Roma - Si ridiscute lipotesi di una riapertura definitiva dei termini per il riacquisto della cittadinanza da parte dei nostri connazionali allestero non riconosciuti dallo Stato come italiani Una nuova speranza per gli italiani all'estero che non sono più in possesso della cittadinanza potrebbe arrivare dalla proposta di legge firmata da ad ampio consenso dagli eletti nella circoscrizione estero in parlamento e discussa questa mattina in Commissione Affari Costituzionali della Camera.
Marco Fedi eletto nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide, primo firmatario della proposta che già nella precedente legislatura era stata posta all'attenzione del parlamento è convito che sia prioritario il riacquisto della cittadinanza italiana, regolata dalla legge 91 del 1992. Secondo Fedi, "Gli obiettivi di piena integrazione e partecipazione, che hanno consentito alle nostre comunità di assumere posizioni di rilievo a livello professionale, economico, politico e istituzionale nelle Società di accoglimento, hanno comportato, negli anni precedenti all'entrata in vigore della legge 5 febbraio 1992, n. 91, l'acquisizione per naturalizzazione della cittadinanza del Paese di residenza. Una scelta condizionata dalla necessità di vedere riconosciuti e salvaguardati i diritti civili come l'acquisto della propria abitazione o l'assunzione di un incarico politico oppure di un impiego pubblico". Molti paesi però hanno introdotto norme relative alla doppia cittadinanza successivamente al 31 dicembre 1997 anno in cui terminava il periodo transitorio di richiesta della cittadinanza italiana. "Oggi torniamo a riproporre questa norma - ha detto Fedi- affinché si possa ridare questa opportunità senza limitazioni. In Australia ad esempio La questione si pone con urgenza anche per coloro i quali, nel periodo di vigenza del termine anche volendolo, non erano nelle condizioni di chiederla, pena la perdita della cittadinanza dello Stato di residenza". La riapertura dei termini, secondo Fedi, "risolverebbe anche il problema posto dai minorenni, ex cittadini italiani, che hanno perso la cittadinanza italiana senza mai esprimere una precisa volontà a causa della naturalizzazione del padre". Per i firmatari della legge è evidente come esista "ancora oggi nell'ordinamento italiano una anacronistica disparità di trattamento tra cittadini, in contrasto palese con i dettami costituzionali che garantiscono pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla legge senza distinzione di sesso (articolo 3 della Costituzione). Tale discriminazione giuridica si riscontra, in particolare, nei confronti di quelle donne che, emigrate all'estero nel secolo scorso, sono state private della cittadinanza per se stesse e per i propri figli". Secondo Ricardo Antonio Merlo del Movimento Associativo Italiani All'estero ripartizione America Meridonale "è necessario abolire la norma che non riconosce la cittadinanza italiana ai figli di madre italiana nati prima del 1948, la più grande forma di discriminazione presente oggi in America latina". "Una piaga - spiega Fedi - che ha letteralmente ingolfato i consolati di tutto il mondo dove questi cittadini italiani non riconosciuti sono costretti ad aspettare anni prima di potervi accedere e per il quale il riconoscimento dello status riaprire i termini per il riacquisto della cittadinanza è condizione morale e etica"..