Monza, 06/12/2022 (II mandato) Rivolgo un saluto molto cordiale a tutti i presenti, al Ministro per le Regioni, al Presidente della Conferenza, ai Presidenti e agli Assessori regionali. Ringrazio il Presidente e il Vicepresidente della Conferenza, il Presidente della Regione Lombardia,

il Sindaco di Monza e il Presidente della Provincia di Monza e Brianza per le cortesi parole di accoglienza nei miei confronti. Ho accolto con piacere l’invito del Presidente Fedriga a partecipare a questo primo Festival delle Regioni e delle Province autonome che manifesta una volontà di collaborazione e di dialogo tra le istituzioni. Nella giornata di ieri si è già svolta un’intensa tornata di lavori in cui sono stati affrontati temi legati al ruolo che le Regioni svolgono nel contesto nazionale ed europeo e ai possibili sviluppi alla luce della delicata e impegnativa fase che il nostro Paese sta attraversando. Il Presidente Fedriga nel suo intervento ha poc’anzi particolarmente evidenziato come la collaborazione istituzionale debba essere orientata all’integrazione delle politiche pubbliche a livello europeo, nazionale e locale. Ha inoltre sottolineato come la Conferenza si faccia carico della composizione delle istanze regionali e favorisca la diffusione delle migliori pratiche. Vorrei riprendere quanto ha detto il Presidente Emiliano mettendo in luce il contributo che le regioni forniscono alla cooperazione istituzionale realizzando reti sul territorio regionale, tra i territori delle Regioni e nell’Unione europea. Reti finalizzate a promuovere la crescita economica e la coesione sociale, in particolare attraverso la riduzione del divario tra Nord e Sud. Le loro visioni complementari hanno tratteggiato lo “stato dell’arte” del sistema regionale e posto efficacemente in evidenza la ricchezza che esso rappresenta per la comunità nazionale. Entrambi i Presidenti hanno manifestato un atteggiamento aperto rispetto al tema della differenziazione delle competenze regionali, raccordandolo alla condizione che questo avvenga attraverso la contestuale considerazione e attuazione del dettato costituzionale, tenendo insieme lo sviluppo dell’autonomia con la garanzia, estesa all’intero territorio nazionale, dei diritti civili e sociali, nonché con adeguata attenzione alle esigenze perequative. Elementi questi che non costituiscono limiti o correttivi alle autonomie ma ne sono caratteri propri. Vorrei far mie le parole del Presidente Fedriga sull’ottica di solidarietà e di interdipendenza. Il Presidente della Conferenza ha inoltre avanzato, a nome delle altre regioni, la richiesta di procedere alla costituzionalizzazione del sistema delle Conferenze. Una richiesta della quale non mi sfugge il valore politico e istituzionale e sulla quale Governo e Parlamento – competenti a farlo - saranno chiamati a esprimersi. La giornata di oggi ha al centro l’intesa per il riconoscimento della Conferenza quale organo comune delle Regioni e delle Province Autonome. Le firme appena poste dal Presidente e dal Vicepresidente hanno consacrato l’adempimento di quest’oggi. Vorrei sottolineare come, per la prima volta, venga stipulata un’intesa con il consenso unanime delle Regioni ai sensi dell’ottavo comma dell’articolo 117, della Costituzione. Una disposizione quest’ultima che, come tutti sappiamo, riconosce alle Regioni la facoltà di stipulare intese, da ratificare con legge regionale, “per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con l’individuazione di organi comuni”. Si è compiuto un importante passo avanti sulla strada della collaborazione, con l’esito di conferire maggior peso al sistema regionale, agevolando l’espressione di posizioni condivise. Questo Festival e particolarmente l’odierna iniziativa appaiono anche il prodotto delle sfide che il Paese, e segnatamente le Regioni, si sono trovate ad affrontare negli ultimi anni e che hanno portato a maturazione intenti e progetti da tempo coltivati. Penso anch’io - come i Presidenti Fedriga ed Emiliano - innanzitutto alla pandemia, alla sua fase più drammatica, quando è stata la solidarietà tra le istituzioni a permettere di affrontare una tempesta che ha colpito in maniera violenta e drammatica, primo in Europa, il nostro Paese. Un’emergenza, il COVID, di carattere evidentemente nazionale e che richiedeva innanzitutto l’intervento dello Stato, in modo da potere adottare misure e porre in essere interventi uniformi sull’intero territorio nazionale, uniformi come lo era il contagio. E’ stato importante e, più che opportuno, necessario che i poteri d’urgenza riconosciuti al Governo siano stati, come la legge prevede, esercitati d’intesa con le Regioni. Inoltre, tenuto conto dell’esigenza di assicurare la rapidità e la flessibilità degli interventi, sono stati riconosciuti alle Regioni compiti significativi, da esercitare nel quadro definito dal Legislatore e consolidato attraverso le intese. Alle Regioni è stato tra l’altro chiesto di valutare e adottare misure tempestive in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio. Questo peculiare ruolo riconosciuto alle Regioni, giustificato dal fatto che si era in presenza di un’emergenza di carattere prettamente sanitario, ha comportato un’assunzione di responsabilità politica in merito a scelte spesso non facili e compiute in un momento particolarmente drammatico per la vita dei nostri concittadini. Ruolo esercitato in modo che merita riconoscenza, che qui oggi vorrei ribadire. La circostanza che, insieme al Governo e al Parlamento, le Regioni abbiano svolto un ruolo altamente significativo e vi siano state forme di coinvolgimento dei Comuni ha alimentato la fiducia e l’adesione dei cittadini alle decisioni assunte, assai spesso di impatto rilevante sulla vita individuale e collettiva. In quella fase di estrema delicatezza, la Conferenza delle Regioni ha svolto un ruolo di grande rilievo, costituendo per il Governo centrale un interlocutore fondamentale, in grado di mediare tra le diverse sensibilità regionali e di assicurare quell’unità di intenti e di posizioni indispensabile in un momento così critico. Il ruolo istituzionale delle Regioni è risultato sensibilmente accresciuto dalla riscontrata capacità di adottare indirizzi comuni e di operare, pur senza ignorare le differenze, con l’affermazione di un principio di responsabilità nazionale espressa dai territori. La Conferenza si è dimostrata la sede idonea ad assumere decisioni e a individuare soluzioni con rapidità, rafforzando il consenso in merito a scelte, ripeto, non facili ma necessarie. La pandemia ha confermato - qualora ve ne fosse bisogno - come la cifra dei rapporti tra lo Stato e le autonomie sia costituita dalla leale collaborazione e non dalla rivendicazione pregiudiziale in un senso o nell’altro. Nel frattempo l’Unione europea, con un’iniziativa di espressione inedita di solidarietà politica e di una comune visione, ha varato il programma Next Generation - per dirla nella nostra lingua ‘Nuova Generazione d’Europa - finalizzato ad avviare, all’interno di ciascuno Stato membro, e tenendo conto delle sue specificità, un complesso di riforme e di investimenti. L’Italia è, di gran lunga, il maggiore beneficiario di questo programma, nell’ambito del quale agli enti territoriali è assegnato un ruolo di alto rilievo. Lo strumento con il quale è stata data attuazione al programma, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, frutto dell’iniziativa del Governo e del Parlamento e condiviso con la Commissione europea, indica obiettivi, in termini di riforme e di investimenti, ai quali è legato il futuro del Paese ben oltre il termine di attuazione del Piano, fissato come sappiamo al 2026. Quando erano in via di superamento le conseguenze della pandemia e risultava avviata la ripresa dell’economia, l’irrompere della guerra in Ucraina ha determinato un grave turbamento delle relazioni internazionali, innescando una nuova crisi economica e sociale. Questa ha reso ancora più evidente come siano in corso trasformazioni epocali e come si prospetti, oltre a nuove dinamiche delle relazioni internazionali, un nuovo assetto economico – fatto proprio dal Next Generation e dal Piano Nazionale – incentrato su tre assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, coesione sociale. Le diseguaglianze tra le persone e i territori costituiscono le più gravi fonti di inefficienza economica. Il Piano Nazionale consente di affrontarle in modo nuovo, integrando politiche per la crescita e politiche di coesione. Nell’attuazione del Piano le Regioni sono chiamate a fornire un importante contributo. Il prossimo anno il Piano è destinato a entrare nel vivo degli investimenti infrastrutturali che ne costituiscono una componente fondamentale. Non dobbiamo nasconderci le difficoltà sottese a questo impegno che coinvolge tutti i livelli di Governo. La spesa per investimenti nell’ultimo decennio, a motivo delle note ristrettezze di bilancio, è stata ridimensionata in misura considerevole così come sono state fortemente ridotte le assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Queste circostanze hanno concorso a ridurre la capacità di spesa delle amministrazioni nel settore degli investimenti. Questi temi sono all’attenzione del Piano Nazionale. I massicci finanziamenti erogati dalla Commissione europea sono destinati precisamente ad accelerare l’infrastrutturazione del Paese colmando i divari che prima ho ricordato, a partire da quello tra il Nord e il Meridione. Si registra un’ampia condivisione in ordine alla necessità di completare il programma di riforme e, per quanto riguarda gli investimenti, di considerare una priorità assoluta gli obiettivi individuati nel Piano per far crescere l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’uguaglianza. Dinanzi a sfide di questa portata è richiesto l’impegno convergente delle istituzioni e di tutte le forze politiche e sociali. Un impegno che abbiamo assunto in sede europea e che va, ovviamente, onorato. Opportunamente il Presidente Fedriga ha definito il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza “un momento straordinario di potenziale sviluppo del nostro Paese”. E va apprezzata la disponibilità della Conferenza a contribuire all’attuazione del Piano favorendo l’integrazione di tutte le politiche pubbliche e uno sviluppo omogeneo dei territori. La leale collaborazione e la disponibilità al dialogo, al confronto e alla collaborazione che le Regioni manifestano meritano di essere fatte proprie da tutti nell’interesse dell’Italia. Auguri di buon lavoro.