Con questo pezzo della tradizione siciliana, Vito Marino sospende per la pausa estiva questi importanti pezzi che ci ha regalato sulla cultura e sulle tradizioni della nostra terra. Come ci ha fatto capire questo nostro prezioso collaboratore,

la Sicilia è ricca di tradizioni ma anche di antichi8tà che richiamano la cultura e gli usi del tempo passato. Oggi ci presenta due chicche importanti: una che ci porta all’antica arte di fare il vino utilizzando tutte le parti dell’uva. Nel caso specifico, il “culaturi” consentiva di recuperare il vino che restava nella così detta “fezza”. L’altra chicca, ci riporta ad uno mestiere antico ormai quasi scomparso o comunque abbondantemente modernizzato, tanto da sembrare un’altra cosa. Stiamo parlando del “ruluggiaru”, una figura che spesso compariva anche sulle piazze dei nostri comuni per riparare orologi e sveglie che la gente non poteva permettersi di buttare. Con questi due pezzi Vito augura buone vacanze ai nostri elettori e noi auguriamo a lui di godersi le vacanze estive, mentre noi restiamo in attesa di vedere i nuovi pezzi dopo il mese di agosto. (Salvatore Augello)

Questi i pezzi di Vito Marino:

LU CULATURI “Culaturi” deriva dal verbo “culari” = filtrare; era un contenitore di legno di castagno a forma tronco-conico nel quale si introduceva un sacco di olona (un tessuto speciale) contenente la “fezza” cioè i residui solidi della fermentazione del vino. Siccome il sacco riempito di fezza per il suo volume non poteva più uscire dalla bocca stretta del “culaturi”, il sacco si legava ad una trave e continuava a gocciolare per alcuni giorni dentro il culaturi, che, come conseguenza era rimasto attaccato al culaturi. Quindi, il sacco si svuotava della fezza e il vino filtrato si utilizzava.

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LU RULUGIARU Riparava gli orologi meccanici una volta funzionanti con la “corda”. Per svolgere questo lavoro occorreva molta perizia nel sincronizzare i vari piccolissimi meccanismi a ruote dentate. Fra i pochi orologiai esistenti a Castelvetrano molto noto era il sig. Modica, perché ha svolto questo mestiere sempre nello stesso posto a fianco della statua della Ninfa, ad iniziare dagli anni ’40 e per più di mezzo secolo. Figlio di un altro prestigioso orologiaio era ammirato per la sua perizia ed onestà nel lavoro. Egli accudiva e riparava anche i grossi orologi campanari delle chiese di Castelvetrano. Voglio raccontare un aneddoto sulla sua persona che è successo davanti a me: Mi trovavo nella sua bottega, mentre un altro cliente, soltanto a titolo di cronaca, raccontava al sig. Modica che moltissimi anni prima aveva lasciato per riparazione al padre, un orologio, che poi non aveva più ritirato. L’orologiaio allora ha preso una scatola e chiedendo il nome al cliente ha rintracciato l’orologio in discussione, lo ha controllato e, visto che funzionava l’ha restituito al cliente. Il cliente, rimasto meravigliato voleva pagare e il sig. Modica ha risposto: “a me non deve niente, se vuole, può pagarlo a mio padre” (che era morto già da tempo). VITO MARINO