagnare il regista di "Radici", il giornalista di Vatican News Eugenio Bonanata, sui luoghi degli antenati del Papa”. A scriverne è stato Roberto Dutto per la newsletter dell’Associazione Piemontesi nel Mondo. “Autori del libro "Nonna Rosa", che ha per sottotitolo "La roccia delle Langhe da Cortemilia all'Argentina. La persona più importante nella vita di Francesco", Appendino e Libert sono stati i primi a trovare le tracce genealogiche piemontesi degli antenati di Papa Bergoglio, sia per la parte materna e sia per quella paterna. Nonna Rosa, spesso citata dal Papa, nacque al confine tra Piemonte e Liguria, a San Massimo di Piana Crixia, nella borgata Cagna, vicino al Santuario Beata Vergine delle Grazie (detto “Todocco”), nella Diocesi di Alba. Si tratta di una zona lungo l'attuale statale Torino-Alba-Savona da cui, a partire dall'Ottocento e per i primi anni del Novecento molte famiglie emigrarono prima verso la vicina Francia e poi verso l'Argentina e l'Uruguay. “Fu proprio nonna Rosa Margherita Vassallo, con la sua idea della rinascita e del ricominciare ogni volta con speranza, volontà e fede, malgrado le tante difficoltà - spiega Appendino -, a dare principalmente l'impronta di fede al pontefice. Si trasferì a Torino con la zia materna, Rosa Crema, nata a Cortemilia, che era senza figli e le garantì un futuro, sia sotto il profilo dell'istruzione e sia facendole imparare il mestiere di sarta. Nel 1907 sposò Giovanni Bergoglio nella splendida chiesa barocca di Santa Teresa d'Avila, a Torino, e l'anno dopo nacque Mario, il papà del Papa. Dopo il ritorno di Giovanni dal fronte della prima Guerra Mondiale, la famiglia si trasferì ad Asti sino al 1929, quando decisero di emigrare in Argentina, raggiungendo alcuni parenti”. Nel 1936, a Buenos Aires, nacque Francesco, che fu battezzato da un sacerdote salesiano, don Enrico Pozzoli. “I salesiani erano sin da allora una comunità molto viva in Argentina - precisa Appendino - ed il loro stile ebbe un ruolo importante nella formazione del giovane Francesco”. Sul fronte paterno, spiegano gli autori del libro "Nonna Rosa", “del lungo percorso di trasferimento della famiglia contadina dei Bergoglio dall'alto Monferrato ad Asti, a Torino ed all'Argentina, si trovano tracce di passaggi a Robella, Schierano e Castelnuovo Don Bosco, sino a Montechiaro d'Asti, nel 1855, dove inizialmente affittarono e poi acquistarono la cascina Pellerina. Nel 1862 la famiglia De Benedetti propose ai Bergoglio uno scambio con la cascina Bricco Marmorito, sul territorio di Asti, confinante con Portacomaro, dove si trasferirono quasi tutti i Bergoglio, tra cui Francesco, il bisnonno del Papa, nato a Montechiaro. A Bricco Marmorito nacquero sei figli, tra cui, nel 1884, Giovanni, il nonno del Papa, che nel 1903, alla morte del padre, si trasferì a Montechiaro, diciannovenne, ad aiutare il prozio Dionigi all'Osteria della Nocciola, apprendendo il mestiere del liquorista, proseguendolo a Torino, dove conobbe e sposò Rosa Margherita Vassallo, "Nonna Rosa"”. Le ricerche sulla storia della famiglia Bergoglio vennero anticipate da Appendino e Libert al Papa, “a cui donammo un dizionario di lingua piemontese, che apprezzò molto”, unitamente al libro "Astigiani nella pampa" di Libert, che fu ristampato dopo il Conclave che elesse Francesco sul soglio pontificio. Proprio in seguito alla lettura delle ricerche che gli furono consegnate dai due scrittori piemontesi, Papa Francesco, durante la visita a Torino del 21 giugno 2015, volle visitare la chiesa di Santa Teresa d'Avila, dove nel 1907 si sposarono i nonni Giovanni e Rosa e, nel 1908, fu battezzato il loro unico figlio, Mario. Il libro "Nonna Rosa" ha fatto dunque da canovaccio per le riprese del documentario "Radici", con splendide immagini e scorci del territorio ed intervistate a vescovi, parroci, sindaci, giornalisti e parenti del pontefice, come la cugina di terzo grado Nella Bergoglio di Portacomaro. Tra le idee per il futuro, la possibilità di girare un secondo documentario in Argentina”. “In uno scenario complesso come quello attuale, ben più articolato di quello che lo scorso anno ha fatto da cornice all’esercizio di riadeguamenti stipendiali 2022, sarebbe stato prioritario che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale avesse sollecitato le competenti autorità politiche - che sappiamo bene muoversi previa consultazione con i competenti interlocutori amministrativi - a prediligere un’integrazione, minima ed impercettibile (se messa a confronto con quanto stanziato per il restante personale Maeci nell’ambito della legge di bilancio per il 2023) delle risorse previste”. È quanto sostiene il Coordinamento Esteri della Confsal Unsa che, in una nota, ricorda: “allo stato attuale, ci ritroviamo a metà febbraio 2023 con ben 40 richieste di riadeguamento retributivo provenienti da tutto il mondo, circa il 40% delle quali riguardano paesi già destinatari di incrementi retributivi nel corso del 2022 talmente irrisori da dover necessariamente condurre al perfezionamento di una nuova istanza”. “Le richieste di aumento – spiega il sindacato – risentono tutte dell’attuale scenario economico estremamente preoccupante e di una drammatica morsa inflattiva dinanzi ai quali non si può restare inerti: la Buona Amministrazione dovrebbe adoperarsi nei modi e nei tempi previsti dal legislatore affinché siano tutelati i diritti di tutti i lavoratori presso la medesima, senza distinzioni”. “Ciò, tuttavia, non sta accadendo”, accusa la Confsal Unsa: “si respinge alla politica la responsabilità di non aver voluto autorizzare maggiori risorse, si pongono veti ad eventuali soluzioni “tampone” di cui si chiede condivisione e sulle quali si auspica un’azione cooperativa, come interventi parlamentari ad hoc e strumenti di tipo legislativo da modellare su provvedimenti di tipo omnibus. Il tempo a nostra disposizione è finito, le dimissioni dei dipendenti aumentano, l’insoddisfazione tra tutto il personale sta raggiungendo picchi mai toccati prima e la strada della mobilitazione sindacale resta l’unica percorribile, almeno per dare soddisfazione a quei lavoratori che si sentono presi costantemente in giro dal MAECI”. “Chiediamo che l’Amministrazione si assuma finalmente le proprie responsabilità. Non chiediamo virtuosismi legislativi o privilegi finanziari. Chiediamo – ribadisce la Confsal Unsa – che venga applicata una legge (l. Ciprini) che al momento è lettera morta. Faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per dare un senso a quella riforma legislativa su cui abbiamo investito grande parte delle nostre energie”. (19/02/2023 focus\ aise) /continua