di Raniero Della Valle Cari amici, dal vertice di Roma del novembre 1991 quando la NATO decise di volgersi ad opere di pace a quello di Washington dell’aprile 1999 in piena guerra jugoslava, e a quelli successivi, ogni riunione apicale della NATO ha segnato un cambiamento di fase. Ma il vertice di Vilnius dell’11 luglio ha segnato un cambiamento d’epoca.
E che questo non sia solo programmato, ma già stabilito, e consista nell’istituzione di un sovrano universale, lo veniamo a sapere dal comunicato stampa diramato a conclusione del vertice. I comunicati stampa danno notizia non di cose che verranno ma di cose già avvenute, e di queste, a Vilnius, ben oltre la pura e semplice informazione sull’evento, ne sono state registrate molte: si tratta infatti di un “comunicato” che in inglese consta di 33 pagine e 13.289 parole. Nessuno lo conosce perché, al di là delle decisioni sull’Ucraina, non è stato pubblicato sui giornali, perciò ve lo riferiamo qui. Il comunicato sostanzialmente è, con i dovuti adattamenti, la ricezione e la condivisione da parte di tutti gli Stati membri della NATO (ci siamo anche noi) delle due dichiarazioni di intenti americane sul mondo prossimo venturo, emanate dalla Casa Bianca e dal Pentagono nell’ottobre scorso, la “Strategia della sicurezza nazionale” e la “Strategia della difesa nazionale” degli Stati Uniti. E il cambiamento d’epoca consiste in questo, che si chiude il lungo periodo storico in cui la guerra, secondo il detto di Eraclito (VI sec. a. C.), è stata sovrana del mondo, “re e padre di tutte le cose”, e se ne apre un altro in cui la guerra istituisce come suo vicario un sovrano universale che mediante la guerra governa il mondo come se il suo fosse l’unico mondo, conformato a un sistema di guerra e fatto a sua immagine. Questo sovrano, ed è questa la novità di Vilnius, non sono gli Stati Uniti, come una facile polemica sosteneva fin qui, ma è, con gli Stati Uniti, “l’impareggiabile rete di alleanze e partner dell’America”, come viene chiamata, altrimenti detta “area euro-atlantica” o “Occidente allargato”. Questa area è formata anzitutto dai 33 Stati membri dell’Alleanza riunitisi a Vilnius, che con la Finlandia e ben presto la Svezia si attestano ormai molti “centimetri quadrati” più a Est dei territori originari, e non si arresta ai confini della Russia, ma abbraccia la Georgia, la Repubblica di Moldova, la Bosnia Erzegovina, Israele e si proietta nell’altro emisfero, attraendo nella sua orbita l’altro mare, l’Indo-Pacifico, fino all’Australia, alla Nuova Zelanda, al Giappone, alla Corea del Sud, i cui capi erano pure convocati e presenti a Vilnius e altri che verranno in futuro. Gli Stati che formano il corpo di questo sovrano non hanno in comune né lingua, né costumi, né religioni, né ordinamenti; la sola cosa che li unisce è il vincolo militare, e il sistema di cui si fanno eredi e che rendono perpetuo è un sistema di dominio e di guerra. Tale sistema, che deve sussistere anche in “tempo di pace”, ha bisogno comunque che una guerra ci sia, che la guerra se ne faccia “costituente”. Il vertice di Vilnius riconosce questa funzione alla guerra d’Ucraina, per la quale viene attivato un meccanismo tale per cui essa non deve finire mai, e comunque non col negoziato, secondo il dettato di Kiev; ed il meccanismo è questo: l’Ucraina è pienamente integrata nella NATO, già è realizzata l’”interoperabilità” tra le sue Forze Armate e quelle della NATO, e questa la riempie di armi, fino alle bombe a grappolo e ai missili a lunga gittata o ad uranio impoverito, però essa non deve essere oggi nella NATO, perché questo vorrebbe dire la guerra tra l’America e almeno gli Stati europei dell’Alleanza contro la Russia, cosa che nessuno vuol fare, per non costringere Putin a usare l’atomica; si assicura però che l’ingresso anche formale dell’Ucraina nell’Alleanza avverrà appena la guerra sia finita e la democrazia del Paese comprovata, ed è per questo che la guerra non deve finire. È una finzione, di quelle così care al potere e alla ragion di Stato, ma anche la Russia deve stare al gioco. La guerra d’Ucraina ha dunque una feroce veste militare e una funzione politica, serve ai fini di una persuasione di massa di un’opinione pubblica renitente, perciò ha una così straordinaria copertura mediatica, come l’hanno avuta solo la prima guerra del Golfo e quella del Vietnam, e in casa nostra la lunga agonia di Moro, per convincere tutti che la guerra si deve fare, col nemico non si tratta, che c’è sempre una vittima ma è per il bene di tutti, e questa è la cosa buona e giusta da fare; e la sovranità così innalzata sul trono è piena di valori, dei “nostri valori”, in continuità con la dismessa, vecchia “cristianità”. Secondo il “comunicato stampa” tutto ciò è già storia in atto, non una nuova storia da imporre. Ma è così? Il nostro governo lo sa? Il Parlamento lo ha deliberato? Il Presidente della Repubblica lo ha promulgato? In realtà quanto a legittimazione democratica siamo ancora solo alla firma e alla ratifica parlamentare del Patto atlantico del 1949. Non è vero che di tutto ciò ci sia solo da prendere atto. C’è un altro rovesciamento da fare, dobbiamo deporre ogni preteso sovrano universale dal trono e fare sovrana la pace. È lei la madre e “il” re di tutte le cose. È lei che deve farsi soggetto costituente, che deve essere fatta sistema. Alla politica, interna e internazionale, il compito di provvedervi. Nel sito pubblichiamo il comunicato del vertice di Vilnius “Il nuovo sovrano universale” e un articolo molto allarmante sulla sorte dei migranti colpiti dagli accordi con la Tunisia patrocinati dall’Italia e dall’Europa.