LU TIANU E LI SFINCI DI SAN GIUSEPPI A CASTELVETRANO

-Si tratta di un piatto di tradizione castelvetranese, almeno per gli ingredienti usati. In tutte le famiglie, in occasione di questa eccezionale ricorrenza è rimasta la consuetudine di mangiare “lu tianu di San Giuseppi”.

Il condimento è preparato con tutte le numerose e abbondanti verdure di stagione, cucinate in tutte le maniere, con l’aggiunta di uva passa, pinoli, sarde fresche. In un tegame si dispone la pasta, il condimento e abbondante salsa di pomodoro; sopra si dispone un altro strato di pasta, quindi mollica e mandorle “atturratati” (abbrustoliti) e il tutto va a finire nel forno per la cottura finale. Una volta questa pietanza si sistemava in un tegame di terracotta, si metteva sulla “furnacella” o sulla “tannura” con il carbone acceso e dell’altro carbone acceso si sistemava su un apposito coperchio, sempre di terracotta (focu sutta e focu supra); oppure si infornava nel forno a legna, immancabile in quasi tutte le case. -In occasione della ricorrenza di San Giuseppe, considerata in tutta l'Isola la prima festività della nuova stagione primaverile, oltre che la festa del papà, nelle famiglie continua la consuetudine di mangiare “li sfinci di San Giuseppi”. Molti li preparano in casa, altri li comprano. Bisogna, però, dire che ormai si può trovare e consumare in tutti i giorni dell'anno. Il nome sfincia deriva dal latino spongia, "spugna", ma può derivare dall’arabo. isfanc "spugna". Questi nomi hanno origine dalla particolare forma di questo dolce, che si presenta come una frittella morbida e dalla forma irregolare, proprio come una vera e propria spugna. L'origine di questo dolce è antichissima, tanto che compare, anche se con nomi diversi, nella Bibbia e nel Corano. Inoltre, pare che sia l'evoluzione di pani o dolci Arabi o Persiani fritti nell'olio, ma col tempo questa gustosa e semplice frittella è stata trasformata in un dolce prelibato dall'abilità delle suore del monastero delle Stimmate, situato a Palermo, che l'hanno tramandato ai pasticcieri palermitani e l'hanno dedicato al Santo degli umili, come umili del resto sono anche gli ingredienti. All'inizio la ricetta era piuttosto semplice ma, con il tempo, i pasticceri palermitani hanno reso questo dolce ancora più gustoso arricchendolo con alcuni ingredienti tipicamente siciliani: crema di ricotta, grani di pistacchio e canditi di scorza d'arancia. Secondo una vecchia tradizione, la sfincia veniva preparata dalla suocera per la nuora per cercare di "addolcire" i rapporti tra le due, tipicamente parecchio difficili e ostili a causa della gelosia delle due donne nei confronti, rispettivamente, del figlio e del marito. VITO MARINO

LU TAGANU D’ARAGONA (foto sopra)

(SA) - Completamente diverso “lu taganu d’Aragona” paese legato alla cultura mineraria, dove si trovano anche le famose “maccalube”, vulcanelli di fango che in fase di eruzione, espellono fango formando piccole alture in superfice. Intanto, mentre il “taganu” di Castelvitrano è legato alla tradizione di San Giuseppe, quello di Aragona è invece legato alla tradizione di Pasqua, che qui vuole che le massaie preparino il piatto tipico, con un gran numero ingredienti utilizzati in abbondanza. Anche questo piatto, secondo la tradizione, si prepara come già detto, in occasione della ricorrenza di pasqua. Prepararlo è abbastanza laborioso e necessita esperienze ed amore per la cucina tradizionale. Gli ingredienti di base oltre all’immancabile “taganu” o “tianu”, sono: mezzemaniche o rigatoni, 1 piccola cipolla, olio extravergine d’oliva, carne trita d’origine mista - vitello e maiale -, vino bianco, Brodo di pollo, Sale e pepe q.b., Un pizzico di cannella,  uova, caciocavallo grattugiato,  burro, parmigiano grattugiato, pangrattato molto fine, grammi di tuma. Il tutto dosato a seconda l’ampiezza del “taganu” o il numero di commensali. In ogni caso, è possibile avvalersi dell’aiuto di ricette esistenti che danno il dosaggio delle materie prime occorrenti. Laborioso invece si presenta la preparazione di questo particolare piatto.

Per dare un’idea precisa, riportiamo qui appresso le sequenze della preparazione del piatto secondo la ricetta di Enrica Bartolotta:

1. Trita finemente la cipolla e falla soffriggere in olio d’oliva.

2. Aggiungi il trito di carne e fallo rosolare ben bene; infine sfuma con il vino e ricopri con brodo caldo.

3. Aggiungi sale e pepe a piacere e un pizzico di cannella per insaporire.

4. Copri il tutto con un coperchio e fallo cuocere a fuoco lento fino a quando il sugo non si sarà asciugato.

5. Metti su l’acqua della pasta.

6. Ora sbatti le uova insieme al caciocavallo, aggiungi sale e pepe, mezzo mestolo di brodo e tieni da parte.

7. Quando l’acqua bolle, butta la pasta, ma tirala fuori al dente (o anche un po’ cruda, se non la preferisci troppo cotta poi), perché dovrà ancora cuocere.

8. Aggiungi burro, Parmigiano e metà delle uova con caciocavallo. Amalgama bene il tutto.

9. Imburra il fondo e le pareti di un tegame di terracotta e poi foderali con del pangrattato.

10. Versa nel tegame una parte di pasta, e ricopri questo primo strato con un impasto di fette di tuma tagliate sottili e uova sbattute.

11. Forma un altro strato con il trito di carne e altre uova sbattute.

12. Continua così creando strati, fino all’esaurimento degli ingredienti ma l’ultimo strato dovrà essere composto da tuma.

13. Completa il tutto versando le uova sbattute che rimangono, così da coprire per bene bordi e spazi vuoti tra tegame e pasta.

14. Preriscalda il forno a 200° e metti a cuocere ‘u taganu così formato fino a quando l’uovo non si sarà abbrustolito, e avrà formato una gustosissima crosticina dorata; assicurati che l’impasto risulti compatto e asciutto; per essere sicura, puoi sempre infilare uno stuzzicadenti al centro e vedere se ne esce pulito.

15. Metti la pietanza a riposo su una gratella per almeno cinque minuti.

Dopodiché capovolgila su di un piatto da portata, e voilà, ‘u taganu è pronto!

Le quyantità degli incredienti, chiaramente dipendono dal numero di commensali(Salvatore Augello)