Alla fine, dopo interminabili giornate di confusione e travaglio, i Grandi Elettori hanno a larghissima maggioranza eletto il Presidente Mattarella, chiamandolo ad impegnarsi per un secondo mandato. È una bellissima notizia per l’Italia e gli italiani! È una conclusione che mette in sicurezza le nostre istituzioni,
in un momento particolarmente complesso e straordinario della vita politica, economica e sociale del nostro Paese e di fronte a nuove e preoccupanti tensioni su scala internazionale. Ed è una scelta che sicuramente verrà accolta con un sentimento di sollievo e di gratitudine da parte della stragrande maggioranza dei nostri concittadini e della opinione pubblica internazionale, per il segnale di stabilità e affidabilità che l’elezione del Presidente Mattarella rappresenta, consentendo così anche al Governo Draghi di proseguire nell’azione di governo per dare le più efficaci risposte possibili alla crisi provocata dalla pandemia. Tutto è bene quel che finisce bene, come dice un antico detto popolare? Sì, ovviamente, perché ciò che conta di più è il futuro del Paese e la necessità di scongiurare il protrarsi di un incomprensibile avvitamento del dibattito politico e un pericoloso logoramento delle principali istituzioni democratiche del Paese. Ma qualche riflessione ora è necessaria. Prima di tutto sull’impatto che questo passaggio così travagliato ha avuto sulle leadership e sugli schieramenti politici. Nel centrodestra è venuta in evidenza l’anomalia di una coalizione che di fronte alle telecamere recitava il copione dell’unità e della coesione ma che nella realtà perseguiva obiettivi incompatibili tra loro. L’aver alimentato l’illusione di avere i numeri per determinare l’elezione del presidente della Repubblica ha portato Salvini per molti giorni a far prevalere la fedeltà di coalizione a quella verso la maggioranza di governo. Nel mentre a gran voce invocava la necessità di mantenere fermo l’assetto del governo, il leader della Lega ha proposto e bruciato nomi che, al di là del profilo e dell’autorevolezza delle personalità indicate, non erano stati condivisi con la maggioranza che sostiene il Governo Draghi. Con il tentativo fallimentare sulla Presidente del Senato ha poi addirittura cercato la spallata e infine, con un ultimo colpo di teatro, ha provato a spaccare trasversalmente la maggioranza di governo mettendo nel frullatore mediatico una figura istituzionale femminile importante come il Capo del Dis. Le fratture nel campo conservatore sono esplose in tutta la loro dimensione: Forza Italia ha esplicitamente dichiarato di ritenersi libera di trattare singolarmente per raggiungere l’accordo; alla leader di FdI non è restato che esprimere il più netto dissenso sulla conclusione cui Lega e Forza Italia arrivano insieme al resto della maggioranza di governo. Saranno i prossimi giorni a dirci quali riflessioni o cambiamenti si produrranno negli assetti e nelle leadership nel campo conservatore. Difficilmente si potrà archiviare tutto soprattutto in quella parte del centrodestra che si ritiene europeista e moderata. Nel campo del centrosinistra si sono registrati una maturazione nel confronto tra Pd, LeU e M5S e complessivamente - al netto di isolate tentazioni di fughe in avanti - un grande senso di responsabilità fondato sulla consapevolezza che nessuno in questo Parlamento fosse nelle condizioni di decidere da solo e che, soprattutto, il Paese si attendesse una dimostrazione di unità per affrontare le sfide di questa fase e costruire la ripresa post-pandemia. Credo si possa dire senza presunzione che il Pd sia stato l’artefice principale di questa linea di dialogo, confronto e unità all’interno del centrosinistra e oltre. E che la direzione del Segretario del Pd Enrico Letta, sobria, rigorosa, attenta alle opinioni di tutti, lontana dalla ricerca di protagonismo e visibilità personali, sia stata fondamentale e abbia dimostrato il valore dell’essere “forza tranquilla”, al servizio per il bene comune. Grazie a tutto questo la prospettiva di un campo di forze largo che si unisce per essere alternativo alla destra radicale si è evidentemente rafforzata. Tuttavia non possiamo non vedere come la rielezione per un secondo mandato del Presidente della Repubblica - che non appartiene come più volte sottolineato dallo stesso Presidente Mattarella alla fisiologia del funzionamento della massima istituzione democratica come disegnata nella Costituzione – non disveli una crisi profonda del sistema politico italiano e dei partiti. Con la rielezione del Presidente Mattarella il Parlamento ha guadagnato mesi preziosi per verificare se ci siano le condizioni per una riforma della legge elettorale che, piuttosto di costringere a forzature sul terreno delle alleanze, possa spingere le forze politiche a ridefinire con chiarezza i loro programmi e le loro identità ideali per misurarsi con il consenso degli elettori. Il posizionamento in Europa, l’appartenenza al campo atlantico, i riferimenti sociali e l’idea di equità, la concezione della famiglia e de ruolo femminile, il grado di impegno verso la transizione ecologica: su tutti questi terreni la politica deve poter tornare comprensibile agli occhi dei cittadini e delle cittadine. E i partiti devono recuperare il loro ruolo, seppure in una società assai cambiata rispetto al secolo scorso e in continua trasformazione. Con adeguati accorgimenti per contenere i rischi di frammentazione un nuovo bipolarismo è possibile anche con un modello proporzionale, che possa dare luogo ad una scomposizione/ricomposizione dei campi politici fondate sulle idee e le proposte e non sul cambio di casacca dei singoli parlamentari dopo il voto. Anche il Governo Draghi ha guadagnato mesi preziosi per portare avanti la sua agenda: attuazione del PNRR e delle riforme ad esso collegate; superamento della pandemia; rinegoziazione delle regole fiscali in campo europeo. Avvicinandosi le prossime scadenze elettorali, e anche alla luce delle contorsioni di questi giorni, non si può escludere che alcune forze politiche scelgano nuovamente la strada della visibilità e della propaganda anteponendo i loro interessi di parte al bene del Paese. Ma la rielezione del Presidente Mattarella e l’unanime riconoscimento del valore della personalità di Mario Draghi ora hanno creato le condizioni per rendere marginali gli atteggiamenti strumentali e di corto respiro di singole forze politiche e dato al Presidente del Consiglio un mandato pieno ed una forte spinta ad andare avanti con fiducia e senza incertezze. Sabato 29 gennaio 2022 (Marina Sereni)