(Rodolfo Ricci) Il Ministero degli esteri si è ben guardato da operare tagli sugli enormi sprechi che caratterizzano, ed esempio, la nostra rete consolare, i mirabolanti assegni di sede per ambasciatori (oltre 20.000 Euro al mese) o i consoli generali (oltre 12.000 Euro/mese), fino a quelli per gli autisti dei consolati che si aggirano oltre i 7.000 euro al mese.
 È risultato molto più ovvio e semplice il taglio a quei capitoli che agli Esteri contano di meno: gli italiani all'estero, sulla cui pelle però si sono costruite carriere di Ministri plenipotenziari, Ambasciatori, Consiglieri d'Ambasciata, Consoli Generali, ecc. Salvaguardata la sopravvivenza della casta del Ministero, è stato facile tagliare i 50 milioni di euro alle lontane collettività ." Il sen. Claudio Micheloni, intervenendo al Convegno della Cne su "Associazioni protagoniste all'estero", ha chiarito, in modo purtroppo inequivocabile, lo stato dell'arte rispetto ai tagli alle politiche per gli italiani all'estero. Gli emendamenti presentati sia da parlamentari dell'opposizione che della maggioranza così al Senato, come già alla Camera, non hanno sortito il minimo effetto. La assoluta noncuranza con cui sono stati evitati alla di-scussione e non ammessi al voto fa il paio con il generale disprezzo per ogni pur minimo tentativo di modifica in positivo delle misure draconiane che mirano solo ai tagli, indiscriminati quanto inopportuni, viste le prospettive di crisi economica a lungo termine, che riguardano le misure sociali per gli italiani in Italia. Claudio Micheloni, ha ripetuto ciò che aveva già provocatoriamente espresso in altre occasioni e cioè che in una situazione in cui il Parlamento non è messo in grado di e-spletare la sua precipua funzione di discussione e di decisione democratica sulle misure legislative da definire per il Paese, potrebbe tranquillamente essere abolito, come un ente inutile. Queste considerazioni, che possono essere colte in numerose esternazioni di parlamentari e senatori, danno un quadro di come siamo messi. Per quanto riguarda gli italiani all'estero, vale la pena approfondire come i tagli previsti, che superano il 60% dello stanziamento dello scorso anno, siano determinati dalla riduzione indiscriminata su alcuni (pochi) capitoli di spesa del ministero degli Affari esteri, che, da solo, gestisce oltre il 90% degli stanziamenti a favore delle nostre collettività che non siano spese pensionistiche. Micheloni, giustamente ha chiesto in una mozione al Senato, se e in che misura esso (il Senato), come fondamentale istituzione della Repubblica, è interessato a mantenere un rapporto con le comunità all'estero, riepilogando una lunga serie di vantaggi economici di cui l'Italia ha disposto e dispone grazie alle rimesse a vario titolo che gli emigrati conferi-scono alla madrepatria, oltre alla oggettiva e unanimemente riconosciuta funzione di grande volano storico di esportazione delle produzioni nazionali che esse hanno assolto per oltre un secolo e continuano ad assolvere. Non sappiamo come si esprimerà il Senato rispetto a questa mozione. Non sappiamo quali saranno gli esiti rispetto ad una eventuale risposta positiva alla mozione. Sappiamo invece un'altra cosa: come la madrepatria ha già trattato gli interessi delle comunità emigrate in questo frangente di 2008. In particolare è interessante sapere e far sapere come sia avvenuto il grande taglio alle già misere e ridicole risorse destinate all'emigrazione: il Ministro dell'economia Tremonti ha costruito una scaletta dettagliata a cui i diversi Ministeri dovevano attenersi riguardo al massimale di spesa loro conferito per il 2009. Ognuno doveva provvedere decidendo quali capitoli di spesa dovevano essere tagliati. La ministra Gelmini è il caso più eclatante di come si sono dovuti eseguire gli ordini, vendendo per riforme la riduzione sostanziale e tragica della scuola pubblica e dell'Università . Per gli italiani all'estero è accaduto qualcosa di simile, senza poter pubblicizzare neacnhe lontanamente i tagli come riforma, tanto sono grossolani e percentualmente insostenibili. La cosa più interessante, però è un'altra: il ministero degli Esteri si è ben guardato da operare tagli sulle discutibili spese (sprechi) che caratterizzano, ed esempio, la nostra rete consolare, i mirabolanti assegni di sede per ambasciatori (oltre 20.000 Euro al mese) o i consoli generali (oltre 12.000 Euro/mese), fino a quelli per gli autisti dei consolati che si aggirano oltre i 7.000 euro al mese. È risultato molto più ovvio e semplice il ta-glio a quei capitoli che agli Esteri contano di meno: gli italiani all'estero, appunto, sulla cui pelle però si sono costruite carriere di Ministri plenipotenziari, Ambasciatori, Consiglieri d'Ambasciata, Consoli Generali, ecc. Salvaguardata la sopravvivenza della casta del Ministero, è stato gioco forza tagliare i 50 milioni di euro alle lontane collettività che interessano solo per fattori strumentali di visibilità o di giustificazione di carriere e escursioni varie che si susseguono comunque nei decenni. Anche per questo, è ora di dire che il ministero degli Esteri non ha più alcun titolo per pontificare sui 4 o 5 milioni di italiani nel mondo. (L'altro, più importante, è che non ne ha più le competenze necessarie e sufficienti). Bisogna rivendicare un cambiamento completo dell'assetto istituzionale rispetto a questo ambito di interessi nazionali, internazionali ed interculturali che costituisce un potenziale molto importante nella gestione del futuro multipolare in cui stiamo entrando dopo la grande crisi economica. E allo stesso tempo rifiutare la pelosa solidarietà che nasce dalle schiere della casta diplomatica perchè è falsa e perchè ha contrattato la propria salvaguardia a spese di milioni di italiani emigrati. Tra Mae, Mantica, Frattini, Tremonti e Berlusconi (e si potrebbero aggiungere anche altri soggetti di maggioranza e minoranza) c'è stato una oggettiva convergenza ed accordo. A spese degli italiani nel mondo. La Conferenza dei Giovani Italiani è al proposito istruttiva: fatta all'insegna del clientelismo e della pacificazione con le lobby di secondo grado del mondo dell'emigrazione, si concluderà come la solita passerella nella quale nessuno dirà che non c'è una lira (un'euro) da investire per i giovani all'estero, come accade da tempo per i ricercatori in Italia che all'estero vanno per sopravvivere.