Castel Capuano , 15/05/2023 (II mandato) In questo storico e stupendo contesto, davanti a quest’opera del Maestro Isgrò, rivolgo un saluto molto cordiale, ringraziando per l’invito, al Presidente e ai componenti del Comitato direttivo della Scuola. Un saluto alla Presidente della Corte costituzionale,
ai Vice Presidenti delle Camere, al Ministro, al Vice Presidente del CSM, al Presidente della Regione, al Sindaco, a tutte le Autorità e a tutti i presenti. Sono molto lieto di partecipare alla presentazione dell’attività formativa organizzata per il 2023 dalla Scuola superiore, anche perché coincide con l’inaugurazione della sua terza sede. La scelta di Castel Capuano assume grande significato sotto il profilo della storia del diritto. È, infatti, tradizionalmente, sede giudiziaria. Già nel 1540 con le Corti di Giustizia, civili e criminali. Dal 1861 e fino a non molti anni addietro è stato sede degli uffici giudiziari di Napoli. In questi ambienti si è affermata l’importante Scuola dei giuristi napoletani, che affonda le sue radici nella prima Università “laica” istituita, nel 1224 da Federico II, con lo scopo dichiarato di “formare” il gruppo dirigente necessario per il governo dello Stato. In questo luogo, oggi, la Scuola superiore della Magistratura offre ulteriori percorsi formativi. Si arricchisce così il panorama dei corsi ai quali possono accedere anche esponenti dell’avvocatura, aspetto che contribuisce a completare la visione d’insieme del processo e della funzione cui esso assolve. Proprio alle recenti riforme, sia del processo civile che del processo penale, sono dedicati alcuni dei corsi in programma per il 2023, nella consapevolezza dell’importanza della fase di prima applicazione delle innovazioni legislative. Va espresso apprezzamento per l’orizzonte culturale con cui la Scuola ha tempestivamente risposto all’esigenza di aggiornamento formativo, con l’intento anche di promuovere interpretazioni uniformi sul territorio nazionale delle nuove discipline processuali. È indispensabile che il processo, sia civile che penale, divenga strumento più agile e moderno per perseguire adeguatamente gli obiettivi per i quali è predisposto. Occorre che Governo e Parlamento, Magistratura e avvocatura, si impegnino per conseguire questo risultato. Riprendendo uno spunto proposto dal Presidente Lattanzi, vorrei sottolineare come le sentenze siano pronunciate “in nome del popolo italiano” non perché i magistrati siano chiamati a rispondere di fronte ad esso delle decisioni assunte ma perché la giustizia va resa soltanto in base alla legge e al diritto, nazionale, europeo e sovranazionale, risultato delle espressioni di sovranità popolare tramite l’esercizio della funzione legislativa. La stessa Corte di cassazione, in una recente pronuncia a Sezioni Unite, ha ribadito che «La funzione assolta dalla giurisprudenza è di natura “dichiarativa”, giacché riferita ad una preesistente disposizione di legge, della quale è volta a riconoscere l’esistenza e l’effettiva portata, con esclusione di qualunque efficacia direttamente creativa. Nel quadro degli equilibri costituzionali i giudici sono appunto “soggetti soltanto alla legge”. Il che realizza l’unico collegamento possibile, in uno Stato di diritto, tra il giudice, non elettivo né politicamente responsabile, e la sovranità popolare, di cui la legge, opera di parlamentari eletti dal popolo e politicamente responsabili, è l’espressione prima». In queste puntuali considerazioni si ritrova l’essenza dell’indipendenza della Magistratura come patrimonio irrinunziabile dello Stato di diritto e della nostra democrazia costituzionale. Lo stesso articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea richiama il diritto di ogni persona ad avere un giudizio pubblico “da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge”. Talvolta le istanze di tutela dei diritti che vengono presentate alla Magistratura assumono connotazioni nuove e inedite, rispetto alle quali risulta difficile rinvenire una puntuale e chiara disciplina normativa, nonostante sia stata a più voci sollecitata. Vi sono, indubbiamente, alcuni ritardi del Legislatore. Ma la risposta alle istanze di giustizia impegna la Magistratura a trovare soluzioni ancorate esclusivamente nel diritto positivo. Si deve avere ben chiara la distinzione della doverosa interpretazione e applicazione delle norme rispetto alla pretesa di poterne creare per soddisfare esigenze che non possono trovare riscontro nell’ambito della funzione giurisdizionale, secondo quanto è previsto nel nostro ordinamento costituzionale. Ugualmente, le responsabilità individuali vanno giudicate con precisione e senza alcun condizionamento, avendo sempre cura di muoversi nell’ambito della competenza funzionale attribuita alla Magistratura, che consiste nella risoluzione delle controversie e nell’accertamento dei reati. Il processo non può essere utilizzato per finalità diverse, che ne stravolgerebbero il ruolo, mettendo gravemente a rischio la fondamentale separazione dei poteri. È certamente vero che talvolta legittime rivendicazioni - spesso umanamente comprensibili e da valutare con attenzione - possono rimanere senza risposta ma questo non può voler dire che tutte le istanze – anche quelle senza riscontro nella legge - debbano poter trovare accoglienza nell’azione giudiziaria. La Costituzione definisce con puntualità l’ambito delle attribuzioni che sono affidate agli organi giudiziari, così come i compiti e le decisioni che appartengono, invece, ad altri organi, titolari di altri poteri. Questo riparto va rispettato. È bene aver presente che lo stesso rispetto che deve essere assolutamente assicurato alla piena, irrinunziabile indipendenza della funzione giudiziaria deve essere sempre riconosciuto e assicurato anche alle altre funzioni dello Stato. Risulta, allora, cruciale l’importanza del ruolo svolto dalla Corte di cassazione per assicurare l’uniforme interpretazione della legge. L’uniformità delle decisioni non rappresenta un limite all’attività decisionale ma ne costituisce un punto di approdo, in quanto è diretta a promuovere la prevedibilità delle decisioni e, dunque, la loro comprensibilità e la loro autorevolezza. A questi necessari requisiti contribuisce anche l’uso di un linguaggio consono e misurato. La Scuola Superiore, sin dalla sua istituzione, ha accompagnato i giudici e i pubblici ministeri nella loro formazione iniziale e in quella permanente, avendo cura di elaborare percorsi di alta qualità, anche in tema di etica giudiziaria. La stessa Magistratura ha dimostrato, anche di recente, di essere capace di agire - con determinazione e senza timidezza - nei confronti dei magistrati ritenuti responsabili di gravi reati nell’esercizio delle funzioni. Va doverosamente ricordato quanto sarebbe preferibile prevenire ogni forma di malcostume interno, attraverso un più attento esercizio dei compiti di vigilanza, evitando grave discredito che potrebbe ricadere sull’Ordine giudiziario e far dubitare dell’integrale assolvimento dei doveri d’istituto. Il Presidente Lattanzi ha ricordato la giovane età della Scuola, con i suoi undici anni di vita, ma essa si è innestata e si basa sul patrimonio di storia e di esperienza della Magistratura italiana. Si tratta di un’attività imprescindibile per assicurare l’effettività della giurisdizione, che non può mai fare a meno di elevata professionalità e di radicato senso etico della funzione a cui ciascun magistrato è chiamato. Rivolgo un ringraziamento sentito al Presidente Lattanzi che, con la sua autorevolezza e il suo impegno, ha guidato il Comitato direttivo, ottenendo importanti risultati nel corso del quadriennio, anche durante l’emergenza della pandemia, arricchendo la trasmissione del sapere di nuove e innovative modalità operative. Con la certezza che i risultati già conseguiti saranno ulteriormente sviluppati, auguro buon lavoro al Comitato Direttivo, al personale della Scuola e, soprattutto, ai partecipanti ai corsi. (FONTE: sito istituzionale)