Che l’assistenza sanitaria per gli italiani che rientrano in Italia temporaneamente debba essere garantita con modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio sanitario nazionale, lo stabiliscono la Costituzione italiana innanzitutto con l’articolo 32 ma anche e soprattutto la stessa legge istitutiva della sanità pubblica,
la n. 883 del 23 dicembre 1978, che sancisce all’ultimo comma dell’articolo 19 che gli emigrati, che rientrino temporaneamente in patria, hanno diritto di accedere ai servizi di assistenza sanitaria della località in cui si trovano intendendo, si presume, che tale assistenza debba essere erogata in qualsiasi luogo del territorio della Repubblica e che la residenza all’estero non è preclusiva di tale diritto. E’ quanto ho premesso nella mia interrogazione appena presentata al Ministero della Salute dove sottolineo appunto che nonostante le garanzie costituzionali e normative i cittadini italiani residenti stabilmente all’estero e iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) perdono il diritto all’assistenza sanitaria italiana sia in Italia che all’estero, all’atto della cancellazione dall’anagrafe comunale e della iscrizione all’AIRE. Se da una parte però al cittadino italiano il quale acquisice la nuova residenza in uno dei Paesi della UE viene garantito il possesso della tessera TEAM che consente a tutti i cittadini dell’Unione Europea, che si trovino temporaneamente in un altro Stato Membro, l’accesso ai servizi sanitari del Paese ospite alle stesse condizioni dei residenti, dall’altra i cittadini italiani che stabiliscono la propria residenza in un Paese extra-UE e si iscrivono all’Aire, quando rientrano in Italia hanno diritto – in virtù del Decreto del Ministero della Sanità del 1 febbraio 1996 - solo alle prestazioni ospedaliere urgenti per un periodo massimo di 90 giorni per ogni anno solare, qualora gli stessi non abbiano una copertura assicurativa propria pubblica o privata e a condizione che siano pensionati o nati in Italia. Ritenendo quindi che le disposizioni in vigore non tutelino adeguatamente il diritto alla salute degli emigrati italiani in Paesi extra-UE che rientrino in Italia temporaneamente, ho interrogato il Ministero della Salute evidenziando che il Decreto ministeriale del 1° febbraio 1996 che limita la copertura alle sole cure urgenti sia in contrasto con quanto sancito dalla Costituzione e dalle legge istitutiva del SNN che prevedono l’eguaglianza dei cittadini italiani nei confronti del sistema di tutela della salute e ho chiesto quindi che l’assistenza sanitaria ai cittadini italiani residenti all’estero nei Paesi extra-UE i quali rientrano in Italia per brevi periodi debba essere estesa a tutte le prestazioni sanitarie, comprese quelle medico-generiche e specialistiche, e non solo a quelle ospedaliere urgenti (come avviene d’altronde per i cittadini italiani emigrati in un Paese della UE) nei casi in cui non siano in possesso di una copertura assicurativa propria, pubblica o privata e a prescindere dal loro stato di pensionato o emigrato (cioè nato in Italia). Ritengo che la salute sia un diritto cardinale e primario dell’uomo e che debba essere garantito a tutti i cittadini italiani, anche a quelli emigrati, i quali devono poter beneficiare, quando si trovano in Italia, di tutti i servizi messi a tutela della salute a favore della collettività.