ROMA - Dare un “segnale di attenzione alla mobilità del lavoro in un mondo sempre più globalizzato”. Così il Presidente dell’Inps, Tito Boeri, nel presentare a Roma WorldWideInps, primo rapporto sulle pensioni pagate all’estero dal nostro istituto di previdenza. Con lui Giuseppe Conte,
direttore centrale Convezioni Internazionali e Comunitarie, che ha avuto il compito di presentare i dati nel dettaglio.
La pubblicazione - corposa e dettagliata – è stata stilata anche per diffondere dati importanti e utili non solo “per studiare un fenomeno complesso, quale è quello migratorio”, ha detto Boeri, ma anche per indirizzare “le politiche economiche” del nostro Paese.
Tre i punti su cui si è soffermato il Presidente dell’Inps: il social free riding (immigrati che versano contributi ma non raggiungono i requisiti per incassare la pensione); la migrazione all’estero di pensionati (37mila in 10 anni); e la portabilità extra ue delle maggiorazioni sociali e integrazione al minimo, secondo Boeri da eliminare.
Ma andiamo con ordine.
Il cosiddetto “social free riding” si riferisce agli immigrati che versano i contributi in Italia e poi rientrano nel paese d’origine senza farsi, o non potersi far liquidare la pensione perché, ad esempio, non hanno raggiunto i requisiti contributivi.
Quanti sono? 198.430 persone (ultra 66enni), che hanno “lasciato” all’Italia 3 miliardi di euro. Un “fenomeno in crescita”, ha spiegato Boeri “nonostante la normativa entrata in vigore nel 1996 sia più liberale. A questi si aggiungono quanti – nati dal 1949 al 1961 – non sono ancora arrivati a maturare i requisiti di vecchiaia: si tratta di 4,2 milioni di posizioni contributive soggette ai contributi minimi che, capitalizzate, valgono oltre 56 miliardi. “Se il 21% non prende pensioni, già oggi abbiamo 12 miliardi di montante contributivo che non darà luogo a prestazioni pensionistiche”. Infine, il dato sugli immigrati che versano contributi per 7/8 miliardi l’anno: “il 5% di questi contributi non dà luogo a prestazioni – ha spiegato ancora Boeri – così che si ha un flusso di free riding annuale di circa 375 milioni di euro”.
Cifre “importanti” che, propone Boeri, potrebbero “alimentare un fondo per investire su politiche di integrazione degli immigrati”.
Sotto la lente d’ingrandimento dell’Inps anche la “fuga dei pensionati”, 37mila dal 2003 al 2014: si tratta di persone che, raggiunta l’età pensionabile, vanno via dall’Italia. Si tratta di italiani che cercano paesi con un sistema sociale dignitoso e con una politica fiscale migliore di quella italiana. Quindi “persone che si fanno liquidare la pensione lorda all’estero e non consumano in Italia”, ha evidenziato Boeri, sottolineando poi che tale fenomeno “non è compensato da flussi in ingresso di pensionati Inps che rientrano”, 24.857 persone sempre dal 2003 al 2014, e nonostante l’Italia sia un paese “appetibile” per clima e qualità della vita. Per Boeri “si potrebbe investire in servizi per anziani” anche in parti del Paese che si subiscono più di altre il decremento demografico, “così da ridurre la fuga dei pensionati e attrarre quelli dall’estero”.
Infine, il punto che desterà qualche preoccupazione agli anziani connazionali. Anche se si tratta solo di “riflessioni” e quindi non c’è nulla di deciso, Boeri ha sostenuto che non è più tempo di “pagare l’assistenza sociale altrove” quando l’Inps “non lo fa in Italia, per mancanza di risorse”.
“Siamo forse l’unico Paese che non ha un’assistenza sociale al suo interno e che al tempo stesso riconosce la portabilità al di fuori dell’Ue della parte non contributiva delle pensioni”, cioè l’Inps “paga maggiorazioni sociali e integrazioni al minimo a persone che vivono e pagano le tasse altrove, riducendo il costo dell’assistenza sociale in quei Paesi”.
Ciò accade, ha proseguito, non solo in Paesi come Argentina e Brasile, ma soprattutto in Canada, Australia e Usa cioè “Paesi che comunque garantirebbero un reddito minimo” ai loro cittadini. Per Boeri “è difficile capire la ratio di questa norma, se non in termini politico-elettorale. Penso alla legge sul voto all’estero”, ha aggiunto, prima si portare all’attenzione il dato argentino, Paese in cui “quasi il 50% delle pensioni erogate sono di natura assistenziale”.
Su queste pensioni – il cui totale è di 206,8 milioni di euro pagate soprattutto in Argentina (47%), Australia (27,2%), usa (19,9%), Canada (15,6%) e Brasile (12,3%) – “per l’Inps è anche più difficile fare i controlli, perché attengono a dati sulla situazione economica del connazionali, tipo l’Isee italiano, su cui abbiamo informazioni molto limitate”. Dunque, dovremmo “smettere di pagare prestazioni non contributive all’estero”.
La parola è poi passata a Giuseppe Conte, a cui è stato affidato il compito di presentare cifre e percentuali delle pensioni pagate dall’Inps in 154 Paesi all’estero (oggi sono diventati 155 con lo Yemen).
Ricordati i compiti della Direzione che guida, la complessità di confrontarsi con sistemi e convenzioni internazionali diverse, ricordato che il grosso delle pensioni va nei Paesi di storica migrazione italiana, Conte è passato ai freddi numeri: 784926 pensioni in totalizzazione (riguarda lavoratori che hanno versato contributi in più Paesi e che raggiungono i requisiti sommando le due quote; ciascun Paese paga la sua parte) il cui importo medio è 371 euro; ogni anno l’Inps paga 383.627 pensioni, per un importo (nel 2014) di 1.066.804.857 euro. A riscuotere la pensione sono soprattutto donne (“importante” il dato sulle pensioni di reversibilità: le donne sopravvivono agli uomini) anche se i contributi (cioè i lavoratori) sono (erano) soprattutto uomini.
Il 61% delle pensioni sono di vecchiaia, il 25% di reversibilità, il 4% di invalidità.
A sorpresa, nella classifica dei Paesi con più pensionati non c’è nessuno del Sud America. Al primo posto il Canada (61602), seguito da Australia (50212), Francia (47694), Germania (44024) e Usa (40739).
I dati per continente vedono al primo posto l’Europa, dove l’Inps paga il 47% del totale delle pensioni, seguito da America del Nord, Ocenaia e poi Centro e Sud America (12%).
L’incidenza delle maggiorazioni sociali emerge dal confronto sul “quanto” si paga: in Sud America l’Inps eroga il 12% delle pensioni, ma per un importo del 20% sul totale.
In Nord America avviene il contrario: al 27% dei pensionati l’Inps eroga il 18% dell’importo complessivo.
Negli ultimi cinque anni i pensionati all’estero sono diminuiti (tranne che in Germania dove l’Inps ha registrato un +2%): si è passati dai 433.170 pensionati del 2011 ai 383.627 del 2014, cioè – 11,44%, ha spiegato Conte, per diversi motivi: “gli effetti della “riforma Fornero” che ha inasprito i requisiti per l’accesso alla pensione; più controllo da parte dell’Inps sull’esistenza in vita, campagne incisive e pervasive, secondo i pensionati anche troppo, che hanno portato dal 2012 al 2014 a sospendere oltre 24mila posizioni”.
La riduzione però non è omogenea: in Europa, ad esempio, dopo i cali degli ani passati, nel 2014 i pensionati sono tornati a salire. Diversa, a seconda dei continenti, anche l’età dei pensionati: quelli da 60 a 64 anni sono concentrati in Europa; in Sud America l’eta media del pensionato è 85 anni.
Quanto al pagamento della pensione “la modalità è la stessa rispetto all’Italia: pagamenti al primo del mese, in euro, eccetto i casi in cui la politica valutaria del paese estero stabilisce diversamente. L’Inps paga le pensioni all’estero senza costi per il pensionato: cioè i servizi di gestione rimangono a nostro carico”.
A crescere – anche l’incidenza sul totale è poca – i pensionati in Asia e Africa: si tratta di stranieri che hanno lavorato in Italia e tornano nel paese d’origine. Idem per gli stati dell’est Europa non ancora nell’Ue.
Quanto agli italiani che hanno lavorato una vita in Italia e decidono di vivere la vecchiaia altrove negli ultimi cinque anni sono stati 16.420, 5345 solo nel 2014. Il 71% si è trsferito in Europa, il 10% in Nord America, e il 6% in Sud America. Le percentuali di incremento maggiore sono state registrate in Oceania (+257%), Africa (+164%) e America centrale (+114%). Pochissimi, ha puntualizzato Conte, quelli che scelgono “mete esotiche”. In questo dato – così come emerge dalla percentuale in Africa – rientrano sia gli italiani che vanno in paesi con “un sufficiente livello di assistenza sociale ed esenzioni fiscali” che gli stranieri che tornano nel loro paese d’origine.
Ai pensionati delle gestioni private e pubbliche emigrati dal 2010 al 2014 l’Inps ha erogato 300.650.009 milioni di euro. (manuela cipollone\aise)